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 Debolezza Femminile

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Debolezza Femminile(Il matrimonio)
Debolezza Femminile Presen10
di Roberto Bracco
(I Pietro 3:7)
La donna, dichiara la Bibbia, rappresenta il vaso debo1e e deve essere quindi considerata in vista di questa evidente realtà. Molti uomini invece approfittano della debolezza della moglie per, spadroneggiare incontrastatamente sopra di essa e la signoreggiano egoisticamente in ogni manifestazione della vita coniugale. Il cristianesimo insegna, anzi impone la discrezione: il marito, come è chiamato a concedersi, fino ai limiti della sobrietà cristiana, ai bisogni della moglie, così è chiamato a godere dei benefici sessuali della sua compagna non oltre quei limiti.

Forse è più frequente, come già detto, incontrare il coniuge maschile traboccante di calore sessuale che non quello femminile, nonostante che il marito debba spendere nell’amplesso una riserva dì energie fisiche notevolmente superiore a quello della moglie, lo troviamo quasi sempre desideroso di soddisfare le sue esigenze sessuali e di appagare i suoi stimoli erotici.

Questi uomini generalmente non conoscono riserve e discrezione e pretendono che la loro compagna si conceda ai loro piaceri senza limiti e senza misura.

Non posso assolutamente autorizzare una donna ad opporsi a questa pretesa che rientra nell’autorità di un marito; sono però obbligato a ricordare all’uomo che egli ha il preciso dovere di esercitare sobrietà e discrezione a beneficio della propria compagna.

L’incontinenza spinta fino al vizio avvilisce la donna ma, soprattutto, la rende ostile verso l’amplesso. Ella continua a concedersi, perché come moglie cristiana non può e non deve fare diversamente, ma lo fa con un senso di disgusto e di ripugnanza.

Quell’amplesso quindi, che dovrebbe rappresentare il coronamento di un affetto traboccante, si traduce in un sudicio atto sessuale, necessario a soddisfare la frenesia passionale dell’uomo.

Inoltre, non dimentichiamoci, la donna affronta per intero le probabili conseguenze del coito e quando questo si compie senza il suo affettuoso e caldo assenso, ella oltre al disgusto, prova il terrore della eventuale conseguenza, cioè il terrore del concepimento.

Molte donne vivono una vita di nausea e di terrore femminile, perché dopo aver avuto ripetute gravidanze devono continuare a darsi, non più per il calore dell’amore, ma per la sottomissione che le obbliga ad un marito esageratamente incontinente. Non è raro il caso di giovani spose che dopo aver attraversato varie gestazioni penose, dopo aver avuto diversi parti dolorosi, si trovano con tre o quattro piccolissimi bambini fra le braccia che tolgono loro ogni riposo ed ogni tregua. Molte volte queste eroiche madri, dopo aver sfibrato il loro fisico nei lavori della giornata, dopo aver vegliato per una parte della notte sulle culle dei loro piccoli, sanno che nel letto non le attende il sospirato riposo, ma un marito egoisticamente esigente che continua a reclamare ogni giorno, e in ogni ora l’offerta di un corpo che non può neanche fremere, l’offerta di una sposa che non può contraccambiare a causa dell’avvilimento fisico generato dalla stanchezza.

«Discretamente». L’uomo deve desiderare e deve essere desiderato. L’amplesso si deve compiere sempre nella fusione di due cuori ardenti di affetto e di passione ed il marito, soprattutto, deve saper conoscere la misura che preservi questa regola da eventuali squilibri.

Egli deve essere capace di scuotere la frigidità della sua compagna ma senza provocare giustificate reazioni. Egli deve saper rivendicare i suoi diritti ma senza calpestare la debolezza, il pudore, la castità della sua sposa.

Una moglie fredda deve essere riscaldata con l’affetto, con l’insegnamento e, perché no con l’autorità, ma questo non significa che ella possa diventare un fuoco permanente… Il vaso debole deve essere compatito, considerato e non si può richiedere che abbia una virilità esuberante che è sola dell’uomo.

In conclusione, l’uomo non deve pretendere e desiderare un corpo freddo che si conceda suo mal grado e forse con senso di repulsa, ma deve volere una sposa affettuosa, sollecita e bramosa di stringere con lui il nodo coniugale dell’amplesso.

Anche da questo punto di vista il matrimonio è educazione. Il marito deve saper educare i propri sensi fino al punto di manifestare il più profondo rispetto e la più illuminata considerazione per il vaso femminile che è quello debole.

La discrezione naturalmente deve essere applicata oltre che alla quantità anche alla qualità dei rapporti sessuali. E’ l’uomo che ha il compito di lacerare dolcemente i soavi veli del pudore femminile. Questo rappresenta un compito tanto nobile quanto delicato ed un marito deve conoscere anticipatamente la sua missione nobile per poterla compiere con discrezione.

L’uomo riceve l’offerta soave del pudore sacrificato sul fuoco dei rapporti coniugali, ma deve vegliare perché questo non venga oltraggiato o violentato da un senso di conquista audace o esageratamente sensuale.

La donna deve rimanere sempre velata dai suoi veli di pudore e di castità e questi devono essere rimossi ogni volta con squisita gentilezza da un marito che sappia lacerare senza offendere…

Questo non vuol dire che l’uomo si deve arrestare di fronte al pudore femminile. No, l’uomo deve pretendere virilmente il continuo sacrificio di esso e quindi deve saper superare ogni reticenza ed ogni evasione, ma deve far tutto ciò con tanta forza maschile quanto con delicata discrezione cristiana.

La discrezione perciò non rappresenta una rinuncia all’offerta del pudore femminile, ma una disciplina di procedura nell’accettazione o nella conquista di essa.

La discrezione quindi deve rappresentare una legge stabile nei rapporti intimi, ma la medesima legge deve essere valida per tutti i rapporti coniugali. Il marito deve conoscere con precisione e, soprattutto, con senso di amore e di giustizia, quello che può avere da una moglie, quello che può chiedere ad una moglie; deve cioè conoscere il limite esatto delle forze fisiche della sua compagna e quello delle sue risorse morali. Egli deve sapere e riconoscere che la donna rappresenta il « vaso debole » e quindi non può assumersi il carico di uno sforzo fisico o di un impegno morale inadeguato alla sua natura.

Oggi invece s’incontrano purtroppo molte spose stanche, avvilite, scoraggiate. La loro attività le ha obbligate ad impegni e responsabilità nettamente superiori alle loro forze ed esse sono giunte fino alla rovina senza il sollievo di una mano amica o di una parola di comprensione.

E’ vero che molte volte queste situazioni sono la conseguenza dolorosa delle circostanze della vita, ma è anche vero che altre volte sono soltanto il risultato del senso di irresponsabilità di certi mariti che non sanno riconoscere ed applicare una legge di discrezione.

Molte volte queste povere spose, dopo aver svolto un’attività lavorativa per concorrere al mantenimento della famiglia, sono obbligate nel seno della casa ad assumersi per intero il peso delle faccende domestiche, della cura dei figli e del marito e di quanto altro rientra nel lavoro di una casa e di una famiglia.

Una sposa, particolarmente una madre, dovrebbe essere libera da qualsiasi attività lavorativa fuori di quella familiare, ma se circostanze penose la obbligano a concorrere al sostentamento della famiglia con una occupazione qualsiasi, il marito deve sentire, da parte sua, l’obbligo di concorrere allo svolgimento dei lavori domestici. Egli potrà lasciare alla moglie quelle attività della casa che sono proprie della natura femminile, ma potrà riservarsi quei lavori casalinghi che per il loro carattere possono essere compiuti perfettamente anche da un uomo.

Non soltanto quando la donna è obbligata ad un lavoro remunerativo il marito deve sentire il dovere di sollevarla con la propria collaborazione familiare, ma anche quando il peso della famiglia e quindi delle attività connesse a questa, assume delle proporzioni eccessive rispetto alle possibilità fisiche della donna. Non è avvilente ed umiliante partecipare al governo ed alla manutenzione della casa ed un marito deve essere pronto a questo per non obbligare la moglie alla rovina progressiva della propria personalità.

L’aiuto del marito deve essere decisamente negato quando viene reclamato da un sentimento d’indolenza e di pigrizia. Lo spettacolo di una sposa e di una madre pigra è semplicemente ripugnante e l’uomo che accondiscende ad indossare il grembiule di cucina unicamente per appagare questi sentimenti insani diviene colpevole verso se stesso e verso la moglie. Egli deve saper esercitare la propria affettuosa autorità per obbligare la donna all’adempimento dei propri doveri, ma deve saper dimostrare di conoscere il limite giusto delle sue pretese perché la donna non sia scoraggiata dall’indifferenza e dall’incomprensione del proprio marito.

Sì, la moglie non deve essere un’incompresa; i suoi umili lavori non devono essere ignorati o sottovalutati. Un marito deve saper comprendere, valutare, riconoscere e non soltanto per porgere l’espressione affettuosa dell’elogio, ma anche per individuare il momento nel quale è necessaria la sua collaborazione.

Il marito che cessa di essere il protettore per divenire lo sfruttatore insensibile della moglie, in quel momento stesso cessa anche di essere cristiano, e viene meno nel suo elevato e nobile ministerio coniugale.
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