3. «Io vengo tosto» — Apocalisse 22
L'Apocalisse è un libro di giudizi e la venuta del Signore che deve eseguirli ne è il soggetto principale.
Una delle prime parole del 1° capitolo è: «Ecco, egli viene con le nuvole».
Per motivi diversi i capitoli 2 e 3 sono pieni di allusioni alla sua venuta. «Verrò tosto a te, rimuoverò il candelabro dal suo posto», dice ad Efeso; e a Pergamo: «Verrò tosto a te, e combatterò contro a loro con la spada della mia bocca».
A Tiatiri dice: «Quel che avete tenetelo fermamente finché io venga»; e a Sardi: «Io verrò come un ladro, e tu non saprai a quale ora verrò su di te». infine a Filadelfia: «Io vengo tosto; tieni fermamente quello che hai, affinché nessuno ti tolga la tua corona».
Dai capitoli 4 a 11, sono descritti i preparativi della sua venuta, finché queste parole risuonino: «Il regno del mondo è venuto ad essere del Signor nostro e del suo Cristo», e: «Noi ti ringraziamo, o Signore... perché hai preso in mano il tuo gran potere, ed hai assunto il regno».
Al capitolo 19, lo vediamo uscire dal cielo, e combattere in giustizia. Infine al capitolo 22, udiamo il grido: «Io vengo tosto».
La lettura di questi numerosi passi dimostra che il Signore viene in due modi assolutamente distinti: in grazia e in giudizio; l'Apocalisse si occupa principalmente dell'ultimo. Perché il Signore viene come giudice? Perché la Chiesa responsabile (cioè «quelli che abitano la terra») e il popolo giudeo sono in una condizione tale che al Signore non resta, dopo una lunga pazienza, che colpirli nella sua ira. Troviamo dunque nel libro dell'Apocalisse la rovina completa dell'uomo che attira su di sé il giudizio di Dio con la venuta di Cristo; la sua venuta in grazia è citata, in questo libro, solo in un piccolo numero di versetti. Il libro si riassume poi, nel cap. 22, con questo grido pressante ripetuto tre volte: «Io vengo tosto».
Egli viene, abbiamo detto, in grazia prima e in giudizio poi, per la felicità o per l'infelicità. È per la felicità al v. 7: «Ecco, io vengo tosto. Beato chi serba le parole della profezia di questo libro». Ma cosa significa «serbare le parole della profezia»? Significa mettere in pratica, realizzare le due grandi verità di cui abbiamo parlato; la rovina dell'uomo e il giudizio di Dio; realizzarle con una santa separazione da ciò che deve essere giudicato, e anche vivere in vista della prossima apparizione di Colui a cui apparteniamo.
Il primo grido: «Io vengo tosto», si rivolge più direttamente ai credenti che attraversano gli avvenimenti descritti in Apocalisse; ai 144.000 segnati d'infra i Giudei e all'immensa moltitudine salvata di mezzo alle nazioni (cap. 7). Egli «viene presto» per loro, al fine di introdurli nella beatitudine del suo Regno. Ma anche alla Chiesa può applicarsi questa promessa di Cristo; essa pure deve serbare le parole della profezia di questo libro; essa deve amare l'apparizione del Signore.
Al v. 10 l'angelo parla al profeta: «Non suggellare le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino». Oggi non siamo come al tempo di Daniele al quale fu detto: «E tu, Daniele, tieni nascoste queste parole, e sigilla il libro sino al tempo della fine» (Daniele 12:4). Oggi il libro non è sigillato, poiché il tempo è vicino, Dio vuole che lo scritto profetico sia completamente aperto, affinché ciascuno possa prenderne conoscenza. Senza dubbio il mondo non può comprenderlo, e quando glielo si presenta, come fece Isaia dicendo: «Leggi questo, ti prego», esso risponde: «Non posso perché è sigillato»; oppure: «Non posso leggere» (Isaia 29:11). Ma come mai molti credenti dicono: «Questo libro è misterioso, non ci capisco niente»? Questo libro non è sigillato; se non lo comprendiamo, può dipendere dal fatto che la venuta del Signore occupa poco posto nel nostro cuore, e ha scarso interesse per noi.
Fratelli, il tempo è vicino; vicino è il momento in cui non sarà più possibile cambiare lo stato morale e il destino degli uomini. Essi sono già sulla piattaforma del patibolo; poco tempo ancora e sarà troppo tardi per ravvedersi: «Chi è ingiusto sia ingiusto ancora; chi è contaminato si contamini ancora; e chi è giusto pratichi ancora la giustizia; e chi è santo si santifichi ancora».
Il Signore viene; è così vicino che troverà ciascuno di noi nella condizione in cui siamo adesso. Per gli ingiusti e i contaminati sarà troppo tardi.
Com'è terribile per loro questa parola: «Io vengo tosto, e il mio premio è meco per rendere a ciascuno secondo che sarà l'opera sua» (v. 12)! Questo secondo «Io vengo tosto» risuona come una campana a morto per i peccatori!
Il terzo «Io vengo tosto» (v. 20), si indirizza alla Sposa che veglia aspettando il suo Sposo. Essa è come una sentinella; ha gli occhi fissi non sulla terra ancora avviluppata dalle tenebre ma al cielo, per vedervi apparire la stella mattutina, che prelude al giorno. Come potrebbe la Sposa non sussultare a questo grido? Eppure, quanti credenti non vi hanno neppure risposto! Quanti tra noi sanno rispondere alle sollecitudini della vita terrena, mentre la venuta dei Signore li lascia indifferenti! Fratelli, udite questo grido «Io vengo tosto»? Colui che ode dica: «Vieni». Anime tormentate, anime infelici, avete sete di cose migliori? «Chi ha sete venga». Voi tutti ai quali oggi si indirizza la Parola, venite, comperate senza denaro. «Chi vuole, prenda in dono dell'acqua della vita»!
La voce di Gesù si spande nel cuore della sposa e ravviva le sante affezioni che nascono dalla conoscenza del legame che la unisce allo Sposo; vuole attirare a Cristo il cuore di tutti i credenti; e chiama le anime assetate non ancora venute alla sorgente per avere la vita.
Fratelli, che questi siano anche i nostri desideri e le nostre gioie «finché Egli venga»!