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Messaggio SPERANZA E FEDE

SPERANZA E FEDE  
 SPERANZA E FEDE   Presen10
di Roberto Bracco
L’apostolo Paolo scriveva, ai suoi giorni: – Se noi sperassimo in Cristo soltanto per le cose di questa vita, noi saremmo i più miserabili fra gli uomini. E Pietro, in una delle sue epistole, così esortava i cristiani: “…sperate perfettamente nella grazia che ci sarà conferita all’apparizione del Signor nostro Gesù Cristo”. Un cristiano, un autentico cristiano, è un individuo ripieno di speranza; la sua speranza però non è fondata sopra le realtà visibili della vita, ma su quelle invisibili dello Spirito che dimorano nell’eternità.

Ci sono molti falsi credenti che dichiarano di sperare veramente in Cristo e di aspettare con ansia il suo ritorno, la sua apparizione, ma vivono però nella ricerca avida ed instancabile di tutti i beni terreni che possono essere conquistati e goduti. Questi sedicenti cristiani paventano la malattia e sono terrorizzati dal]a morte e se incontrano poi la perdita delle loro ricchezze, piombano nella disperazione più cupa. Essi confessano una speranza che non posseggono e dichiarano dei sentimenti che non affiorano neanche nella loro insensibile coscienza.

La speranza cristiana conduce l’anima oltre la malattia e la morte e la solleva al di sopra della ricchezza o della miseria perché introduce il credente nel mondo dello Spirito che è, come già detto, il mondo delle realtà invisibili, ma eterne. Il vero cristiano possiede questa vera speranza. Egli non vive aspettando il conseguimento di un benessere o di una felicità contingente perché spera “ perfettamente” nell’adempimento delle promesse divine relative all’ingresso nella gloria.

Tutta la sua vita e tutti i suoi desideri sono tesi verso l’eternità ed egli compie il suo pellegrinaggio con la costante visione della città di Dio che lo attende. Non può cercare altro, non può essere assorbito o distratto da altro: egli ha tutto, nel fine della sua speranza che è la vita eterna in Cristo Gesù. E’ assurdo dichiararsi cristiani e dimostrare l’assenza di qualsiasi desiderio di  “andare ad abitare con Cristo”. E’ paradossale dire di aver ricevuto una eredità eterna nel cielo e vivere soltanto per desiderare e accumulare tesori in questa terra.

Se sei cristiano, non puoi non possedere la speranza cristiana; in altre parole, se sei veramente cristiano, non puoi vivere per avvinghiarti sempre più tenacemente a questa terra. La potenza della chiesa apostolica, la forza dei martiri, si sono manifestate in diretta relazione con la speranza cristiana. Attraverso la lotta, i credenti hanno saputo dimostrare che vivevano per il cielo ed anelavano il cielo. Essi potevano ricevere con allegrezza lo spogliamento dei propri beni come potevano sopportare con serenità gioiosa, la perdita della propria vita in conseguenza del fatto che il loro occhio, il loro desiderio, erano illuminati ed ispirati dalla speranza.

Colui che “spera” non può guardare al presente e non si può fermare al visibile e perciò egli quasi non si accorge del proprio stato o delle circostanze della propria vita perché è assorbito dalla visione gloriosa di ciò che non si vede, ma che per il cristiano  è tanto reale come se si vedesse. Il pensiero delle “molte stanze” promesse da Gesù, della  “città dalle porte di perla”, del  “luogo abitato dalla gloria e dalla giustizia”, deve occupare la mente e il cuore del cristiano ed egli deve vivere sospirando “verso il ritorno di Gesù”.

La speranza deve anticipare la gioia della visione di Dio, deve far pregustare l’incontro con Gesù, con gli angeli, con i santi, deve far godere fin da ora il perfetto gaudio, la conoscenza compiuta, la liberazione totale. Se le promesse divine sono realmente l’oggetto della speranza cristiana, questa speranza deve infiammare ed entusiasmare la vita del credente. Sei cristiano? Vivi e godi nella speranza cristiana?

In quale livello si trova la tua vita e si muovono i tuoi pensieri e i tuoi desideri? Ricordati che la Scrittura ci assicura che tutti coloro che hanno realmente la speranza di vedere il Signore e di essere resi simili a Lui, sin da ora, “si purificano” come Egli è puro. La speranza purifica l’anima ed imbianca la vita. Essa libera da ogni scoria terrena perché spezza i legami delle sollecitudini o le catene dell’avarizia; i lacci del timore o i ceppi della mondanità.

Non è vero, infatti, che tutte queste caratteristiche peccaminose rappresentano le conseguenze di una vita priva di speranza? Colui che non spera nel tesoro celeste è sollecito per costituirne uno terreno; colui che non sa guardare  alle ricchezze eterne è avaro per conquistare quelle momentanee; colui che non brama e non sa bramare l’incontro con Cristo è timoroso delle circostanze che insidiano la sua vita e colui, infine, che non riesce, mediante la speranza, a vivere nei cielo come nella propria città, è mondano per soddisfare i desideri impetuosi del suo cuore arido.

La speranza porta il cielo nel cuore e fa trasparire il cielo dal volto ed un cristiano deve avere il cielo nel cuore e in tutte le manifestazioni della propria vita: egli si deve distinguere particolarmente quando le circostanze più tragiche della vita mettono in evidenza il valore della personalità umana. Paolo ricorda ai cristiani di Tessalonica che anche di fronte alla morte i cristiani dovevano far risplendere la testimonianza della loro virilità. Egli così si esprimeva: “non siate contristati come coloro che non hanno speranza…”

Coloro che non hanno speranza vengono contristati turbati dagli avvenimenti tragici della vita, ma coloro che hanno speranza, cioè che sono cristiani nel senso esatto di questo glorioso vocabolo, rendono testimonianza della invulnerabilità che hanno acquisita mediante l’adottazione a Dio. In conclusione, essere cristiano significa essere fuori dei mondo, o, come diceva Paolo, crocifisso al mondo. Essere fuori del mondo vuoi dire “essere nel cielo”. Il cristiano quindi è l’individuo che vive nel cielo mediante la speranza e mediante la fede.

Fede e speranza sono strettamente congiunte nel cristianesimo perché la “fede” è certezza delle cose che si  “sperano”. E’ quasi impossibile distinguere e individualizzare queste due realtà spirituali ma per approssimazione possiamo pensare alla fede come all’occhio della speranza e alla mano della speranza. La speranza, in questo caso, ci appare come l’anima e la fede come il corpo.

L’anima ha contatto con il mondo che ci circonda a mezzo dei corpo e la speranza ha contatto con le realtà invisibili mediante la fede. La fede è quella che permette alla speranza di vedere e di toccare le promesse verso le quali essa si volge. Perciò, il cristiano è colui che ha speranza e fede. Cioè è colui che non soltanto anela e aspetta le realtà eterne dello Spirito, ma anche che vede e che tocca quelle promesse invisibili, ma indistruttibili, fatte da Dio.

Mosè per fede rimase costante vedendo “l’invisibile”.  Abramo, Isacco, Giacobbe terminarono il loro pellegrinaggio mirando ad una città stabile edificata dal Signore. La loro vita era una vita di fede, ma di quella fede che rende positiva la speranza. Simigliantemente Paolo che si preparò al martirio mirando la corona della giustizia o Pietro che guardò verso la morte per mirare in essa l’angelo della liberazione o Stefano che offrì il suo sangue contemplando la gloria del cielo, ci appaiono come uomini di fede. La loro fede però ci viene presentata semplicemente come la concretizzazione della speranza.

Una speranza priva di fede è un’anima senza corpo come la fede senza speranza è un corpo senza anima. Il cristiano che possiede una speranza rappresentata da un sentimento indefinibile, che gli fa desiderare cose buone e belle, senza pertanto fargli sentire la certezza assoluta nella realizzazione di esse, non è cristiano, ma è soltanto un comune ottimista.

Anche gli inconvertiti sperano; ma per loro speranza vuoi dire desiderio di circostanze favorevoli o augurio di cose buone. Gli uomini infatti ripetono volentieri il vecchio adagio del volgo: – La speranza è l’ultima a morire! In questo proverbio si allude alla speranza generata dall’ottimismo umano e che è una entità nettamente separata dalla fede. Hai una speranza di fede? O hai fede e speranza? Se non possiedi queste due realtà o queste due virtù non sei cristiano. Forse sei un religioso nel senso comunissimo di questo termine abusato, ma non sei un cristiano.

Potrà anche sembrarti strano, ma ricordati che un cristiano è una creatura, sotto certi aspetti, soprannaturale. Egli ha speranza e fede e perciò vive fuori e sopra del povero mondo della materia. Egli crede a Dio oltre che credere in Dio; egli crede e spera e perciò vive libero dalle limitazioni imposte dall’incredulità e dalla disperazione. La sua speranza lo eleva e lo purifica e la sua fede lo rende vincitore e potente. Egli passa in mezzo al mondo come un essere che offre al mondo l’ispirazione della sua vita celeste, ma che non accetta dal mondo nessuna delle sue realtà effimere e vane.
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