I principi del radunamento cristiano
André Gibert
Le istruzioni e le esortazioni del Nuovo Testamento considerano raramente il cristiano da solo, ma lo vedono come, facente parte di un insieme, quello dei «santi» (Romani 1:7, 1 Corinti 1:2, 14:33. 16:40, Giuda 4, ecc...). La qualifica di «santi» non è dovuta a meriti propri, ma dipende dall’appello di Dio, in virtù dell’opera perfetta di Cristo. I riscattati del Signore sono tutti «fratelli santi», partecipi di una celeste vocazione (Ebrei 3:1).
La portata di questi insegnamenti è generalmente collettiva. Quando Paolo ordina a chiunque nomina il nome del Signore di ritirarsi dall’iniquità, o quando esorta Timoteo ripetendogli «ma tu», egli orienta i pensieri del fedele verso un insieme con il quale deve fedelmente servire il Signore. I termini dell’ingiunzione di 1 Timoteo 6:11 «fuggi... persegui...» si ritrovano in 2 Timoteo 2:22 dove però sono seguiti, essendo per un tempo di maggior rovina, da questa preziosa indicazione: «... con quelli che di cuore puro invocano il Signore». È dunque molto importante sapere perché, dove, come, con chi, dobbiamo radunarci secondo Dio. Troppo spesso si seguono a questo riguardo le abitudini della propria famiglia, del proprio ambiente e del proprio paese.
Il mondo cristianizzato è formato da numerosi raggruppamenti che si qualificano cristiani, alcuni dei quali si nominano ufficialmente «chiesa» con una collocazione caratteristica: chiesa cattolica, chiesa anglicana, riformata, luterana, presbiteriana, metodista, libera, battista, ecc...l’elenco di tutte le denominazioni cristiane sarebbe molto lungo.
Molti credenti sinceri, rattristati da queste divisioni, lavorano attualmente per ricostruire l’unità della Chiesa, cercando di riunire membri di «chiese» diverse ma in accordo su un certo numero di punti comuni; purtroppo questi punti non sono sempre essenziali, cioè verità dottrinali. Gli stessi promotori più convinti di questo movimento ecumenico (altrimenti detto universale), già non sarebbero d’accordo nel definire cosa significa essere «cristiano». Che dire delle divergenze d’opinione sull’ispirazione delle Scritture, sulla divinità di Gesù, sulla realtà della sua risurrezione? Ci sarà una concezione di Dio valevole per tutti?
Ci rallegriamo per tutto ciò che vienefatto per avvicinare pacificamente gli uomini. Umanamente riconosciamo apprezzabile il proclamare un comune attaccamento agli insegnamenti di Cristo nella speranza di migliorare il mondo (ammesso che sia migliorabile). Siamo felici di pensare che molti di coloro che lavorano in quest’opera siano dei veri e cari figli di Dio. Ma in tale campo la buona volontà non basta. Questi generosi sforzi applicati ad elaborare compromessi che preservino le convinzioni profonde dei vari adepti, e ad edificare una chiesa lasciando sussistere chiese diverse, non si basano minimamente sugli insegnamenti della Parola di Dio intorno alla vera unità cristiana e al radunamento secondo il Signore. È a questa Parola che dobbiamo riferirci.
Un’iniziale ed essenziale constatazione è che la Parola non tratta mai di diverse chiese tra le quali i credenti si trovano divisi e che bisogna riunire. Essa parla di loro come facenti parte di una sola e medesima Chiesa, di cui possono esistere un gran numero di espressioni locali, cioè di radunantenti in vari luoghi. La Parola non riconosce altra Chiesa all’infuori di questa.
Gravi confusioni provengono dall’esistenza di punti di vista molto differenti. Da un lato c’è la Chiesa tale quale è agli occhi di Dio, e dall’altro la forma che sulla terra gli uomini hanno dato a questa Chiesa. Il disegno e il pensiero di Dio da un lato, e dall’altro la responsabilità dell’uomo e i risultati del suo lavoro.
Per sapere come dobbiamo condurci in seno alla Chiesa oggi esistente sulla terra, bisogna avere innanzitutto un’idea giusta di quello che essa è agli occhi di Dio.