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| | L'ORIGINE DEL PECCATO di R. Bracco | |
| | Autore | Messaggio |
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Mimmo Admin
Messaggi : 65 Punti : 208
| Titolo: L'ORIGINE DEL PECCATO di R. Bracco Mer Mar 15 2023, 04:38 | |
| Il peccato ha un'origine eterna; esso esisteva prima dell'uomo, prima del mondo e prima del diavolo. Lucifero peccò perché il peccato già esisteva e quando il peccato fu portato nel mondo e fu iniettato nell'uomo già i luoghi spirituali erano pieni di peccato.
Il presente scritto però non vuol parlare dell'origine eterna del peccato, ma soltanto dell'inizio del peccato nel mondo e nell'uomo. Lasciamo pure ai filosofi e ai teologi il compito d'indagare come e quando è nato il peccato e riserviamoci quello molto più modesto, ma forse più utile, di scoprire il modo ed il tempo nei quali esso è stato introdotto nel mondo.
Alcuni studiosi fanno risalire l'origine del peccato nel mondo a quel periodo che sta in mezzo ai primi due versetti della Bibbia: "Nel principio Iddio creò il cielo e la terra". "E la terra era una cosa deserta e vacua... "
Il primo versetto infatti potrebbe esprimere una perfetta opera creativa ed il secondo potrebbe parlare della distruzione o della rovina di quell'opera. In altre parole: Iddio avrebbe creato il mondo perfetto e bello, ma un giorno tenebroso il diavolo, assieme al suo esercito maligno, sarebbe precipitato sopra di esso con furore infernale per rovinare e distruggere l'opera meravigliosa della creazione, cioè per portare il caos, la confusione nel lavoro perfetto di Dio.
Il terzo verso della Bibbia, in questo caso, ci parlerebbe dell'opera di restauro compiuta da Dio:
"E Iddio disse: Sia la luce. E la luce fu"
L'Eterno riprende nelle mani il Suo lavoro e non soltanto per ripararlo e per strapparlo al dominio delle tenebre, ma anche allo scopo grandioso di continuare la battaglia con gli eserciti ribelli che sono stati precipitati dal cielo, ma che devono essere perseguiti fino all'inferno preparato per il loro tormento.
Se accettiamo questo accettabile punto di vista concludiamo che l'origine del peccato nel mondo, o almeno la presenza del peccato nel mondo è precedente alla creazione descritta nel primo capitolo della Genesi. La creazione di Dio quindi è stata compiuta come un lavoro di separazione dal peccato e di lotta contro il peccato che si trovava però presente in mezzo alla creazione nel mondo.
Naturalmente noi parliamo del peccato come di una entità esistente indipendentemente dall'uomo e quindi anche fuori dell'uomo. La creazione doveva sostenere una lotta col peccato che si trovava vicino a se; poteva vincerlo e quindi neutralizzarlo definitivamente o poteva subirlo, come infatti lo ha subito, e di conseguenza farlo avanzare e farlo trionfare.
In altre parole la creazione ed il peccato stavano di fronte come due eserciti in battaglia; il peccato non "poteva entrare nella creazione o nel mondo" se la resistenza era perfetta, ma poteva entrare e dilagare se la resistenza crollava di fronte ad esso.
La linea di resistenza della creazione ha ceduto ed il peccato, non in un giorno e neanche attraverso un solo episodio, ha ottenuto uno strepitoso successo sugli uomini e sul mondo.
Naturalmente non bisogna dimenticare che i trionfi del diavolo e del peccato sono soltanto momentanei perché essi vengono sfruttati da Dio per il conseguimento della Sua gloriosa vittoria finale, ma questa verità non annulla il fatto che il peccato ha conseguito un graduale trionfo nella sua lotta contro la creazione di Dio.
Ritorniamo al soggetto del presente capitolo: l'origine del peccato. Il quarto verso della Bibbia ci, dichiara:
"Iddio vide che la luce era buona...".
Al verso 31 possiamo anche leggere:
"E Iddio vide tutto quello che Egli aveva fatto; ed ecco, era mollo buono".
La luce era buona, ma le tenebre no, ed infatti Iddio separò l'una dalle altre: L'Eterno aveva creato la luce, ma le tenebre erano già esistenti.
Tutte le cose create da Dio erano buone, mentre tutte quelle già esistenti erano peccaminose ed infatti la scrittura precisa:
"tutto quello che Egli aveva fatto... era molto buono", e questa precisazione potrebbe voler dire che quello che Egli "non aveva fatto" non era buono.
Iddio non ignora la presenza del peccato fuori della creazione e per questo motivo stabilisce ed accetta il termine della lotta ordinando all'uomo:
"Ma non mangiare dell'albero della conoscenza....".
Il peccato è reso peccante dalla legge e quindi l'Eterno stabilisce una legge con un solo articolo e con una sola pena per poter continuare la lotta eterna col peccato personificato ormai nell'angelo ribelle: il diavolo.
La lotta incomincia. Non tutte le fasi di questa lotta sono esplicitamente dichiarate dalla Scrittura, ma l'esame accurato delle prime pagine della Bibbia ci dimostra che è una lotta vastissima e poderosa.
Non è affatto vero, come alcuni affermano, che la durata e la conclusione di questa lotta possono essere chiuse entro i pochi minuti di conversazione fra il serpente ed Eva; essa fu molto più lunga e molto più larga.
Prima di ogni cosa dobbiamo accettare che il diavolo non incominciò la sua lotta attaccando l'uomo, ma attaccando il serpente: "Or il serpente era astuto più che qualunque altra bestia..."
Alcuni vedono nel serpente una incarnazione o materializzazione o, più semplicemente, una simbologia del diavolo. Noi non concordiamo con questi concetti che non trovano nessun fondamento biblico.
Possiamo bene accettare che dopo il tragico episodio della caduta il serpente è divenuto il simbolo più perfetto del diavolo, ma respingiamo energicamente l'affermazione che "la bestia fatta da Dio" (Genesi 3:1) che parlò con Eva fosse personalmente il diavolo.
Sappiamo benissimo che questa dichiarazione fa sorridere i teologi di ogni tendenza e scandalizza i modernisti, ma noi preferiamo la semplicità di una interpretazione, capace di armonizzare tutti i dettagli della Scrittura, a qualsiasi speculazione scientifica e intellettuale.
Per noi il serpente era realmente "un serpente" e la sua astuzia era soltanto il risultato di una malefica influenza esercitata sopra di lui dall'esterno, da parte del diavolo.
Infatti, quando Iddio pronunciò la sua prima maledizione, non colpì il diavolo, ma il serpente il quale fu condannato a strisciare nella polvere...;naturalmente col serpente fu maledetto ancora una volta il diavolo, che era rappresentato da esso, e le parole: "...ti triterà il capo, e tu le ferirai il calcagno..." (Genesi 3:15) possono essere applicate più alla lotta spirituale fra Cristo e il diavolo, che non a quella materiale fra il serpente e l'uomo.
Può sembrare assurdo che Eva s'intrattenesse in conversazione con un rettile e, sopratutto, può sembrare assurdo che un serpente parlasse. Dobbiamo però convenire che sarebbe stato ancora più assurdo che Eva si fosse intrattenuta col diavolo "in forma" di serpente.
La nostra progenitrice avrebbe facilmente scoperto l'inganno qualora l'incontro con un serpente parlante fosse stato un avvenimento eccezionale. Eva doveva essere abituata ad incontrare il serpente e, probabilmente, a conversare con esso se, come asseriscono alcuni naturalisti, il serpente nell'antichità aveva una conformazione organica molto somigliante a quella dell'uomo e se, come dicono gli stessi naturalisti, esso era realmente dotato di possibilità vocali molto vicine a quelle dell'uomo.
Il serpente perciò sarebbe quello che appare oggi soltanto in conseguenza della maledizione divina mentre ieri, cioè all'origine della creazione, sarebbe stato una fra le creature più somiglianti all'uomo.
Tutto questo quindi ci confermerebbe la vastità della lotta fra Dio e il peccato: il diavolo s'impossessa del serpente e con questo si presenta alla donna che può essere la mediatrice ideale per raggiungere e sedurre l'uomo.
L'attacco non è ancora diretto, ma è preciso ed insidioso.
La donna non soltanto rappresenta la creatura più vicina all'uomo e che quindi meglio può insinuarsi nell'uomo, ma è sopratutto la creatura più predisposta alla debolezza. Ed il diavolo attacca la donna. Anche quest'attacco à vasto ed è ben lontano dall'esaurirsi in un breve episodio.
Il primo colpo del diavolo, attraverso il serpente ha il preciso scopo di oscurare la visione dell'amore di Dio. Le parole del tentatore sono: "Come! Iddio vi ha detto: Non mangiate del frutto di tutti gli alberi del giardino?"
Iddio aveva messo tutti gli alberi del giardino a disposizione dell'uomo; essi parlavano del suo amore e della sua generosità e fino a quel giorno Adamo non aveva pensato che, il divieto a mangiare il frutto dell'albero della conoscenza costituisse un sacrificio. Tutto era lì per essere goduto e quindi la piccola limitazione posta dall'Eterno non poteva rappresentare un peso. Ma l'astuto tentatore con la sua ipocrita domanda fa risaltare che esiste una limitazione e che quindi l'amore di Dio può essere messo in dubbio. Egli obbliga la donna a rispondere:
"Noi possiamo mangiare i frutti degli alberi, ma non possiamo toccare il frutto dell'albero della conoscenza perché Dio non vuole".
Eva non aveva udito direttamente l'ordine divino, ma questo certamente gli era stato trasmesso dal marito.
Probabilmente il primo dubbio nacque nel cuore della donna dopo le prime parole della velenosa conversazione, ma quel seme doveva germogliare fino alla caduta di Adamo e perciò il serpente cercò di raggiungere un secondo risultato. Dopo il dubbio intorno all'amore di Dio egli cercò di insinuare il dubbio relativo alla veracità di Dio e perciò disse: "No, non morrete affatto...".
Contemporaneamente, sferrando un duplice attacco, cercò d'iniettare il dubbio intorno alla potenza e alla santità di Dio, e perciò aggiunse: "... Iddio sa che nel giorno che ne mangerete, gli occhi vostri s'apriranno, e sarete come Dio..."
Il serpente presenta l'Eterno come un mendace che, per tema di veder uguagliata la sua limitata potenza, ricorre al basso espediente di tenere in timore la propria creatura. L'opera della tentazione però non si limita ad una passiva denigrazione di Dio, ma si completa con il seducente allettamento di un risultato desiderabile: "... l’albero era desiderabile per diventare intelligente...".
Eva, vinta dalla seduzione, accolse il peccato nel seno. E' vero, come alcuni asseriscono, che il peccato della donna fu sopratutto di disubbidienza, ma è anche vero che la disubbidienza venne a coronamento del dubbio intorno all'amore di Dio, alla veracità di Dio, alla potenza di Dio e alla santità di Dio.
Il peccato quindi passò dal serpente alla donna attraverso la porta del dubbio. Ora è la donna che diviene strumento del diavolo: sedotta cerca di sedurre.
Adamo non vede e non ode il serpente; non vede e non ode direttamente il diavolo, ma riceve la sua dolce compagna, amica delle sue ore, consorte delle sue gioie. E' lei che gli porge il frutto; è lei che gli dice con studiata dolcezza: "Mangiane perché è buono...".
Adamo cade, ed anche lui pone a base della disubbidienza l'incredulità. Il peccato è entrato nella creazione; l'opera disgregatrice ha la sua perversa origine. Sembra però che una esplicita maledizione non sia ancora caduta sopra l'uomo; Iddio ha maledetto i campi, ha maledetto il serpente (Gen. 3:14,17), ma non ha ancora maledetto categoricamente il genere umano. Il diavolo deve ancora combattere, deve allargare la breccia, deve estendere le sue conquiste.
E' necessario che il peccato possa svilupparsi attraverso un altro dubbio: quello della giustizia di Dio. Giungiamo cosi al sanguinoso episodio di Caino e Abele.
L'episodio ci è notorio: ambedue i fratelli offrono un dono a Dio, ma mentre il dono di Abele viene accettato, quello di Caino viene rifiutato. Il seme del peccato è già evidente nell'uomo che non riesce a rendersi gradito col suo dono nella presenza dell'Eterno, ma esso è soltanto un seme. Per crescere è necessario che Caino si abbandoni allo sdegno e al risentimento.
Egli dubita della perfetta giustizia di Dio e, per conseguenza naturale, concepisce sentimenti di odio e di vendetta nei confronti dei fratello accolto da Dio. L'odio e la vendetta vengono alimentati dal seme del peccato che è malvagità interiore (1° Giovanni 4:12), anzi che è la malefica presenza del tentatore nella vita umana (idem). Caino uccide, Caino mentisce a Dio, Caino si apre pienamente al peccato (Genesi 4:8,9).
Il peccato si allarga nel seno della famiglia umana ed anche la maledizione divina si accentua: Iddio ha maledetto prima il serpente, poi la terra, ma ora maledice l'uomo: "Ora dunque tu sei maledetto, e sarai cacciato dalla terra...".
Ormai sembra quasi che la battaglia abbia avuta la sua tragica conclusione perché l'uomo, non soltanto ha perduto la benedizione che aveva ricevuto da Dio (Genesi 5:2), ma ha attirato sopra di sé l'inesorabile e schiacciante maledizione divina. Invece la battaglia prosegue,
E' vero, il peccato ha rotto la chiusura, è penetrato nella creazione ed ha invaso la creazione, ma sembrano ancora esserci delle resistenze che mettono in dubbio la sua assoluta vittoria.
Dopo Caino, infatti, ed anche dopo Lamec, uccisore di due uomini, ecco che la Bibbia ci parla di "... Enos..." dal quale "…si cominciò a nominare una parte degli uomini del nome del Signore".
E' l'ultima resistenza al peccato; sembra quasi che la creazione non voglia accettare la sconfitta e perciò reagisca energicamente...
La reazione però perde gradatamente la sua forza e quando giungono i giorni di Noè, cioè del figliuolo del riposo e della consolazione (Genesi 5:29), sembra completamente esaurita.
Ecco la catastrofe: il peccato trionfa violentemente e tutta la terra si corrompe e precipita nella violenza e nella carnalità (Genesi 6:2,11).
Noé rimane come l'eccezione necessaria non soltanto per preservare l’umanità da una totale e definitiva distruzione, ma anche come ultimo baluardo di Dio per far trionfare il bene sopra il male nella gigantesca battaglia che riempie l'eternità.
L’origine del peccato quindi non può essere, localizzata ad un episodio perché se è vero che: "... per un uomo il peccato è entrato nel mondo…" (Romani 5:12), è anche vero che l’episodio al quale si riferisce questa dichiarazione biblica rappresenta il più importante, ma non l'unico
Relativo all’origine del peccato o piuttosto si riferisce all'episodio che segna l'ingresso assoluto del peccato nel mondo. Infatti, se il peccato giuridicamente è essenzialmente la "trasgressione della legge" (1° Giovanni 3:4), dobbiamo accettare che il peccato è entrato nel mondo quando colui che aveva ricevuto la legge di Dio, cioè Adamo, disubbidì all'unico articolo di quella, legge divina.
Questo riconoscimento però non c'impedisce di osservare che prima della trasgressione di
Adamo e anzi in preparazione di questa, appaiono
1) Le tenebre;
2) Le cose non fatte da Dio;
3) L'astuzia del serpente;
4) Il dubbio della donna;
5) La concupiscenza della donna;
6) Il peccato della donna;
7) La seduzione della donna.
Ed altresì non c'impedisce di osservare lo sviluppo o il progresso del peccato fino all'avvenimento immane del diluvio:
1) Il dubbio di Caino;
2) L'odio di Caino;
3) La malvagità di Caino;
4) La violenza di Caino;
5) La violenza di Lamec;
6) La carnalità degli uomini;
7) La violenza degli uomini.
Nel concludere questo capitolo vogliamo perciò sottolineare che l'origine del peccato rappresenta un problema che se ha Adamo come punto di riferimento, è e rimane un problema eterno che esprime sopratutto la lotta impegnata da Dio contro le potenze del male. Sembra di assistere, come abbiamo già accennato, ad una battaglia gigantesca che ha quale campo di azione il mondo nel quale viviamo. Iddio muove uomini e cose come uno stratega che non soltanto miri all'annientamento delle forze avversarie, ma anche alla piena ed incontrastata manifestazione della sua luminosa bontà e della sua assoluta verità.
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