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 L’essenza del peccato di R. Bracco

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MessaggioTitolo: L’essenza del peccato di R. Bracco   L’essenza del peccato di R. Bracco Icon_minitimeMer Mar 15 2023, 04:40

Anche quando cerchiamo di stabilire l'essenza del peccato, cioè che cos'è il peccato, ci troviamo di fronte ad un problema vastissimo. Se esaminiamo il peccato nella sua origine eterna, dobbiamo accettare i termini del problema in un determinato modo, ma se invece esaminiamo il peccato rispetto all'uomo e quindi all'origine del peccato nel tempo, dobbiamo accettare termini completamente diversi nello studio di questo problema.

Come ci siamo proposti dal principio, non vogliamo limitare il nostro studio al peccato nel tempo, perché lasciamo agli studiosi di alta filosofia o di alta teologia, di esaminare l'essenza del peccato inteso come entità eterna, fuori dall'uomo e della storia dell'uomo.

Da questo punto dì vista il peccato è soprattutto "la trasgressione della legge" cioè la violazione di un principio morale sancito da Dio. In altre parole è l'azione attiva o passiva che offende la santità e la giustizia di Dio espresse nella Sua legge.

Alcuni studiosi hanno però fatto notare che non tutti coloro che rompono una legge morale hanno l'intento di offendere Dio anche perché molti peccatori non conoscono Iddio ed ignorano la sua legge; quindi essi hanno voluto distinguere fra peccato teologico e peccato filosofico. Il primo sarebbe il peccato commesso nella conoscenza di Dio e della sua legge e perciò consumato come una, offesa a Dio, mentre il secondo sarebbe l'atto moralmente insano, ma nel quale manca, la conoscenza di Dio e quindi l’intenzione di offendere Dio.

A noi sembra che questa differenziazione sia inaccettabile perché tutti coloro che violano una legge, conoscono, in modo più o meno chiaro, che essa è stata promulgata da un legislatore e quindi sanno che la loro azione offende la legge e, contemporaneamente, colui che ha sancita la legge. In altre parole vogliamo dichiarare che tutti gli uomini, non esclusi coloro che affermano di non credere in Dio, trasgrediscono alla legge divina nella, consapevolezza di offendere Colui che la ha promulgata. Forse essi non hanno realmente una precisa visione della personalità di Dio e probabilmente non conoscono i particolari giuridici della legge dell'Eterno, ma riconoscono chiaramente nella propria coscienza la violazione di una legge che è stata data dall'Alto.

Questa violazione è il peccato perché si concretizza in una entità che rappresenta l'opposto della giustizia.

Naturalmente riconosciamo che la definizione "trasgressione della legge" è una definizione molto generica che ha, bisogno di essere chiarita in tutti i particolari racchiusi nel suo significato interiore, ma questo non ci toglie la possibilità

di affermare che essa è forse la più completa, e la più felice dichiarazione relativa, al peccato.

Il peccato fu dichiarato tale per la trasgressione di Adamo ed entrò nel mondo quale conseguenza diretta della violazione della legge di Dio

Quindi la legge di Dio e tutte le azioni che vengono mosse da essa rappresentano la giustizia; mentre l'opposizione alla, legge divina o la violazione di essa rappresenta il peccato.

Da questa conclusione possiamo notare che il peccato può essere una azione attiva o una azione passiva. Infatti la legge divina non esprime soltanto dei divieti, ma. ordina anche delle azioni cioè non dice soltanto "non fare" ma ordina "fai". Quindi il peccato è l'azione compiuta in contrasto al divieto "non fare", o all'ordine "fai"; in altre parole è peccato il furto perché è una azione che trasgredisce il comandamento "non" rubare ed è altresì peccato l'egoismo perché trasgredisce l’ordine di "fare" il bene (Giacomo 4:17).

Anche da questo punto di vista possiamo constatare che il peccato rappresenta il contrapposto della giustizia che è un'azione passiva verso il male ed un'azione attiva presso il bene. La giustizia fugge quello che è contrario al carattere di Dio ed opera ciò che esprime la personalità di Dio.

Il peccato dunque non è soltanto l'azione attiva, ma anche quella passiva cioè quella che noi chiameremmo inazione, ma che in realtà è una azione di « resistenza , al comandamento di Dio. Fare il male o non fare il bene è ugualmente un andare contro alla volontà divina dichiarata dalla sua legge perfetta.

E' interessante esaminare i diversi aspetti della "trasgressione" penetrando il significato dei diversi vocaboli biblici che indicano il peccato. Questi svariati termini ci parlano dell'essenza del peccato aiutandoci a penetrare nella definizione già ripetutamente espressa: "il peccato è la trasgressione della legge".

I vocaboli che designano il peccato nel Vecchio e nel Nuovo Testamento possono essere tradotti letteralmente come segue:

1) Colpa;

2) Azione contraria alla regola;

3) Fallire lo scopo;

4) Mancare il segno;

5) Infrazione;

6) Spezzare;

7) Infrangere una barriera;

Cool Delitto;

9) Violazione;

10) Agire di traverso;

11) Impurità;

12) Empietà;

13) Iniquità;

14) Errore;

15) Disubbidienza.

Tutti questi termini sono sinonimi, cioè somiglianti, ma ognuno di esso contiene una sfumatura diversa dall'altro e tutti uniti ci offrono un quadro vivo dell'essenza del peccato nel suo aspetto policromo. Nessuno si meravigli se facciamo un parallelo fra i colori ed il peccato perché forse non c'è nulla di meglio per esprime la personalità di questa entità (Isaia 1: 18).

Questi termini ci dicono in modo assoluto che il peccato è sempre:

1) Una ribellione a Dio (Isaia 1: 28);

2) Il frutto della concupiscenza (Giacomo 1: 15);

3) Un'opera delle tenebre (Efesi 5: 11);

4) Una manifestazione diabolica (Giovanni 3:Cool;

5) Un'opera morta (Ebrei 9: 14) .

Ma soprattutto ci dicono che è una deviazione dallo scopo per il quale l'uomo deve vivere di fronte a Dio. Iddio ha posto l'uomo entro i limiti della Sua giustizia, costituiti dalla legge della santità, e lo scopo dell'uomo è quello di assecondare Iddio dal quale può ricevere bene nel tempo e nell'eternità. Ecco perché è detto che il peccato è empietà, cioè l'opposto di pietà o dì religiosità: l'opposto della perfetta sottomissione a Dio e del perfetto amore verso Dio.

Abbiamo visto che il peccato viene anche indicato col termine "iniquità" (1 Giovanni 5, 17) che significa mancanza di equità cioè mancanza dì equilibrio o d'imparzialità o di giustizia; quindi esso è un mancare lo scopo, un trasgredire e violare la legge divina, un soffocare l'amore e il rispetto verso Dio, ma è anche un alterare i rapporti nei confronti degli uomini.

L'iniquità prevede l'egoismo spinto fino alle estreme conseguenze e rappresenta l'offesa più aperta al sommario della legge cristiana:

"Non fare agli altri quello che non vorresti che fosse fatto a te" (Gal. 5:14,15);

oppure "Fai agli altri quello che vorresti che fosse fatto a te" (Matteo 7:12).

Perciò possiamo ben concludere che l'essenza del peccato è costituita dall'opposizione a Dio, alla legge di Dio, al bene espresso da Dio, all’amore voluto da Dio, agli scopi stabiliti da Dio cioè è costituito dal contrapposto di Dio stesso nel quale è racchiuso ogni bene, ogni verità, ogni amore.

Poiché abbiamo parlato dell'origine del peccato e, indugiando sull’argomento, abbiamo potuto riconoscere che il progresso del peccato si è sviluppato attraverso diverse fasi, è necessario che nel trattare dell'essenza del peccato, esaminiamo il problema anche da un altro punto di vista e cioè da quello che ci presenta il peccato come un "pervertimento degli istinti naturali dell'uomo".

Il peccato infatti rappresenta, in maniera incontroversibile, una alterazione della vita istintiva fornita da Dio all'uomo.

La Bibbia ci dichiara, e la scienza ci conferma, che l'uomo è dotato naturalmente di cinque istinti che sono:

1) Istinto di nutrizione;

2) Istinto di conservazione;

3) Istinto di riproduzione;

4) Istinto di acquisto;

5) Istinto di dominio.

Questi istinti furono posti da Dio nell’uomo come elemento indispensabile alla vita di esso. Le prime pagine della Bibbia ci parlano dettagliatamente di questa meravigliosa opera divina.

Gli istinti costituivano, indirettamente, una regola divina alla quale l'uomo era chiamato ad assoggettarsi. Essi rappresentavano una legge equilibratrice simile alle tante leggi che regolano in maniera perfetta ed armonica l'universo intero.

In rapporto a questa legge, posta da Dio nell’organismo e nella personalità umana, l'uomo era guidato a provvedere al proprio sostentamento fino al limite delle sue necessità; alla propria preservazione entro la regola imposta dalla esigenza della natura; alla propria riproduzione nell'ambito di una sana e rigida monogamia, all'acquisto di quanto imposto dal suo bisogno e, al dominio sotto l'espressione del dominio di Dio. Gli istinti quindi rappresentavano una garanzia di santità individuale ed altresì un pegno di benessere collettivo.

Il peccato si è introdotto e si è sviluppato come un pervertimento degli istinti: l'istinto di nutrizione è divenuto il peccato di gola; l'istinto di conservazione è divenuto il peccato di egoismo; l'istinto di riproduzione è divenuto il peccato di adulterio; l'istinto di conquista è divenuto il peccato di avarizia e l'istinto di dominio è divenuto il peccato di orgoglio.

Nella vita istintiva degli uomini era previsto il bene individuale e quello collettivo; dal pervertimento degli istinti è nato il peccato dell'uomo e il peccato del mondo. Se osserviamo attentamente la legge di Dio, possiamo facilmente riconoscere che gli articoli di essa cercano di ricondurre l'uomo entro l’ambito di istinti sani ed equilibrati.

Quella legge che condanna la gola, l’egoismo, l'adulterio, l'avarizia e l'orgoglio chiede all'uomo di reprimere la concupiscenza, che è esattamente un'alterazione dell'istinto puro, per sottomettersi alla legge che Iddio ha suggellato in lui per il proprio bene.

Non possiamo chiudere questo capitolo senza fermarci alla magistrale definizione che Cristo da del peccato. Egli lo classifica "un debito verso Dio" (Matteo 6:12).

Questa definizione suggerisce l'idea che il peccato rappresenta un'azione di "sottrazione", cioè un'azione che provoca la necessità di una riparazione. Il peccato, in altre parole, è un prendere qualche cosa che appartiene a Dio. Può essere l'ubbidienza che dovevamo a Lui e che invece abbiamo riservata alla nostra concupiscenza, oppure l'onore che era dovuto al Suo nome e che abbiamo attribuito a noi stessi, od anche le proprietà che portavano il suo suggello e che noi abbiamo indegnamente usurpate.

Un'azione fraudolenta compiuta dall'uomo in offesa, alla personalità di Dio; questo è il peccato nella definizione di Cristo.

L’essenza del peccato, trasgressione della legge divina, in conclusione è rappresentata come la negazione del bene eterno ed infinito per una ricerca disordinata e tenebrosa del bene contingente e finito e perciò possiamo individuare il peccato in qualsiasi manifestazione attiva o passiva, interiore od esteriore che trasporta l'individuo fuori dei limiti degli istinti puri, della legge della coscienza illuminata da Dio, della legge morale della sana convivenza sociale.

Il peccato può avere le più svariate manifestazioni, può investire i più diversi aspetti della vita, ma rimane sempre costante nel suo carattere fondamentale e stabile nella sua essenza che è "negazione del bene eterno a favore di una ricerca tenebrosa e disordinata del bene contingente".

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