Il cuore afflitto del Salmo 102
William Joseph Lowe
«Il mio cuore, afflitto, inaridisce come l’erba, tanto che dimentico di mangiare il mio pane.» Salmo 102:4
— A chi si applica questo versetto?
Nei primi undici versetti di questo salmo, ed anche al versetto 23 e nella prima metà del 24, abbiamo l’espressione toccante di un uomo colpito da un profondo dolore. Questa sofferenza non emana da un sentimento di peccato. È il dolore che deriva dall’abbandono, dalla solitudine morale, perché nessuno può compatire ai suoi mali. L’uomo che lo sta provando, nella sua umiliazione profonda, sa di essere perseguitato dall’odio implacabile dei suoi nemici, che approfittano di questo momento di abbassamento per oltraggiarlo. È l’angoscia di un uomo che si deve confrontare con l’ira e con l’indignazione di Dio (anche se non ha mai commesso peccato). È il dolore di un uomo che, dopo essere stato «sollevato» in alto e poi «gettato lontano» (v.10), viene costretto ad un profondo abbassamento, colpito, abbattuto a metà del suo percorso di vita.
Questo passo della Scrittura può essere applicato solo a Gesù Cristo, al Signore considerato dal punto di vista umano. Era venuto in mezzo ai Suoi per diventare il loro Messia, il Re, ma è stato rifiutato e disprezzato. In questo Salmo, come in Giovanni 12:27, il Signore Gesù anticipa le Sue sofferenze e la Sua morte: «Ora, l’animo mio è turbato; e che dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma è per questo che sono venuto incontro a quest’ora.» (Giovanni 12:27)
«Nei giorni della sua carne, con alte grida e con lacrime egli offrì preghiere e suppliche a colui che poteva salvarlo dalla morte ed è stato esaudito per la sua pietà.» (Ebrei 5:7)
Questo Salmo è l’espressione divina dei pensieri e dei sentimenti di Cristo. Dicendo: «Non nascondermi il tuo volto nel giorno della mia sventura» (v.2), Egli vedeva in anticipo il doloroso momento in cui avrebbe gridato: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?»
Al momento di morire, il suo cuore era oppresso dal dolore; da nessuna parte veniva per lui un certo sollievo; era come l’erba che si secca a causa del sole bruciante, al punto da dimenticare i bisogni essenziale del suo corpo. Gesù visse questa realtà nella solitudine del Getsemani, quando condusse con Sé i Suoi amici, ma non trovò in loro alcuna consolazione. Vegliava, viveva l’angoscia del combattimento con il nemico e loro dormivano.
Presto sarebbero arrivati i suoi uccisori con i loro oltraggi, nell’attesa di subire l’indignazione e l’ira di Dio, nell’ultima umiliazione e nell’abbassamento della morte della croce. «Sollevato» (Egli era il Messia) e poi «gettato lontano» —innalzato e poi umiliato. Solo a Cristo possono essere applicate tutte queste parole.
Un altro aspetto, che lo dimostra in modo toccante, ci è fornito dalla seconda parte del Salmo (v. 12-22). Nella Sua angoscia, nel Suo dolore, nel Suo abbandono, vediamo Cristo rivolgersi a Dio, nella fiducia di trovare sostegno nel Padre; Egli trovava la propria consolazione nella sicurezza immutabile delle promesse di Dio per il Suo popolo. Lui sarebbe stato abbandonato, colpito, rifiutato, pur essendo il Messia promesso: ma l’Eterno ne sarebbe stato glorificato, ristabilendo il suo popolo e Gerusalemme di fronte a tutte le nazioni. Abbiamo questo stesso pensiero in Giovanni 12:27,28: «Ora, l’animo mio è turbato; e che dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma è per questo che sono venuto incontro a quest’ora. Padre, glorifica il tuo nome!» Gesù Cristo abbandona tutto, e dona Se stesso affinché il Padre sia glorificato.
Ma la terza parte del Salmo ci mostra in modo molto evidente che si tratta di Cristo (la seconda metà del versetto 24 fino alla fine). È la risposta gloriosa e ammirevole che Dio stesso fa e che l’epistola agli Ebrei (1:10-12) cita applicandola al Figlio, a Colui che si è abbassato ed è diventato un uomo per soffrire e morire. «Parlando del Figlio dice:... "Tu, Signore, nel principio hai fondato la terra e i cieli sono opera delle tue mani. Essi periranno, ma tu rimani; invecchieranno tutti come un vestito, e come un mantello li avvolgerai e saranno cambiati; ma tu rimani lo stesso, e i tuoi anni non avranno mai fine"». Egli è il Creatore dei cieli e della terra; è lo stesso ieri, oggi ed in eterno, che sussisterà anche quando i cieli e la terra passeranno. Lui, il Cristo rifiutato e disprezzato, è l’Eterno, il Creatore. Che contrasto meraviglioso e di una bellezza divina!
Vediamo così il colmo dell’umiliazione e dell’abbassamento come uomo, da un lato... e dall’altro la Sua grandezza come Dio immutabile!