Sei un aiuto o un ostacolo nell’assemblea?
Charles Henry Mackintosh
Il Messaggero Cristiano, luglio 1979
Fra tutte le grazie che il Signore ci ha conferito, una delle maggiori è il privilegio di essere presenti nell’assemblea dei suoi diletti, dove Egli ha messo il suo nome. Ogni anima affezionata a Cristo sarà felice di trovarsi dove Egli ha promesso di essere. Qualunque sia il carattere speciale della riunione, sia attorno alla tavola del Signore per annunziare la sua morte, sia attorna alla Parola per imparare a conoscere i suoi pensieri, o attorno al trono della grazia per esporgli i nostri bisogni e attingere nei tesori incommensurabili della sua bontà, ogni cuore devoto desidererà essere presente. Si può essere certi che colui il quale senza un motivo plausibile trascura il radunamento, è in un stato di anima freddo, e in una situazione spirituale delle più pericolose. La negligenza del radunamento è il primo passo su quel piano inclinato che può condurre all’abbandono totale di Cristo e dei suoi preziosi interessi (Ebrei 10:25-27).
Il mio scopo, in queste righe, non è di discutere la questione «con chi dobbiamo riunirci», che è certamente di grande importanza perché ogni cristiano, prima di prendere il suo posto in una assemblea, è responsabile di aver risolto questa questione secondo il pensiero di Dio. Andare ad una riunione senza sapere quale è il fondamento dottrinale, è un atto di ignoranza o di indifferenza incompatibile con il timore del Signore e l’amore per la sua Parola.
Ma questo non è il soggetto di cui vorrei che ci occupassimo bensì del nostro stato e della nostra condotta, questione di grande importanza morale per ogni persona che professa d’essere radunata nel nome di Colui che è il Santo e il Verace. Che ognuno di noi metta davanti al suo cuore ed alla sua coscienza questa domanda profondamente seria: «Sono io un aiuto o un ostacolo per l’assemblea?».
Legga il mio lettore, con attenzione e preghiera, il capitolo 12 della prima epistola ai Corinzi, e vi troverà chiaramente stabilita questa grande verità pratica: ogni membro del corpo esercita un’influenza su tutto il resto. Come nel corpo umano così nell’assemblea se qualche male colpisce il membro anche il più debole tutti i membri lo risentono, poiché sono tutti uniti al Capo. Un dente malato, un’unghia strappata, come un piede distorto, fanno soffrire tutto il corpo. Un muscolo o un tendine spostato, diventano una molestia per l’organismo intiero. Lo stesso è della Chiesa di Dio, Corpo di Cristo: «Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui» (1 Cor. 12:26). Lo stato di ogni membro colpisce il corpo intero, per cui ogni membro è un aiuto o un impedimento per tutti. Che verità profonda! Ora, occorre notare che l’apostolo non parla di una semplice assemblea locale, bensì di tutto il corpo, di cui, senza dubbio, ogni assemblea in particolare deve essere l’espressione. Egli dice rivolgendosi all’assemblea di Corinto: «Voi siete il Corpo di Cristo, e membra di esso, ciascuno per parte sua» (1 Cor. 12:27).
Vi erano altre assemblee, e se l’apostolo avesse dovuto scrivere loro sullo stesso soggetto avrebbe adoperato lo stesso linguaggio; poiché ciò che era vero di ognuna era vero di tutte, e ciò che era vero dell’insieme lo era pure di ogni espressione locale del Corpo di Cristo.
Questo soggetto fornisce tre motivi preziosi e potenti per una vita seria, devota e santa; il primo è che noi non dobbiamo disonorare Cristo, il Capo del corpo, al quale siamo uniti. Il secondo, che non attristiamo lo Spirito Santo che ci unisce a Cristo, ed infine che non portiamo pregiudizio «alle membra» con le quali siamo uniti.
Vi è forse qualcosa che sorpassi la potenza morale di questi motivi? Possano essi essere maggiormente realizzati fra i diletti riscattati del Signore! Una cosa è il ritenere ed insegnare la dottrina dell’unità del Corpo, e altra cosa è mostrarne la potenza santificante ed effettiva. Ahimè! La povera intelligenza umana può ragionare e speculare sulle verità più elevate, anche quando il cuore, la coscienza e la vita non sono mai stati sotto la loro santa influenza. È una cosa solenne, degna di seria considerazione.
Ci sia dato di pesarla e possa agire sulla nostra vita e sul nostro carattere! Possa la verità di «un solo corpo» essere per ogni membro di questo corpo sulla terra una grande realtà morale!
Se la gloriosa verità che ho ricordato fosse osservata nella potenza vivente della fede da tutti i diletti del Signore, allora se ne vedrebbero certamente tutti i preziosi risultati pratici. Ma desidero porre davanti al mio lettere il modo con cui le diverse riunione sono influenzate dalla condizione dell’anima, dall’attitudine del cuore e dallo stato di tutti quelli che vi assistono, non soltanto di quelli che prendono parte attiva alla riunione. Senza dubbio, una responsabilità speciale incombe su quelli che agiscono in una riunione, sia indicando un inno, sia con la preghiera o il rendimento di grazie, sia leggendo la Parola, insegnando o esortando. Dovrebbero sempre essere certi di essere chiamati da Dio e preparati da Lui per quest’azione, strumenti nella mano del Signore; altrimenti cagionerebbero pregiudizio all’assemblea tutta e ne arrecherebbero danno: potrebbero spegnere lo Spirito, essere uno ostacolo all’adorazione, interrompere la comunione, far perdere lo scopo della radunanza. Tutto ciò richiede una santa vigilanza da parte di quelli che esercitano un ministero qualunque nell’assemblea. Persino un inno può essere un ostacolo, può interrompere la corrente del pensiero ed abbassare il livello della riunione; la stessa Parola di Dio può essere letta fuori proposito. In generale, tutto ciò che non è il frutto diretto dell’azione dello Spirito in noi non può che impedire l’edificazione e la benedizione dell’insieme. Tutti devono essere diretti da un solo scopo: la gloria di Cristo nell’assemblea e la benedizione dell’assemblea in Lui. Se non è così, faranno meglio a restare tranquilli, zitti, e a rimettersi al Signore. Cristo sarà più glorificato, e l’assemblea sarà più benedetta in un’attesa tranquilla che per mezzo di una azione precipitata e di discorsi senza profitto.
Ma pur sentendo la gravità di ciò che ho detto relativamente alla responsabilità di quelli che agiscono nell’assemblea, sono certo che il tono, il carattere e il risultato generale delle riunioni pubbliche sono molto intimamente legati alla condizione morale e spirituale di ciascuno di quelli che vi si trovano.
Ogni persona in un’adunanza è un aiuto o un ostacolo, ognuno contribuisce al bene o l’impedisce. Tutti quelli che assistono alla riunione con uno spirito serio, devoto e pieno d’amore, che sono venuti per incontrarvi il Signore, che si riuniscono dove si trova il suo prezioso Nome, che si rallegrano di esservi perché Egli vi si trova, sono un aiuto e una benedizione nell’assemblea. Voglia il Signore aumentare il numero di queste anime! Se tutte le assemblee si componessero di tali elementi, che testimonianza renderebbero! Non è questione di dono o di conoscenza, ma di grazia, di vera pietà e di preghiera. Si tratta semplicemente della condizione d’animo nella quale dovrebbe essere ogni figlio di Dio e ogni servitore di Cristo, e senza la quale i doni più brillanti e la conoscenza più estesa sono un ostacolo e un laccio. I doni e l’intelligenza, senza una coscienza esercitata e senza il timor di Dio, possono essere adoperati dal nemico per la rovina morale delle anime; ma dove esiste la vera umiltà, con quella serietà e quella realtà che il sentimento della presenza di Dio produce sempre, là — che vi siano o no dei doni — voi troverete certamente la profondità, la freschezza e lo spirito di adorazione.
Vi è un’immenza differenza fra un concorso di persone radunate attorno ad un uomo dotato, e un’assemblea riunita semplicemente nel Nome del Signore, sul fondamento dottrinale dell’unità del corpo. Se si è radunati solo perché c’è un ministero autorevole e influente ed esso un giorno sparisca, si è portati ad andarsene con lui; ma quando delle anime serie, sincere e devote, sono radunate semplicemente attorno al Signore, pur essendo riconoscenti per un vero ministero, se possono goderne, tuttavia non dipendono da esso. Esse non disistimano il dono, ma apprezzano di più il Donatore. Sono felici per i ruscelli in cui trovano un rinfresco ma si affidano solamente alla sorgente.
Si vede sempre che quelli che possono essere felici e benedetti nelle riunioni senza un ministero insigne, sono anche quelli che l’apprezzano di più, quando esiste. Ma le anime che annettono un’importanza eccessiva ai doni, che sono sempre pronte a lagnarsi quando mancano, e che non possono, senza di essi, godere di una riunione, sono un ostacolo e una sorgente di debolezza nell’assemblea.
Se veniamo all’assemblea in uno stato di animo freddo, duro, indifferente; ovvero, se veniamo per formalismo, senza esserci giudicati, senza essere esercitati nella nostra coscienza, con un cammino che non è stato giudicato; se veniamo per trovare i difetti negli altri, con uno spirito di malcontento e di lagnanza, giudicando tutto in tutto eccetto che in noi stessi, allora certamente siamo un impedimento serio alla benedizione, e la riunione sarà senza profitto e senza godimento. Noi siamo come l’unghia strappata, il dente malato, il piede distorto. E ciò è doloroso e umiliante. Ci sia dato d’essere vigilanti a questo riguardo, e di pregare per essere guardati da un tale stato!
Ma quelli che vengono nell’assemblea con uno spirito d’amore e di grazia, lo Spirito di Cristo, che si rallegrano con semplicità d’incontrare i loro fratelli, sia alla Tavola del Signore, sia alla sorgente ristoratrice della Scrittura, sia per la preghiera; che nelle profonde affezioni dei loro cuori abbracciano tutti i membri del Corpo di Cristo; che non hanno gli occhi oscurati né le affezioni raffreddate da sospetti, da supposizioni malevole o da sentimenti poco amabili verso quelli che li circondano; che hanno imparato da Dio ad amare i loro fratelli, a considerarli «dalla sommità dell rocce», e a vederli nella «visione dell’Onnipotente»; che sono pronti ad approfittare di tutto ciò che il Signore di grazia manda loro, anche quando non è per mezzo di qualche dono eminente o di qualche dottore favorito; tutti costoro sono una benedizione di Dio per l’assemblea. Voglia Dio aumentarne il numero! Se tutte le assemblee fossero composte solo di tali persone, vi si respirerebbe l’atmosfera del cielo. Il nome di Gesù sarebbe come un profumo sparso; con ogni occhio fisso su di Lui e ogni cuore assorto in Lui sarebbe resa al suo Nome ed alla sua presenza in mezzo a noi una testimonianza più potente di quella che potrebbe rendere il dono più brillante.
Che il Signore spanda la sua benedizione su tutte le assemblee nel mondo intero. Le liberi Egli da ogni impedimento, da tutto ciò che è un peso, una pietra d’inciampo, una radice d’amarezza! Possano tutti i cuori essere legati l’uno all’altro per mezzo d’una dolce fiducia e d’un vero amore fraterno!
Il Signore voglia coronare con le sue più ricche benedizioni i lavori di tutti i suoi diletti servitori vicini e lontani rallegrando i loro cuori e fortificando le loro mani, dando loro d’essere fermi ed irremovibili, sempre abbondanti nella Sua opera benedetta, e con la certezza che la loro fatica e il loro lavoro poiché è fatto «nel Signore» non è vano!