IL CRISTIANESIMO È ESPERIENZA
di Roberto Bracco
I demolitori più tenaci del cristianesimo sono coloro che lo accettano senza penetrarlo. Quando il cristianesimo è vissuto superficialmente non è vissuto affatto ed anzi è oltraggiato e rovinato.
Il cristianesimo non si può rovinare e demolire in senso assoluto, ma si può offendere attraverso una testimonianza insincera e perciò coloro che si dichiarano cristiani, ma vivono soltanto alla superficie del cristianesimo possono essere definiti, a causa della loro ambigua posizione, i demolitori del cristianesimo.
Non ci stancheremo mai di ripetere che il cristianesimo nell’individuo inizia da una vera esperienza cristiana.
Cristo si offre all’uomo, nell’opera della croce, per dare il perdono dei peccati, la giustificazione, la rigenerazione. Accettare Cristo significa quindi ricevere con Lui una nuova vita: i peccati vengono coperti dal sangue del Calvario, le colpe vengono sostituite dalla giustificazione e la natura fragile e peccaminosa viene mutata in una nuova, gloriosa e potente natura di vita.
E’ un trapasso così profondamente rivoluzionario da invertire interamente la personalità dell’individuo; è un trapasso che non può avvenire senza essere avvertito da colui che lo esperimenta e senza essere veduto da coloro che vivono con lui.
Noi crediamo perfettamente alla salvezza accettata per fede che non cerca e non vuole la conferma delle emozioni umane, ma crediamo con altrettanta fermezza che la salvezza, la vera salvezza, significa esperienza che va oltre le emozioni perché si manifesta nella totale trasformazione della personalità umana e nel completo mutamento della condizione spirituale e morale dell’individuo.
Il credente che diventa migliore o che accetta intellettualmente una verità ignorata o, addirittura, che pensa di perfezionare la sua posizione cristiana con un atto liturgico od ecclesiastico non può affermare sinceramente di aver posto il fondamento del “suo cristianesimo” sopra un’esperienza cristiana.
I buoni propositi non rendono cristiani e neanche la conoscenza rende cristiani. Appartenere ad una comunità o ad una famiglia cristiana non rende cristiani e neanche il battesimo visto esclusivamente come pratica liturgica rende cristiani. Si diventa cristiani soltanto attraverso un’esperienza cristiana.
Molti membri di comunità cristiane e forse anche molti predicatori dell’Evangelo dovrebbero oggi cominciare col riconoscere che il loro cristianesimo è privo di un vero fondamento. Essi non hanno esperimentata la potenza del sangue e l’opera rigeneratrice della grazia, benché hanno accettato con convinzione profonda il messaggio dell’Evangelo. Sono passati dall’ignoranza alla conoscenza; dall’errore alla verità; forse dall’immoralità alla moralità, ma non sono mai passati dalla carne allo spirito, dal mondo a Dio, da Satana a Cristo.
Queste dichiarazioni possono sembrare eccessive e, sotto un certo punto di vista, incoerenti, ma vogliamo chiarire che quando parliamo di conoscenza, di verità e di moralità parliamo di quelle conquiste fatte fuori della grazia e perciò di quelle conquiste teoriche, relative, intellettuali che sono anche sterili nei confronti del piano divino. Coloro che non sono andati oltre queste conquiste dimorano realmente nell’ambito del mondo e sotto l’influenza di Satana, il quale è anche disposto a farci vedere la verità se riesce però a non farla penetrare nel nostro cuore con la sua azione rigeneratrice.
La prova più evidente di questa dolorosa condizione esistente nel seno della comunità c’è data dalla debolezza delle comunità. Le comunità sono composte di credenti e se questi credenti fossero realmente cristiani, cioè individui la cui vita è poggiata sopra il fondamento di una reale esperienza cristiana, le comunità sarebbero traboccanti della potenza dello Spirito che scaturisce e sgorga da tutti coloro “che hanno creduto e credono nel Cristo” (Giovanni 7:38).
La potenza dello Spirito ci farebbe vedere l’amore vivo in azione nella comunità, ci farebbe vedere il ministero soprannaturale all’opera fra i fedeli, ci farebbe vedere la santificazione in progresso in tutti i credenti. Ma queste cose non si manifestano in maniera esuberante perché le comunità sono oppresse da debolezza spirituale.
Si cerca, si tenta con i più ingegnosi espedienti di surrogare le manifestazioni di potenza dello Spirito senza comprendere che questi ingenui tentativi rappresentano, da loro stessi, una dichiarazione della debolezza della comunità. Bisogna comprendere anche al di là di questo e cioè che la debolezza della comunità esprime soltanto la debolezza dei membri e che la debolezza dei membri ci dice della mancanza di una reale esperienza cristiana.
In questa generazione si sta verificando, in proporzioni più minuscole, quello che si verificava nella chiesa cristiana del IV secolo. Il decreto dell’imperatore Costantino che più che segnare la fine della persecuzione contro i cristiani, cercava di dar lustro e gloria alla chiesa, incoraggiò tutti i cortigiani e quanti desideravano mantenere i favori dell’imperatore e dei suoi collaboratori vicini e lontani, a compiere un ingresso trionfale nel seno di quella medesima chiesa che avevano insultata e vilipesa. La chiesa, purtroppo, impreparata forse, a questo avvenimento imprevisto aderì ad accettare i numerosi membri attraverso la porta della liturgia, anziché quella dell’esperienza: ci furono migliaia di battesimi, ma rarissime conversioni.
Il mondo, il peccato, la carne e il diavolo entrarono nella chiesa per compiere attraverso ” testimoni falsi ” cioè attraverso credenti che non credevano, o attraverso cristiani che non avevano fatta un’esperienza cristiana, un’opera di demolizione ai danni del cristianesimo.
L’esempio, tenuto conto delle proporzioni, è aderente alla realtà ed è ormai giunta l’ora che ci poniamo francamente questo problema per migliorarlo davanti a Dio.
È necessario predicare francamente il consiglio divino e proclamare, senza reticenze o esitazioni che il cristianesimo inizia soltanto con un’esperienza cristiana.
È necessario che si dica, anche a coloro che sono divenuti membri di chiesa in maniera impropria che tutti hanno bisogno di esaminare la propria condizione spirituale in profondità.
È necessario scoraggiare le presuntuose mire ecclesiastiche che vorrebbero il progresso del cristianesimo sul piano del successo numerico a danno dell’esperienza cristiana. È assolutamente colpevole il sentimento di porre il crisma dell’ufficialità ecclesiastica all’ingresso di quei membri che possono accrescere il numero fisico delle persone, ma non possono rendere più evidente e luminosa la testimonianza cristiana.
L’argomento merita esame più esteso e più profondo, ma nella speranza di tornarci di nuovo vogliamo chiudere questo povero articolo con la raccomandazione di ben ponderare le conclusioni esposte.