La Religione chi il diavolo ti vuole dare
di Roberto Bracco
“E Faraone chiamò Mosè e disse: Andate, servite al Signore; solo le vostre greggi e i vostri armenti saranno fatti restare; le vostre famiglie anche andranno con voi” (Esodo 10:24).
Presentazione
Capitolo 1 – Il diavolo non ti impedirà di avere una religione
Capitolo 2 – Una religione nel mondo
Capitolo 3 – Una religione vicina al mondo
Capitolo 4 – Una religione con gli affetti del mondo
Capitolo 5 – Una religione con i beni del mondo
Capitolo 6 – Un appello… – NATALE
PRESENTAZIONE
Il contenuto di questo opuscolo è semplicemente la ricostruzione di un sermone; ho cercato di servirmi della memoria di rimanere fedele a quanto predicato, soprattutto nell’evitare di togliere od aggiungere concetti al messaggio, affinché possa giungere ai lettori nella stessa forma in cui è giunto agli ascoltatori
C’è una sola ragione che spiega la pubblicazione di questo scritto: il desiderio di partecipare ai credenti una meditazione relativa ad un soggetto sempre di attualità e sempre trascurato. Non c’è quindi la presunzione di dire una parola nuova, ma c’è l’intenzione di replicare una parola la cui eco si è spenta nella coscienza di molti.
Voglia iddio benedire l’umile ed imperfetta fatica e renderla una benedizione ad ogni lettore attento.
“IL DIAVOLO NON TI IMPEDIRÀ DI AVERE UNA RELIGIONE”
Faraone era un “nemico vinto” eppure non era un “nemico convinto”. La potenza dell’Iddio di Israele si era abbattuta sopra di lui in giudizio eppure egli continuava a sperare di poter trattenere il popolo d’Israele. Forse Faraone si sentiva anche vinto da Dio, ma non era convinto che Israele sarebbe riuscito a sfuggire al suo potere e per questa ragione fino all’ultimo ed anche dopo egli cercò, ma invano, di mantenere il suo dominio sopra i figli della redenzione. Il potente monarca d’Egitto sapeva usare minacce e poteva usare forza, ma per cercare di trattenere il popolo del Signore egli usò, assieme a queste cose, il proprio accorgimento diplomatico e la propria astuzia.
Il dominatore crudele e prepotente giunse fino al punto di dichiararsi tollerante, anzi favorevole alla religione degli Israeliti a condizione, naturalmente, che questi avessero rinunciato al pensiero della libertà. Su questo piano faraone esercitò la sottile ed insidiosa arte diplomatica accordando concessioni che mentre sembravano favorire il culto a Dio, cioè la religione, sostanzialmente la impedivano ostacolando il piano di libertà che Dio aveva preparato per il Suo popolo.
Nel potente oppressore percorso da Dio e che continua ugualmente a levare il suo pugno contro Dio possiamo facilmente individuare il simbolo del diavolo, cioè del potente avversario che è stato già vinto al calvario, ma che ancora non è CONVINTO di dovere perdere un popolo redento dall’Eterno.
Forse anche il diavolo si sente vinto dalla potenza di Dio, ma non è convinto di dover rinunciare alla lotta perché spera che la “nostra debolezza” possa essere sopraffatta dal suo furore o dalle sue astuzie. Comunque, una cosa è certa: egli continua a combattere e proprio come Faraone cerca di mantenere il suo dominio offrendo “UNA RELIGIONE” in cambio della libertà. Il nemico infernale è disposto a farci avere una “RELIGIONE”, anzi è pronto ad offrircene egli stesso una tagliata e cucita secondo un modello concepito negli antri tenebrosi dell’errore, ma non è favorevole a farci godere la “REDENZIONE” che ci è stata portata da Gesù Cristo.
È stato detto che la religione non salva e questa frase che scandalizza molti ha un valore particolare in riferimento al nostro soggetto: se la “religione” non è una stessa cosa con la “redenzione” serve soltanto ad illudere e a far precipitare nell’abisso della perdizione.
Appartenere ad una comunità o ad una denominazione; possedere un nome od un credo; esercitare delle formalità liturgiche, devozionali, ecclesiastiche non giova all’anima se l’anima non è redenta e non vive sotto il sangue del Calvario.
Il diavolo sa bene tutto ciò ed è per questo che non ostacola nessuno che voglia soltanto una religione e quasi quasi si può pensare che molte fra le moltissime religioni che esistono nel mondo rappresentano merce che viene direttamente dall’inferno. Infatti non sono rari coloro che dicono: “tutte le religioni sono buone”; questi sono gli abituali clienti del diavolo che li favorisce arricchendo il mercato di articoli per tutti i gusti e per tutte le esigenze: c’è la religione per il superbo, la religione per l’avaro, forse anche la religione per il miscredente.
Il diavolo non v’impedirà mai di avere una religione, ma vi contrasterà sempre per farvi perdere la redenzione, perché la religione può essere soltanto una “FORMA DI PIETA’” ma la redenzione è la “libertà”.
John Wesley, lo strumento usato da Dio per il glorioso risveglio inglese che allora fu chiamato dai “metodisti”, fece un sogno che rappresenta una magistrale illustrazione del nostro soggetto. Egli si trovò alla porta del paradiso e, pieno di ansiosa trepidazione, si avvicinò all’angelo che ne custodiva l’ingresso e chiese: – Ci sono metodisti in questo luogo? L’angelo rispose laconicamente: No!
Con spiegabile angoscia il grande revivalista chiese ancora: – Allora ci sono anglicani?
E L’angelo ancora una volta disse: No!
Ci sono forse cattolici romani? – Aggiunse timidamente Wesley.
Per la terza volta l’angelo fece risuonare un deciso no.
Ma allora, concluse il grande servo del Signore, chi sono coloro che si trovano in questo luogo?
L’angelo dell’Eterno con solennità rispose: – Tutti coloro che sono entrati in paradiso si chiamano CRISTIANI e sono lavati nel sangue dell’Agnello.
Possiamo essere membri di una qualsiasi denominazione, ma se non siamo cristiani e non viviamo sotto il sangue del “PATTO ETERNO” non avremmo accesso nel Regno della gloria.
Il diavolo non farà nulla per impedirci di avere una religione, ma tenterà ogni mezzo per non vederci liberi ed in cammino verso la terra promessa. Anzi egli ci farà le proposte che Faraone fece ad Israele, cioè ci offrirà le sue religioni per continuare a possederci a mezzo di esse; il diavolo ci dirà, come il monarca d’Egitto disse agli Israeliti:
– Andate, offrite sacrifici al vostro Dio nel paese (Esodo 8:25).
– Vi lascerò andare…soltanto non andate troppo lontano (Esodo 8:29).
– Andate voi uomini… (Esodo 10:11)
– Andate…rimangono i vostri greggi e i vostri armenti (Esodo 10:24)
Le intenzioni del diavolo sono chiare anche dietro le sue sottili astuzie; egli ci offre una o tutte queste religioni:
– Una religione NEL MONDO
– Una religione VICINA AL MONDO
– Una religione con i LEGAMI AFFETTIVI DEL MONDO
– Una religione con i BENI E LE FACOLTA’ DEL MONDO.
Sono religioni: offrono la possibilità di pregare, adorare, credere, ma nessuna fra queste permette realmente di godere la “Redenzione” che accompagna ed introduce nell’eredità del Signore. Al diavolo che ci offre una religione dobbiamo saper dare una sola risposta: Cristo è venuto dal cielo per offrire la libertà e noi vogliamo incamminarci nel cielo e giungere fino a Colui che è disceso quaggiù per farci partecipi di una eredità lassù. –
Per dare questa risposta con fermezza e decisione dobbiamo, prima di tutto, avere nel cuore una sete ardente di Dio e della Sua giustizia, e poi una conoscenza precisa delle astuzie del diavolo che è il Faraone dei nostri giorni, colui dal cui laccio siamo stati liberati per il sacrificio del Calvario. Per approfondire questa conoscenza consideriamo da vicino le offerte conciliative di Faraone che sono una figura precisa delle religioni che il diavolo ci vuol dare per legarci al suo carro e toglierci la libertà di figli di Dio.
UNA RELIGIONE NEL MONDO
“Offrite sacrifici al vostro Dio nel paese…”
La prima proposta di Faraone a Mosè può essere definita: L’OFFERTA DI UNA RELIGIONE NEL MONDO.
L’astuto monarca non si oppone all’esercizio di un culto o alla pratica di una liturgia, ma vuole che il popolo d’Israele rimanga in Egitto. Anche il diavolo viene a noi con la stessa offerta e dice: – Potete avere la vostra religione; anzi scegliete pure la denominazione più gradita al vostro cuore: confessatela, praticatela, predicatela…, MA RIMANETE NEL MONDO.
Cristo è venuto per liberarci dal mondo; il diavolo ci combatte per farci rimanere nel mondo; Cristo è venuto per offrirci la “Redenzione”, ma il diavolo ci propone una religione che ci mantenga nella schiavitù, cioè sotto il suo diretto dominio.
Abbiamo veduto in ogni luogo e in ogni epoca intere folle di religiosi vivere nel mondo e assieme al mondo e questo ci dimostra che si può facilmente avere una religione e rimanere nel mondo; Il nome della religione può anche cambiare e non essere soltanto “Cattolica”, “Anglicana” o “Metodista”, per riferirci alle domande di John Wesley all’angelo, ma può essere Battista, Luterana, Episcopale, Pentecostale…: un‘etichetta non indica sempre il contenuto di un recipiente.
Il diavolo viene a noi e ci dice: Vuoi essere religioso? Vuoi essere membro di chiesa? Vuoi appartenere ad una comunità Pentecostale? Puoi esserlo liberamente, anzi io ti aiuterò ad essere attivo, zelante e fervente…a condizione però che tu rimanga nel mondo. E se noi siamo disposti a seguire la corrente del “presente secolo” e a rimanere schiavi delle consuetudini e dei piaceri mondani, il diavolo firmerà un patto di pace con noi e ci permetterà di avere i “nostri articoli di fede”, la nostra liturgia, le nostre attività ecclesiastiche e religiose” continuando però ad annoverarci fra i cittadini del suo regno di tenebre e di peccato.
Purtroppo, molti, in ogni secolo, hanno accettato questo accordo infernale e anche nella nostra generazione non sono pochi coloro che sono scesi a patti col diavolo, e se noi vediamo chiese o credenti contaminati dalla mondanità imperante è soltanto perché il “triste trattato” è stato concluso.
Faraone è riuscito a convincere che è possibile offrire sacrifici a Dio “nel paese” e per questa ragione incontriamo moltitudini di persone, di ogni confessione denominazionale, non esclusa quindi quella Pentecostale, che fanno professione di un cristianesimo pur accettando e vivendo quelle realtà visibili che sono in aperto contrasto col cristianesimo.
Ma se vogliamo godere la redenzione cristiana dobbiamo essere decisi nel resistere al diavolo e nel dirgli come Mosè disse a Faraone: – “Non è convenevole far così…” Colui che è venuto a redimerci vuole che usciamo dal mondo e dalle contaminazioni; Egli ci ripete con le parole del profeta: – “Esci di fuori Babilonia: o popolo mio ed io ti accoglierò”.
Noi non siamo più del mondo perché siamo stati liberati dal mondo per essere costituiti pellegrini del cielo; senza una città stabile e senza un luogo fisso di dimora dobbiamo seguire il Figlio dell’uomo che non è del mondo e che del mondo ha rifiutati i piaceri, la ricchezza e la gloria.
Il pellegrinaggio impone la rinuncia ad una residenza ferma e perciò non può essere accettato ed esercitato da coloro che vogliono rimanere nel paese e vivere dove hanno sempre vissuto. Abramo, per essere pellegrino di Dio accettò di lasciare Ur dei Caldei perché quel paese idolatra non poteva essere culla della sua fede. Oggi coloro che vogliono essere cristiani devono rifiutare l’offerta del Faraone infernale e devono uscire totalmente, incondizionatamente da quel luogo di schiavitù e di contaminazione che la Scrittura chiama “mondo” oppure “presente secolo”; soltanto dopo aver lasciato alle spalle il luogo della schiavitù e aver deposte le catene spezzate, il credente potrà rendere un culto di adorazione puro al nome dell’Eterno.
“Offrite sacrifici al vostro Dio nel paese…” continua a dire il diavolo e nel dire questo non manca di sottolineare i vantaggi collegati alla sua proposta. Egli ci farà vedere che senza rinunciare alla religione potremmo avere una esistenza tranquilla e priva dei disagi del pellegrinaggio, ci farà anche vedere che “nel paese” potremmo continuare a godere i beni ed i frutti che si trovano in esso e cioè “la carne” gli “agli” i “poponi” e le “cipolle”.
Nella “fiera della vanità” c’è merce per tutti e Faraone sa di poter riuscire nei suoi intenti quando presenta la “superbia della vita” e la “concupiscenza della carne e degli occhi” e i “piaceri del secolo” e poi la “gloria”, la “ricchezza, “le voluttà”, “la moda”, “lo sfarzo”, queste cose possono continuare ad essere vostre e assieme a queste cose, egli dice, potete avere la vostra bella religione; potete dividere il vostro tempo fra il cielo e la terra, fra le cose dello spirito e quelle della carne, fra l’adorazione al vostro Dio ed il servizio a me.
Vinti da queste parole seduttrici, i cristiani mondani aumentano ogni giorno e la religione per essi si trasforma in un comodo annuncio che lascia loro tutte le comodità del presente secolo e non toglie la possibilità di avere… la illusione della vita eterna. Essi non pensano che se questa ibrida unione fosse possibile, il Signor Gesù avrebbe lasciato al giovane ricco quelle ricchezze che costituivano l’unico legame alla sua vita di religioso verso la libertà; anche quel giovane avrebbe ricevuta la concessione di offrire sacrifici a Dio “nel paese” di Faraone e quindi, nell’esercizio di una vita moralmente ineccepibile, avrebbe compiute le pratiche devozionali necessarie a rendere concreta la sua pietà di credente.
Ma Gesù Cristo fece chiaramente comprendere a quel giovane, come d’altronde ad ogni candidato al regno dei cieli, che la schiavitù è inconciliabile con la libertà e di conseguenza che una religione che ci lascia sotto il dominio del principe di questo secolo non può avere comunione con la “redenzione cristiana”.
Il Redentore è venuto per chiamare fuori di “Babilonia” coloro che vogliono portare i vasi del Signore, anzi che vogliono essere loro stessi vasi all’Eterno, e se Egli è uscito al Calvario con il legno dell’obbrobrio sulle spalle, lo ha fatto per darci la possibilità di seguirLo fuori anche di Gerusalemme, città della religione, ed essere con Lui, assieme a Lui crocifissi al mondo.
Una decisione s’impone: – Uscire o rimanere! La decisione ci fa cristiani o ci allontana da Cristo; se usciamo fuori dal mondo per seguire Colui che non è stato del mondo, noi siamo veramente redenti e godiamo la libertà di un cristianesimo autentico; se invece rimaniamo nel paese, noi siamo soltanto “sedicenti cristiani” ed anche se arriviamo a rivestire l’apparenza della pietà, non abbiamo, non possiamo avere in noi la potenza di essa.
Uscire o rimanere! Rimanere significa rendersi amici del mondo; significa essere adulteri nella presenza di Dio; significa anche amare il mondo e le cose che sono nel mondo, quindi significa non avere l’amore del Padre. Rimanere equivale a respingere il Calvario; è inutile sottilizzare intorno alle opere di quelli che RIMANGONO; è inutile far notare che la loro vita è schiava della vanità, schiava dei piaceri e dei vizi del presente secolo, schiava delle mode e delle consuetudini del mondo… È più semplice dire: – Hanno respinta la croce!
Se le donne cercano i cosmetici ed i belletti e se sono ossequenti ai dettami dell’arte dell’acconciatura o del vestiario, è soltanto perché sono rimaste nel paese, hanno rifiutata la redenzione. Se gli uomini cercano di conciliare la religione con gli spettacoli artistici o sportivi, se ancora sono sotto il dominio dei vizi comuni a tutti, è perché non sono usciti dal mondo.
Quindi, ripetiamo, è inutile analizzare queste spicciole manifestazioni di mondanità per arrivare a quelle ancora più sottili o più vaste come la cupidità della ricchezza, della fama, della gloria… Tutte queste cose esistono e tutte si trovano dove non è stata fatta una decisione positiva di fronte a Cristo.
“NON È CONVENEVOLE FAR COSI’…” disse Mosè a faraone; “Non è convenevole far così”: dobbiamo decisamente dire di no al diavolo; questa religione nel mondo ci vuol togliere la redenzione cristiana e noi non possiamo, non dobbiamo accettarla.
UNA RELIGIONE VICINA AL MONDO
“… non andate troppo lontano…” (Esodo 8:23)
Il diavolo non ha soltanto un’offerta e non dispone soltanto di una religione, e a coloro che rifiutano la prima offerta e la prima religione egli è pronto a presentare una proposta maggiormente conciliativa. Lo scopo dell’inferno è quello di tenere gli uomini lontani dall’eredità di Dio e pur di raggiungere questo scopo il tenebroso Faraone è pronto a sfruttare tutte le concessioni e tutti gli accordi: dopo una religione “NEL” mondo, egli offre una religione “VICINA” al mondo.
Uscite pure dalla città, sembra dire il nemico infernale, separatevi dal presente secolo e andate dove volete ad esercitare la vostra religione e ad offrire il vostro culto, ma… non andate troppo lontano.
Egli non vuole perdere di vista i suoi schiavi e non vuole che i suoi schiavi perdano di vista la città; soprattutto egli vuole averli a “portata di mano” per poterli ricondurre in qualsiasi momento entro i suoi confini, o vuole che essi stessi si sentano riattivati in qualsiasi ora verso il luogo dal quale sono temporaneamente usciti. Insomma, vuole concedere una libertà che mantenga i “redenti” entro la fascia d’attrazione magnetica del mondo affinché presto o tardi siano obbligati a rientrare e a cadere di nuovo sotto il potere dispotico del crudele signore del male.
“NON ANDATE TROPPO LONTANO”
È impossibile servire Iddio rimanendo nel mondo, ed è, oltre che improduttivo, pericoloso avere una religione troppo vicina al mondo. Il piano di Dio non prevede soltanto la liberazione dal paese d’Egitto, ma anche e soprattutto una marcia verso la terra di Canaan; uscire dai confini del paese di Faraone per poi rimanere nei sobborghi di quella terra oscura, significa rigettare il piano dell’amore di Dio… e significa anche ricadere inesorabilmente sotto la podestà del diavolo.
Per questa ragione Faraone continua a dire: – Uscite, dal mondo, abbiate la vostra religione, esercitatela, ma non andate troppo lontano…È conveniente che rimaniate presso le mura della città affinché vi sia facile ritornare.
Ma dei pellegrini di Dio è scritto: – Che dimostrano che cercano una patria celeste e non si ricordano di quella da dove sono usciti. (Ebrei 11: 14-15).
Un cristianesimo vissuto alla periferia del mondo; un cristianesimo attendato in vista del presente secolo non è il cristianesimo di colui che ha detto: – Chi vuol essere mio discepolo, prenda la sua croce in spalla e MI SEGUA! Gesù Cristo è venuto a liberare dal mondo, a fare uscire gli uomini dal mondo e poi ad ALLONTANARE ogni giorno di più i credenti dalle vane realtà visibili del mondo, SEGUIRE LUI vuol dire infatti camminare verso il paese dell’eternità eredità della gloria, verso la Gerusalemme celeste.
Rimanere presso i confini del paese d’Egitto vuol dire invece avere sempre comunione con la vita del paese, perché quando non si manifesta altro si manifesta la concupiscenza degli occhi. Lo spettacolo seducente del presente secolo continua ad attirare e ad assorbire l’attenzione di quei “redenti” e la stessa opera di redenzione rimane paralizzata in loro e rimangono lì, sotto la sorveglianza del diavolo e quindi ancora sottoposti alla sua malefica influenza.
L’attenzione volta verso il mondo rappresenta un pericolo per il cuore del fedele perché può sempre recare le nefaste conseguenze che recò un giorno nella vita di una fanciulla ebrea. Ricordiamoci di Dina, figliuola di Giacobbe che fu mossa da “curiosità” fino ad uscire dal suo accampamento e ad avvicinarsi all’abitato Sichemita per “osservare le donne del paese”.
Era una caratteristica curiosità femminile nella quale naturalmente non mancava un pizzico di vanità ed una dose di ambizione; forse voleva vedere come si adornavano e si abbigliavano le fanciulle Sichemite; forse voleva “rubare qualche idea per abbellire il suo vestiario” o l’acconciatura dei suoi capelli. Una curiosità, soltanto una curiosità!
La conseguenza di quella curiosità fu terribile per Dina che in quel giorno fu derubata della “sua purità”, e fu anche terribile per la sua famiglia che fu sconvolta dal dolore e dal turbamento. L’episodio che appare nella storia di Giacobbe riappare continuamente nella storia delle comunità e non sono poche le fanciulle ed i giovani che come Dina, per la curiosità di andare a vedere i costumi del mondo, per il desiderio di imparare dal mondo, perdona la loro verginità spirituale ed introducono il turbamento nella famiglia cristiana.
Queste manifestazioni di morbosa curiosità sono rese possibili soltanto quando le chiese o i credenti sono accampati vicino a Sichem: stare fermi vicino al mondo significa subire l’influenza e l’attrazione del mondo. Le chiese che stanno ferme, i credenti che non muovono i passi verso il cielo continuano a vivere nelle realtà visibili anche se formalmente hanno varcata una porta e sono usciti da una città; per uscire veramente ed interamente non basta un atto interiore, ma ci vuole una decisione interiore.
La moglie di Lot era uscita da Sodoma assieme a suo marito e alle sue figliuole, ma aveva lasciato nella città del peccato il suo cuore pieno di concupiscenza; purtroppo non riuscì ad andare molto lontano e non arrivò mai nel luogo della salvezza.
I sermoni non saranno mai troppo severi e le esortazioni non saranno mai eccessivamente infuocate per coloro che desiderano giungere al cielo cioè per coloro che rifiutano una religione vicina al mondo, ma per quanti si lasciano convincere dall’offerta del diavolo non ci vogliono prediche troppo rigorose perché essi hanno bisogno di “dottori secondo i loro propri appetiti” che diano il permesso di rimanere nei sobborghi del presente secolo.
Un giorno o l’altro essi saranno nuovamente assorbiti dal mondo, ma questo avverrà senza che essi se ne accorgano, e quando se ne accorgeranno sarà troppo tardi, troppo tardi! Serviamoci anche qui di una brillante illustrazione biblica, quella che ci viene fornita dalla vita di Lot.
Il nipote di Abramo un giorno prese una decisione sbagliata: separarsi da suo zio ed incamminarsi nella fertile pianura di Sodoma e Gomorra. La sua decisione era scaturita da povere considerazioni umane e terrene ed oltre tutto rivelava egoismo ed avarizia.
Lot non prese soltanto una decisione sbagliata; egli, assieme alla sua famiglia, diresse la sua marcia verso le due empie città che aveva vedute in lontananza. Di tappa in tappa egli attendò il suo accampamento sempre più vicino all’iniqua città di Sodoma ed un giorno giunse purtroppo proprio ai confini del paese.
Ormai la distanza era brevissima e la piccola carovana di pellegrini poteva vedere dalle proprie tende tutto quello che si faceva nella città. Potevano seguire le donne nel loro lavoro alle macine o nei loro servizi esterni; potevano vedere gli uomini nelle loro attività artigiane o nei loro commerci.
Forse il fervore della città, la comodità ed il conforto delle case in muratura, le attrattive della vita sociale esercitarono una forte influenza sopra la famiglia di Lot e non fu troppo ardito pensare che un giorno fu tenuto un consiglio domestico. Possiamo anche pensare che soprattutto le ragazze e la loro mamma caldeggiarono l’idea di associarsi con la popolazione di quella città alla quale ormai appartenevano sentimentalmente.
Perché, avranno probabilmente detto, essere esposti alle intemperie che rovinano e strappano continuamente le nostre tende? Perché bruciarsi di caldo di giorno e consumarsi di gelo di notte? Perché essere sempre nomadi, sempre in movimento, privi di ogni conforto? La città è vicina, è aperta anche per noi, ci offre tutti i suoi conforti: entriamo entro le sua mura!
La conclusione di quel consiglio di famiglia è noto: – Un giorno le tende del “pellegrino” furono arrotolate ed arrotolate per sempre ed egli, con tutta la sua famiglia, entrò nella città sopra la quale pesava l’ira di Dio. In quella città fece esperienze amare e alla fine perse beni, famiglia, moralità perché… una strada sbagliata lo aveva portato “vicino alle proprietà del diavolo”.
Anche Lot, l’uomo che conosceva Dio e che la Bibbia definisce “uomo giusto” fu attirato dalla potenza magnetica del “presente secolo” al quale aveva avvicinate le sue tende, e perciò non possiamo meravigliarci se oggi tanti credenti, meno solidi di quel patriarca, meno stabili vengono assorbiti dal mondo dopo avere indugiato lungamente nelle vicinanze di esso.
“NON ALLONTANATEVI TROPPO”! Il diavolo apre le porte, scioglie le catene di rame, ma lega i credenti con i sottili fili di seta di una “religione vicina al mondo”. Sono soltanto fili sottilissimi, qualche volta invisibili: i fili di amicizie profane, di conversazioni oscene; i fili di letture malsane, di piaceri che esistono nelle zone fra il lecito e l’illecito; i fili delle abitudini mondane, delle mode, del lusso, delle ricchezze… cento, mille fili che non permettono il cammino verso la gloria, che non consentono di mirare le realtà invisibili del regno perché piuttosto mantengono davanti agli occhi le mura della città dalla quale erano usciti.
Una religione vicina al mondo non asseconda i piani di Dio; il cristianesimo è uscir fuori dalle mura di Faraone e poi allontanarsene; allontanarsene, allontanarsene sempre più fino ad arrivare in quella che è la vera città dei santi: il cielo della gloria. Per contrastare la perfida insidia del diavolo dobbiamo essere decisi come Mosè o fedeli come Enoch, il quale non si accontentò di incontrare Iddio, ma camminò costantemente con Lui per trecento anni, cioè fino al giorno che fu accolto nelle stanze eterne senza attraversare il fiume gelato della morte.
È bello parlare di Enoch perché la sua vita rappresenta una lezione in riferimento a questo soggetto spirituale. Enoch visse la sua vita, prese moglie, ebbe figliuoli, si interessò del suo lavoro e della sua famiglia, ma fece ogni cosa assieme a Dio; il sentiero di Enoch fu quindi il sentiero della luce, il sentiero della santità, il sentiero dell’amore.
Ma quest’uomo che camminò con Dio ci appare soprattutto come un viandante, come un pellegrino che segue il suo compagno mentre questi lo porta sempre più in alto, sempre più vicino al cielo…; in trecento anni Enoch copre molta strada, si allontana sempre più da dove è partito, si avvicina sempre più alla meta del suo viaggio.
Dopo averlo seguito in questa marcia attraverso i secoli, possiamo immaginare che un giorno Dio rivolge la Sua amichevole parola al suo servo e gli dice: – Enoch, è da molto tempo che stai camminando con me ed hai percorsa molta strada in mia compagnia. Guarda come è lontana la città da dove sei uscito, quasi non si vede nemmeno! Mira invece come è prossima la stanza della mia gloria! Enoch, non puoi tornare nel luogo da dove sei partito: è troppo lontano; vieni ad abitare con me perché siamo arrivati!
“Poi disparve, perché Dio lo prese” (Genesi 5:24).
È questa la conclusione gloriosa della carriera di un uomo che non aveva accettata una religione vicina al mondo, ma che rimase fedele alla propria vocazione per camminare costantemente verso il cielo. Da una parte c’è Lot, dall’altra c’è Enoch e in mezzo c’è ognuno di noi chiamati a decidere: se vogliamo soltanto avere una religione è comodo fare la scelta di Lot, ma se vogliamo arrivare nel cielo, nel paese della nostra eredità, dobbiamo decisamente metterci dietro le orme di tutti i pellegrini di Dio e correre, correre, lasciando alle nostre spalle la città della distruzione e avvicinandoci ogni giorno di più alle mura scintillanti di Gerusalemme.
Per correre bisogna essere leggeri e per essere leggeri bisogna essere disposti a deporre le “piccole cose” che sono quelle che il diavolo ci vuol regalare per farci rimanere vicini al mondo. Quando sentiamo chiedere troppo insistentemente e troppo dolcemente: – Che male c’è? dobbiamo fare attenzione perché il male veramente c’è.
Le “mosche morte” che cadono nel vaso del profumiere fanno fermentare l’olio odorifero, e lo guastano; le “piccole volpi” che si introducono nelle vigne in fiore, rovinano il raccolto. Basta un piccolo insetto, un piccolo animale o un piccolo peccato, una piccola mondanità, una piccola vanità per rovinare e distruggere; la vera religione infatti è: “mantenersi puri dal mondo”, non soltanto fuori, ma lontani e liberi da ogni attrazione ed influenza.
Il cristianesimo continua ad essere anche oggi redenzione perfetta e per viverlo bisogna saper rifiutare la religione, qualsiasi religione offerta dal diavolo.
UNA RELIGIONE CON GLI AFFETTI NEL MONDO
… andate ora voi uomini, e servite al Signore… (Esodo 10:11)
Chi ama padre, madre più di me non è degno di me! Chi vuol venire dietro a me e non odia suo padre e sua madre, non può essere mio discepolo. Queste ed altre parole analoghe pronunciate da Cristo ci dicono qual è la regola di un vero cristianesimo: per seguire il redentore dobbiamo essere disposti a lasciare totalmente dietro le nostre spalle tutti i legami che naturalmente avviluppano la nostra vita.
La nostra professione di fede deve superare le circostanze e le persone e deve manifestarsi in quei molteplici atti di abnegazione e di fedeltà che possono suggellare in maniera concreta la nostra testimonianza. Anche soli, e forse avversati dai più intimi, dobbiamo saper muovere i nostri passi verso il cielo, dietro a Gesù Cristo che ci ha chiamati individualmente perché individualmente ci vuole fare esperimentare la Sua grazia e la Sua gloria.
Questo non vuol dire che il nostro cuore deve diventare insensibile o che dobbiamo soffocare i sentimenti e gli affetti, ma vuol dire piuttosto che “tutto” deve uscire assieme a noi dalle proprietà di Faraone. Il nostro cuore non deve rimanere allacciato alle realtà visibili del presente secolo a mezzo degli affetti o dei vincoli che esistevano prima della nostra conversione.
Naturalmente il successo più brillante l’otteniamo quando possiamo dire, come disse Giosuè: “Io e la casa mia serviremo all’Eterno”! È bello mettersi in cammino per la via del cielo assieme ai propri congiunti, ma non tutti riescono ad avere la gioia di Giosuè e del carceriere di Filippi o di Cornelio, il centurione romano.
Quando siamo costretti a metterci in cammino soli, come cristiano nel “pellegrinaggio” di Bunyan dobbiamo ugualmente sentirci sciolti dalla “città di perdizione” anche se quivi abbiamo lasciati i nostri parenti ed i nostri amici. Se i nostri passi si muovono verso il cielo e il nostro cuore è attirato da coloro che vivono in questa terra, siamo costretti, presto o tardi a ritornare indietro.
Un’illustrazione storica può farci luce su questo soggetto. – Quando nella confederazione americana esisteva ancora la schiavitù, molti poveri derelitti torturati dal massacrante lavoro al quale venivano sottoposti, specialmente negli Stati meridionali, cercavano di acquistare la libertà attraverso la fuga. La loro meta era il Canada, terra ospitale pronta ad offrire asilo e protezione. Non tutti raggiungevano lo scopo desiderato perché frequentemente, prima di varcare la frontiera venivano acciuffati e consegnati ai crudeli padroni che sempre facevano pagare duramente l’impresa tentata. Alcuni però vedevano coronato il loro sogno dal successo e potevano aprire i loro polmoni all’aria vivificante della libertà.
Quanti però raggiunta la redenzione la conservano per il resto della loro vita? È difficile stabilire una proporzione, ma molti, purtroppo, dopo un periodo di vita nuova si sentivano attirati irresistibilmente dai loro cari che avevano lasciati sotto la schiavitù e per tentare di liberarli o di aiutarli od anche soltanto per rivederli, tornavano indietro per ricadere quasi sempre nelle mani di un duro padrone vigilante e in attesa. Dopo questo terribile epilogo, difficilmente poteva essere effettuata una seconda fuga.
Il riferimento storico ha soltanto un motivo esemplificativo e non vuole fare un accostamento fra l’esperienza dei poveri negri degli Stati Uniti ed i cristiani di tutti i luoghi e di tutti i secoli: il ritorno dei negri era suscitato da uno scopo nobile, mentre il ritorno dei credenti può essere suscitato soltanto da un motivo indegno, quello di assecondare gli impulsi del sangue e della natura, in opposizione agli stimoli dello Spirito. Ma si può guardare l’esempio illustrato per comprendere quale potenza di attrazione esiste in un “affetto” non superato che crediamo di aver lasciato dietro le spalle ed invece abbiamo conservato nel cuore.
Molti credenti sono tornati indietro dopo essersi incamminati nel sentiero del pellegrinaggio cristiano e molti hanno fatto naufragio nella fede perché sono stati attirati dagli amici o dai congiunti che avevano lasciati nel mondo; purtroppo, assieme a questi, avevano lasciato nel mondo il loro cuore.
Il diavolo conosce bene la natura e la debolezza umana ed è per questa ragione che sussurra maliziosamente: – Volete essere religiosi, volete adorare Iddio? Fatelo pure, ma rimanete legati a i vostri cari che non vi hanno seguito, che sono rimasti sotto la mia giurisdizione… perché rompere amicizie o ripudiare vincoli che sono tanto profondi quanto nobili?
Coloro che si lasciano convincere da questo ragionamento accettano un cristianesimo che non consente di essere… cristiani. IL rispetto umano, l’affetto naturale, l’amicizia sociale prevalgono sotto la guida e sopra i comandamenti del Signore e non soltanto trionfa l’indugio e l’esitazione, ma si manifesta l’infedeltà.
“Lascia che mi accomiati dai miei”. “Permettimi prima di seppellire mio padre” e frasi come queste furono condannate duramente dal Maestro divino che ha sempre cercato e cerca discepoli che non lasciano nulla dietro di loro perché portano via dal mondo un cuore intero ed uno spirito integro per consacrarli al loro Signore e Salvatore.
L’antica storia del popolo di Dio ci ricorda che anche Abramo, l’amico di Dio, fu ostacolato nell’adempimento fedele della chiamata celeste dalla presenza di Tare, suo padre; il vecchio genitore prese nelle sue mani il programma del viaggio, ma invece di condurre la piccola carovana alla meta designata la fece attendere in Charan. Doveva sopravvenire la morte di Tare per far giungere una nuova chiamata al nobile “padre della fede” e questa volta il piano dell’Eterno fu seguito con maggiore fedeltà sia pure attraverso vicende frequentemente tempestose.
Lasciare gli affetti sotto il dominio del diavolo vuol dire rinunciare alla meta gloriosa additata dal Signore. Chissà che la moglie di Lot nel riguardare indietro non abbia voluto anche volgere uno sguardo di rimpianto e di nostalgia verso le sue amicizie o verso quei generi che non si erano voluti mettere in cammino?
Ma di fronte a queste testimonianze che con il loro aspetto negativo esprimono un richiamo ed una esortazione, esistono, grazie a Dio, migliaia di episodi che proclamano un messaggio di fede attraverso le caratteristiche esplicitamente positive che presentano.
I cristiani dei giorni caldi del risveglio i soldati di Cristo, che hanno sventolato la bandiera della verità, i martiri di tutti i secoli che per amore del loro Salvatore hanno saputo “sciogliersi” dai vincoli rappresentati dagli affetti più cari: madri che non hanno abiurata la fede quando hanno loro strappato i piccoli dal seno che li allattava; figli che hanno resistito virilmente alle lagrime dei genitori che li imploravano di lasciare Cristo; spose che hanno affettuosamente ma decisamente respinte le suppliche, le ingiunzioni, le minacce dei propri mariti inconvertiti.. di questi episodi è ricca la storia del cristianesimo in ogni sua pagina.
No, Faraone! Tu non ci possederai attraverso i nostri congiunti o i nostri amici! Questa è la risposta di un cristiano che ha accettata la redenzione.
Attenzione alla religione del diavolo; alla religione che vuol legarvi al carro delle amicizie profane o che vuole asserirvi sotto il giogo di affetti umani. La decisione di un credente si deve manifestare dai primi momenti della sua conversione; egli deve subito rendere testimonianza ai suoi congiunti e a i suoi vecchi amici di quello che ha rappresentato nella grazia salifera di Cristo. Se questi vogliono mettersi in cammino lui: gloria a Dio! se invece vogliono schernire, contrastare o soltanto trattenere è utile spezzare ogni legame che ostacola la liberazione, e prendere la corsa nel sentiero della salvezza.
Quando un cristiano indugia invece sul sentiero dell’amicizia sociale che lo lega inesorabilmente alle conversazioni profane e alle attività terrene, o quando si trattiene entro la cerchia dei vincoli naturali che lo obbligano ripetutamente al compromesso e all’infedeltà, il diavolo ha vinto.
Anche oggi, come nei secoli che ci hanno preceduti, molte contaminazioni si introducono nel popolo del Signore a mezzo del popolo “raccogliticcio” che lo circonda. Le tradizioni umane, le abitudini mondane, le mode e le vanità del presente secolo spesso sono accolte senza convinzione, ma per la necessità di far cosa gradita o di non mettersi in conflitto con gli amici e con i parenti inconvertiti, di fronte ai quali esistono sentimenti di rispettosa subordinazione.
Questa posizione non è una posizione di autentica libertà: dobbiamo sentirci padroni in Dio della nostra personalità; nulla deve essere rimasto dietro di noi come motivo d’attrazione o come mezzo d’influenza affinché non soltanto possiamo muovere i primi passi fuori dall’infuocata e contaminata terra egiziana, ma possiamo anche, in assoluta libertà, perseverare nel cammino della salvezza fino al paese che ci attende oltre le rive del Giordano.
Non lasceremo nulla nelle tue mani, o Faraone, ma liberi, assolutamente liberi proseguiremo il nostro cammino nel piano della redenzione! Questa dichiarazione deve essere espressa da ogni credente attraverso una chiara testimonianza di fede; tutti, e primo fra tutti coloro i quali sono stati liberati dal Figliuolo sono veramente liberi perché non soltanto sono usciti dal paese d’Egitto, ma non sono legati ad esso da pensieri nostalgici o da vincoli sottili. Per loro non ci sono più gli amici, genitori, coniugi, fratelli, figliuoli, perché tutto ciò che hanno lo hanno in Cristo che va davanti a loro nel cammino della gloria.
UNA RELIGIONE CON I BENI DEL MONDO
… solo le vostre greggi e i vostri armenti saranno fatti restare (Esodo 10:24)
Ormai Faraone ricorre alle ultime risorse della generosità: – Potete andare, potete andare dove volete e per quanto tempo desiderate – potete andare anche con le vostre famiglie… dovete lasciare presso di me soltanto i vostri beni, i vostri armenti, le vostre greggi!
Mosè non accoglie l’insidiosa offerta e risponde decisamente: – “Anche il nostro bestiame verrà con noi, senza che ne rimanga pure una unghia; perché di esso noi abbiamo a prendere per servire al Signore Iddio nostro…”
Questa volta il colloquio è burrascoso e la rottura sembra essere definitiva; in realtà Mosè farà ancora altre esperienze e Faraone continuerà a compiere i suoi tentativi, ma per il momento la lotta sembra conclusa. Da una parte rimane l’ira e la durezza di un nemico che dichiara: – Potete avere anche una religione ma deve essere quale io la voglio; Dall’altra c’è la decisione di un credente, di un servo di Dio che risponde: – Noi dobbiamo eleggere la “religione” che ci mette in possesso della “redenzione” che ci è offerta da Dio. La decisione di Mosè prevale ed egli riesce a condurre il popolo del Signore fuori dalla fornace di fuoco d’Egitto, in cammino verso il paese della promessa.
Quel che Dio chiede ad un servo o ad un credente è soltanto un atto di fede vera, di fede decisa; tutto il resto viene dalla Sua mano onnipotente che è sempre distesa per combattere e per dare la vittoria.
La decisione di Mosè deve essere manifestata anche oggi, perché il Faraone che contrasta la nostra fede rinnova ogni giorno le proposte antiche ed egli è pronto ad offrirci il compromesso di una “religione corrispondente ai suoi desideri infernali”. Sono le stesse parole di ieri e il diavolo le sussurra dolcemente al nostro cuore: – Volete essere cristiani? Volete essere membri di una chiesa o di una denominazione? Siete liberi! Non è necessario però che portiate con voi, nel cammino religioso, l’ingombro dei vostri beni, delle vostre ricchezze, dei vostri talenti, delle vostre professioni; lasciate questo carico gravoso qui in Egitto e seguite voi, soltanto il vostro cammino religioso.
La proposta sembra ragionevole, anzi addirittura generosa, ma nasconde una delle più sottili insidie concepite dall’inferno; quando vogliamo essere cristiani soltanto con le nostre persone, prescindendo da tutto quello che ci concerne o che possediamo, non riusciamo ad essere cristiani affatto. Non è possibile essere cristiani nel cantare gli inni sacri quando siamo mondani nel nostro lavoro; non è possibile essere spirituali quando eleviamo le nostre preghiere e siamo anche carnali nell’uso delle nostre ricchezze.
Un cristiano è cristiano soltanto se porta con sé nel sentiero del proprio pellegrinaggio tutto, tutto quello che possiede; deve portare con sé i propri beni, la propria professione, i propri talenti…insomma tutte quelle cose che può usare per onorare il nome di Cristo nella pratica di una religione integrale e sincera.
Fra le tenebre fitte di questo mondo contaminato dal peccato deve risplendere la luce di quei credenti che sanno dimostrare che tutto può essere consacrato a Cristo. Si devono vedere chiaramente per la loro onestà e per la loro rettitudine i “commercianti cristiani”, gli “industriali cristiani”, gli “artigiani cristiani”, gli “operai cristiani”, i “possidenti cristiani” o i “professionisti cristiani”, cioè tutti quei cristiani che son usciti dal mondo senza lasciare dal mondo senza lasciare nulla nelle mani del diavolo.
Quando la religione concede di essere spirituali in chiesa e peccatori nella vita, od offre la possibilità di essere membri di una comunità e di usare le proprie ricchezze in opere vane o immorali, vuol dire che viene direttamente da diavolo. Un pellegrinaggio verso Canaan impone assolutamente di portare tutto quel che si possiede nel sentiero di Dio.
Abbiamo visto sovente persone che facevano professione di cristianesimo e che pure trattavano i loro affari o esercitavano i loro lavori in uno spirito di frode: commercianti disonesti, operai fraudolenti, ricchi gaudenti; costoro avevano una religione, ma non certamente quella religione immacolata che rende approvati davanti a Dio.
Tempo addietro è stata data molta pubblicità alla notizia che molti artisti dello schermo, divi e dive di Hollywood, capitale ideale del mondo della pellicola, avevano accettata la salvezza mediante una “decisione” di fronte a Cristo. La notizia, ricca di particolari, era entusiasmante perché parlava della conquista di una delle più agguerrite, delle meno espugnabili roccaforti del diavolo, ma … un piccolo, insignificante dettaglio (almeno così sembrava all’occhio del cronista) bastava per spegnere tutto il calore dell’entusiasmo: “Tutti questi attori ormai divenuti cristiani continuavano serenamente la loro carriera artistica”.
Evidentemente Faraone li aveva convinti che il lavoro non c’entra affatto con la religione e che quindi si può essere cristiani e continuare quel mestiere di “finzione e di peccato” che avevano precedentemente esercitato.
Uscite voi, avrà detto il diavolo, uscite voi ed entrate pure nella chiesa che più vi piace, ma lasciate qui, presso di me il vostro talento artistico perché io possa usarlo a beneficio delle moltitudini d’Egitto. Ecco lo spettacolo strano di un popolo che dichiara di camminare alla luce di Dio, ma intanto offre le proprie facoltà per saziare e per soddisfare le voglie peccaminose dei pagani di un mondo contaminato.
Come è diversa invece la testimonianza di quegli artisti dell’arte lirica che in Svezia furono raggiunti dal messaggio della redenzione cristiana e l’accettarono per uscire dai teatri, per voltare le spalle alle folle plaudenti, per rinunciare ai cospicui benefici economici e consacrare tutte le loro abilità canore per cantare soltanto la gloria di Colui che regna nei secoli.
Questa testimonianza sembra somigliante, pur nella varietà delle caratteristiche esteriori, a quella di quel credente che quando già si trovava nella vasca battesimale chiese che qualcuno andasse a prendergli la giacca che aveva lasciata nel vestibolo. Gli portarono la giacca ed egli, in mezzo alla meraviglia dei presenti, estrasse il portafogli e poi disse: – Voglio che sia battezzato assieme a me perché desidero sinceramente che anche il mio portafogli divenga cristiano.
Gesù Cristo vuole proprio questo. Egli ci ha liberati totalmente e vuole che usciamo dal mondo in piena libertà, recando con noi tutto quel che ci appartiene: abbiamo intelligenza o cultura? Abbiamo lavoro o ricchezze? Abbiamo energie o capacità?
Nulla deve rimanere sotto il dominio del diavolo, nelle mani di Faraone perché con queste cose noi dobbiamo servire il Signore.
Non dobbiamo pensare che Iddio ci accetta soltanto se abbiamo queste cose, no! Iddio ci accetta anche se non abbiamo nulla, ma se abbiamo qualche cosa, Egli non vuole che venga usata per scopi infernali, anzi È pronto a ricordarci: “Il SIGNORE NE HA BISOGNO”.
Non ti lasceremo nulla Faraone, porteremo tutto con noi nel cammino della fede e non abbandoneremo nei tuoi confini neppure un’unghia di quel che possediamo. Questa dichiarazione deve essere la nostra dichiarazione, e questa decisione ci deve accompagnare fino al paese della promessa affinché il nostro cristianesimo possa essere autentico fino al punto che tutti abbiano la possibilità di vedere che la nostra vita, assieme a tutto quello che ci concerne e ci appartiene, porta il segno evidente della redenzione cristiana.
La redenzione cristiana si dovrà vedere nella gioia dei nostri volti e nel fervore delle nostra riunioni; si dovrà manifestare attraverso il calore dei nostri cantici e la decisione delle nostre preghiere, ma dovrà anche inequivocabilmente apparire dal modo come ci comportiamo nella nostra vita familiare, sociale, lavorativa; dal modo come usiamo le nostre capacità, come esercitiamo la nostra intelligenza, come spendiamo il nostro denaro, come amministriamo i nostri beni.
Se abbiamo portato tutto con noi, tutto fuori dal paese d’Egitto… tutta la nostra vita risulterà libera e feconda alla gloria di Dio, ma se abbiamo accettata una comoda religione offertaci dal diavolo, riusciremo ad avere soltanto “la forma della pietà”, senza realizzare e manifestare la potenza di essa.
Eccoci alla conclusione:
-Vogliamo anche noi avere una religione da gettare nel bagaglio dei necessari accessori della vita?
Se la vogliamo, possiamo agevolmente sceglierla fra quelle offerteci dal Faraone infernale.
Ma se il desiderio vivo dell’anima è quello di esperimentare pienamente la redenzione che Cristo è venuto a portarci dal cielo, rifiutiamo tutte, tutte indistintamente le religioni che il diavolo ci vuol dare, ed abbandoniamoci fiduciosi e senza riserve fra le braccia di Colui che ha incominciata un’opera buona in noi e vuol portarla a compimento fino al giorno che finalmente, dopo la liberazione, dopo il pellegrinaggio, dopo il Giordano varcheremo i confini del paese benedetto dell’eredità celeste, gloriosa ed eterna: Amen!
UN APPELLO
Questo modesto scritto è venuto alla luce durante le festività di fine d’anno, quindi durante i giorni di clamore, di movimento, di luci, di suoni che rappresentano quella cornice di solennità religiosa capace di suscitare la poesia di un giorno.
È uno spettacolo vivamente profano che si estrinseca più in motivi paganeggianti che non in elementi cristiani: è una classica manifestazione della “RELIGIONE DEL MONDO”. Purtroppo, durante questi giorni abbiamo di nuovo avuta la possibilità di constatare i successi di faraone sopra il popolo eletto che in una misura crescente sembra accettare le alettanti offerte del paese d’Egitto.
Durante i giorni del “risveglio” queste festività erano ignorate dal popolo di Dio o se erano ricordate, lo erano soltanto per sottolineare e vivere il significato profondo, il significato spirituale di esse. La chiesa ed il mondo non potevano avere una relazione ed una comunione attraverso quelle che sono soltanto profanazioni delle solennità ricordate.
Oggi i cristiani si sono messi “al passo col mondo”, e la celebrazione del Natale e delle altre festività che lo contornano ha acquistato un carattere identico a quello del “presente secolo”. In molti casi anzi l’associazione è perfetta perché i cristiani giungono a dividere la baldoria di questi giorni assieme ai loro congiunti inconvertiti.
Ecco i “presepi”, gli “alberi illuminati” carichi di motivi ornamentali, ecco la “festa dell’albero” e la “recita di natale”, ecco la tombolata, i giuochi d’azzardo, ecco il rumore, la confusione e le risate chiassose, le veglie, i banchetti disordinati, le ebbrezze… ecco tutto quello che un giorno era stato respinto ritornare trionfalmente nel mezzo di un popolo che vuole essere religioso, che vuole essere pentecostale, ma… non vuole rinunciare totalmente alle offerte piacevoli di un cortese faraone che gli offre una “religione addomesticata”.
A conclusione di questo scritto e in relazione a questa pagina isolata, vogliamo dedicare ai nostri fratelli un articolo sul Natale, scritto molti anni fa, perché possa servire a mettere più chiaramente in evidenza la differenza esistente fra la religione offerta dal diavolo e il messaggio che ci è stato dato da Gesù Cristo, il nostro Salvatore.
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NATALE
“Non vi era luogo per loro” (Luca 2:7)
L’evangelista spinge la sua precisazione descrittiva fino alla scrupolosità e ci fa sapere che nell’albergo non vi era posto per Maria, per Giuseppe e neanche per il loro PICCOLO PRIMOGENITO.
I congiunti evidentemente trovarono asilo nella grande rimessa di una pubblica locanda ed il fanciullino trovò il suo primo letto in una mangiatoia, forse colma di fieno.
Se la descrizione di Luca avesse preceduto la nascita del bambino, avremmo potuto concludere che soltanto i coniugi di Nazareth non avevano potuto godere del beneficio di un albergo, ma poiché il testo sacro è meticolosamente esatto nel dirci che “per loro” non c’era posto includendo in quel plurale anche il piccolo Gesù, possiamo comprendere che soprattutto per quest’ultimo si deve notare il grande contrasto che appare fra la sua grande regalità ed il suo doloroso ingresso nel mondo.
Possiamo anzi notare che non c’era nulla di eccezionale nel fatto che due coniugi di condizioni economiche modestissime e giunti nei sobborghi di Gerusalemme in periodo di superaffollamento fossero stati respinti ai margini della competizione per gli alloggi.
Tutto al più sarebbe stato possibile scorgere in quell’episodio un quadro della dura battaglia sociale che divide le popolazioni di tutto il mondo in poveri e ricchi o in gaudenti e in sofferenti. Non c’era nulla di eccezionale, ripetiamo, nel caso di una povera famiglia operaia che non riesce ad ottenere una camera d’albergo, ma ben c’era qualche cosa di eccezionale nel fatto che il “Re” non trovasse accoglienza o albergo nella sua terra.
Non un re, ma il Re era venuto al suo popolo, ai suoi sudditi ed essi gli avevano negato un posto; non soltanto gli avevano negato un trono ma anche un posto, sia pure il più umile nell’ultimo fra gli alberghi di Gerusalemme.
“Non vi era luogo”. Il Natale non poteva essere accolto fra le moltitudini; non poteva essere posto all’ombra di un asilo accogliente o di un palazzo sontuoso: doveva rimanere nella stalla, nella mangiatoia…
Il piccolo, fanciullo passerà ancora per le vie del mondo picchiando alla porta di ogni albergo, MA NON TROVERA’ neanche un nido, neanche una tana. I suoi non vorranno riceverlo, ed egli avrà delle mense che non saranno sue e si rifugerà in case che non gli apparterranno; cavalcherà sopra un puledro preso umilmente in prestito, morirà sopra un letto che sarà soltanto un patibolo e scenderà in una tomba che non gli appartiene… Egli continuerà ad essere Colui per il quale “non vi era luogo nell’albergo”.
Natale! Celebrazione dell’umiliazione; tripudio dell’annichilimento. VOI NON TROVERETE MAI IL NATALE NEI LUOGHI OVE GLI UOMINI HANNO CERCATO DI PORTARLO: fra le feste, in mezzo alle candeline colorate o sotto gli alberi carichi di doni. Voi non lo troverete sulle mense riccamente imbandite o nelle stradine dei presepi artificiali; non lo troveremo neanche intorno alle stufe che accolgono fra le braccia del loro calore le famiglie spensierate ed un po’ inebriate dalle feste di dicembre. Non lo troverete neppure dentro le cattedrali rifulgenti nei loro ornamenti di oro o nei drappeggi dei loro apparati…
No, non troverete il Natale in nessuno di questi luoghi come non lo avreste potuto trovare in nessuna camera degli alberghi di Gerusalemme o di Betlemme perché “non vi era luogo per Lui”.
Noi possiamo trovare e rivivere il Natale soltanto li, ove esso nacque: vicino alla mangiatoia!
Lontani da ogni grandezza umana, da ogni pensiero mondano. Divisi dal clamore disordinato di un popolo in confusione, noi potremo, nella stalla senza luce e senza gloria, contemplare in adorazione il “fanciullo che ci è nato”.
Senza bisogno di fare applicazioni mistiche o senza dare interpretazioni figurative, noi possiamo dare al nostro testo la fisionomia di un richiamo all’umiltà più profonda, alla sobrietà più sana, alla rinuncia più completa; lì c’è il Natale, lì c’è il glorioso Re.
In questi giorni, purtroppo, quasi tutti hanno smarrito il senso, il significato del Natale e per questo doloroso motivo vediamo sostituito lo spettacolo del Figlio di Dio che nasce in una stalla e viene adagiato in una mangiatoia con quello più coreografico e più vivace, ma meno reale e niente affatto sublime, di una solennità religiosa carica di fili d’argento e di fiocchi di bambagia.
No, non c’è posto per Lui; ed anche oggi tutto si accoglie e tutto si riceve, ma Il Re del cielo continua a rimanere li perché una torma di umili pastori possa essere guidata fino al suo letto dalla schiera celeste che salmeggia intorno al suo capo.
Vogliamo unirci ai guardiani veglianti del gregge? Vogliamo anche noi distogliere lo sguardo dallo spettacolo multicolore di questo mondo per volgerlo verso il povero ricetto di Betlem?
Prostriamoci nell’umiliazione ed adoriamo il Re che non ha avuto, che non ha e che non può avere un luogo nell’albergo di questo mondo!
UN MESSAGGIO PER TE!
La tua vita è arida e il tuo tempo si consuma inutilmente lontano dalle realtà del Regno di dio. Non ti accorgi che la tua professione è stata adulterata dal mondo?
Il mondo ha una stanza nel tuo cuore ed invade la tua mente per manifestarsi nelle tue azioni e nelle tue parole; la tua “separazione” è ormai diventata soltanto un’idea; una di quelle false idee che formano il “credo” degli increduli.
Non sai che le formule dommatiche, come gli schemi liturgici, possono coesistere, ed anzi generalmente coesistono assieme alla morte spirituale? Perché ti sforzi di vivere nell’illusione di una realtà che ormai possiedi soltanto in figura?
La tua vita è arida perché non ospita più la presenza del Salvatore; il tuo cuore è tiepido perché sta esaurendo il calore della grazia divina e tu… continui a battere la tua strada religiosa come se la tua condizione si identificasse profondamente con la volontà di Dio. Tu vivi fuori dal piano celeste e la volontà di Dio non illumina più il tuo sentiero che ormai s’inerpica sui colli brulli o selvosi, ma sempre oscuri della carne e del peccato.
Non ti accorgi che lungo i margini della tua strada non ci sono più quelle fioriture spirituali che ti accompagnavano quando camminavi con Dio, nella strada di Dio? Erano, talvolta, fiorellini timidi, dall’olezzo tiepido e pudico, ma sempre, sempre allietavano il tuo cuore nel rinnovarti la certezza che il sentiero calcato era il sentiero di Dio. Non ti ricordi più delle dolci preghiere e degli attimi di rapimento che godevi nella comunione con Dio? Hai dimenticato per sempre il profumo ed il colore della santità e dell’amore?
La tua strada oggi è tenebrosa ed il pesante silenzio che incombe sul tuo incedere è rotto soltanto dagli urli del mondo o dal chiasso d’una mascheratura religiosa che vuole con il suo gracidare sostituire od imitare la sinfonia inarrivabile che vibra e risuona nella via di Dio: non sei veramente felice, ma t’illudi di esserlo; non hai più Cristo, ma continui a parlare di Lui e ti agiti per dimostrare che Lo possiedi.
Ti fregi ancora del più nobile titolo dell’eternità; ma a che serve qualificarsi “cristiano” quando il cristianesimo è soltanto un’ipocrita maschera di cartone? Non sei cristiano perché Cristo non è in te e tu non vivi in Cristo, anche se alcune regole morali che t’imponi e certi atteggiamenti che assumi sembrano “ricordare” la dottrina di Cristo.
Il cristianesimo è Cristo nel cuore ma tu dici: “SONO RICCO E SONO ARRICCHITO…” e sembra che non ti accorgi che “Egli” sta presso alla porta e picchia e picchia invano. Hai bisogno di “oro affinato col fuoco”, devi coprire la tua vergognosa nudità e devi far curare i tuoi occhi con un collirio, devi cioè entrare di nuovo nel cristianesimo ed il cristianesimo che è stato espulso deve fare il suo ingresso un’altra volta in te.
Ma tu reagisci a questo messaggio, ti ribelli perché ti senti offeso, quasi insultato… ecco le tue opere, il tuo servizio, i tuoi successi… tu metti queste “difese” di fronte alla parola che ti sferza e cerchi un riparo; cerchi un riparo anche nell’opinione che gli uomini hanno di te o nella stima della quale ti circondano. Vuoi sottrarti, sottrarti ad ogni costo alla disciplina che ti umilia e ti mortifica… Povero illuso!!
Osserva bene le tue opere: sono imperfette e incompiute; guarda con attenzione il tuo servizio: è profano e sacrilego; esamina i tuoi successi: sono insuccessi umani e terreni. Nella tua vita non c’è stata la signoria di Dio, ma il trionfo dell’io e se gli uomini ti ammirano e ti stimano è perché sono stati ingannati dalle tue false spoglie.
Che valore ha l’opinione degli uomini? Che valore ha quel che “tu dici” di te stesso? Un’opinione soltanto è giusta e determinante e quest’opinione è quella luminosa e verace di Dio.
“Tu dici”, ma “Io dico…”, sembra ripetere Iddio di fronte a te, di fronte a me, di fronte a tutti: “Io dico” e il suono di quella parola riempie e riempie l’infinito e l’eternità; l’opinione divina deciderà la nostra sorte!
Ravvediti, umiliati, confessa le tue colpe a Dio e lascia che il Salvatore entri nuovamente e potentemente nella tua vita con la Sua grazia celeste.