La Grazia di Dio “Vi ho scritto brevemente per mezzo di Silvano, che io ritengo un fratello fedele, esortandovi e attestandovi che la vera grazia di Dio è quella in cui vi trovate.” (1Pi 5:12 LND)
Vediamo qua che Pietro aveva dettato questa lettera, lasciando ad un amanuense, uno scriba, noi diremo un segretario, il compito di scrivere mentre egli dettava.
Ora, avendo quasi finito l'epistola, Pietro prende in mano la penna, e scrive qualche ultimo commento direttamente.
Le parole “vi ho scritto brevemente per mezzo di Silvano”, ci fa capire che è arrivato alle fine dell'epistola.
Brevemente
Notiamo che Pietro dichiara che aveva scritto brevemente. Infatti, in confronto con altre Epistole, questa è abbastanza breve. Però, pur essendo breve, le verità che Pietro ci ha lasciato in questa Epistola sono estremamente importanti e utili. Anche poche parole possono avere grande valore, quando sono guidate da Dio.
L'importanza di ogni nostro discorso
Già qui possiamo riconoscere un principio importante. Anche poche parole nostre possono avere grande valore, come possono anche fare grande danno. Similmente, se sprechiamo le nostre parole, possiamo mancare la benedizione di essere strumenti nelle mani di Dio.
Per questo motivo, la Bibbia ci insegna a valutare attentamente ogni nostra parola. Ogni nostra parola dovrebbe avere un buon scopo. Notiamo attentamente le parole di Gesù in Matteo 12:36
“Or io dico che nel giorno del giudizio gli uomini renderanno conto di ogni parola oziosa che avranno detta.” (Mat 12:36 LND)
Qui vediamo che ogni parola oziosa è un peccato, e ne dovremo rispondere a Dio. Una parola oziosa è una parola che in realtà non serve. Non edifica, non aiuta, non serve.
Viviamo in un'epoca in cui siamo circondati da parole oziose, parole che in realtà non servono. Non edificano, non istruiscono, non incoraggiano, non servono né per aiutarci nelle nostre responsabilità terrene, né per prepararci per l'eternità.
Dio vuole che ogni nostra parola abbia uno scopo buono. Dobbiamo impegnarci sempre ad edificare altri credenti ed a glorificare Dio con le nostre parole. In Colossesi 4, troviamo il comandamento: “il vostro parlare sia sempre con grazia, cioè, con la grazia di Dio.”
Oh che possiamo imparare a dare un giusto peso ad ogni nostra parola. Oh che possiamo mirare ad usare ogni parola per glorificare Dio ed edificare gli altri. E così, anche se dovessimo parlare brevemente, o dovessimo scrivere brevemente, potremo dare gloria a Dio.
Pietro, in questi ultimi versetti, ci dà un ottimo esempio di come usare bene ogni parola. Oh che possiamo fare così anche noi!
Silvano, un fratello fedele
Tornando al v. 12, notiamo che parla di Silvano. Prendiamo alcuni minuti per considerarlo. Leggo ancora il v.12.
“Vi ho scritto brevemente per mezzo di Silvano, che io ritengo un fratello fedele, esortandovi e attestandovi che la vera grazia di Dio è quella in cui vi trovate.” (1Piet 5:12 LND)
Tranne queste ultime righe, è stato Silvano a scrivere mentre Pietro gli dettava. Molto probabilmente, poi, è stato Silvano a recapitare questa lettera alle chiese.
Come Pietro, anche Paolo dettava le sue lettere, e poi aggiungeva un saluto finale per mano sua. Vi leggo dalla fine di 2Tessalonicesi.
“Il saluto è di mia propria mano, di me, Paolo e questo è un segno in ogni mia epistola; io scrivo così.” (2Tess 3:17 LND)
Perché Paolo e Pietro usavano un amanuense, uno che scriveva per loro? Posso immaginare che il fatto di non dover pensare a mettere giù l'inchiostro sulla carta, li lasciava più liberi di concentrarsi su quello che volevano dire. Potevano sedersi, o camminare nella stanza, pensando, mentre l'amanuense scriveva.
Quindi, in realtà, gli uomini che servivano come amanuensi svolgevano un servizio estremamente importante, nonostante che fosse un ruolo quasi invisibile. Nell'opera di Dio, ci sono alcuni ruoli molto visibili, come quello che svolsero Paolo o Pietro, e poi, ci sono tanti ruoli meno visibili. Però, ogni ruolo ha la sua importanza. Oh che possiamo essere sempre pronti a servire con zelo in qualsiasi ruolo in cui c'è bisogno.
Silvano
Consideriamo brevemente la vita di Silvano, l'amanuense di Pietro. Può esserci di grande incoraggiamento e anche di esempio. Silvano è un altro modo di scrivere il nome Sila. La Bibbia usa entrambi questi nomi per indicare lo stesso uomo.
Egli viene menzionato per la prima volta in Atti 15, quando gli Apostoli e gli anziani della chiesa di Gerusalemme mandarono Sila ad Antiochia con Paolo e Barnaba. Vi leggo:
“Allora parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la chiesa di mandare ad Antiochia, con Paolo e Barnaba, degli uomini scelti da loro: Giuda, soprannominato Barsabba, e Sila, uomini autorevoli tra i fratelli” Atti 15:22
Già da allora Sila, o Silvano, era considerato un uomo autorevole tra i fratelli. Era un credente che camminava così bene che gli fu data una grande responsabilità. Notiamo anche che già da allora Pietro lo conosceva, in quanto Pietro era uno degli Apostoli di Gerusalemme.
Quindi, Silvano fu mandato ad Antiochia, insieme a Paolo e Barnaba. Quando poi Paolo e Barnaba si divisero, Paolo scelse Silvano, o Sila, come compagno nel suo ministero durante i suoi viaggi missionari. Leggo Atti 15:40.
Paolo invece, sceltosi per compagno Sila, partì, raccomandato dai fratelli alla grazia di Dio.
Per tanti anni di seguito, Silvano fu un fedele compagno di Paolo nel ministero. Questo credente fu così importante nel ministero di Paolo che quando Paolo scrisse la prima lettera ai Tessalonicesi, nominò Silvano nel saluto iniziale. Vi leggo:
“Paolo, Silvano e Timoteo, alla chiesa dei Tessalonicesi in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo.” 1Tess 1:1
Dopo che Paolo fu arrestato a Gerusalemme, Silvano non fu più menzionato insieme a Paolo. Probabilmente fu mandato a curare le chiese in Asia, situate cioè nella nostra Turchia odierna. Dopo aver trascorso un periodo di tempo a curare quelle chiese, ne trascorse un altro assistendo Pietro nel suo ministero, ed è proprio lì che lo troviamo in questa epistola, mentre appunto era l'assistente di Pietro.
Notiamo come Pietro descrive Silvano: “che io ritengo un fratello fedele,”
Silvano non è molto famoso, però, era un uomo fedele. Anno dopo anno si dedicava alla gloria di Dio e all'edificazione delle chiese. Non tutti rimangono così fedeli. Ci sono coloro che si impegnano molto per un certo tempo, e poi, si lasciano trascinare lontano da qualche peccato. Vediamo questo triste epilogo in Dema, che era un collaboratore di Paolo ma che, dopo vari anni di servizio con Paolo, lo abbandonò.
Per un certo periodo, Paolo elencò Dema fra i suoi collaboratori. Leggo da Filemone.
“Marco, Aristarco, Dema e Luca miei compagni d’opera, ti salutano.” (Filemone 1:24 LND)
Ora, leggo da 2Timoteo, l'ultima lettera di Paolo.
“perché Dema mi ha lasciato, avendo amato il mondo presente, e se n’è andato a Tessalonica; ” (2Ti 4:10 LND)
Dema fu un collaboratore nell'opera di Dio, ma non rimase un fedele collaboratore.
Silvano, invece, fu fedele. Non fu mai famoso al livello di Paolo o di Pietro, però, fu fedele. Fu fedele in quello che Dio gli diede da fare.
Quando leggo delle parole come queste, quando leggo di uno che si può definire “fedele” dopo anni di servizio, mi chiedo: sono io un fedele operaio nell'opera di Dio? Vivo io in modo sempre fedele a Dio, cercando sempre la sua gloria anziché i miei interessi? Sono veramente un fedele collaboratore?
Sei tu un fedele collaboratore? Sei fedele in ciò che Dio ti ha dato da fare? Cerchi i tuoi interessi, o quelli di Dio?
Oh che possiamo essere trovati fedeli! Ben poco importa se ci impegniamo tantissimo nelle cose di Dio oggi, per poi un domani pensare quasi esclusivamente alle nostre. Ciò che è importante è rimanere fedeli, anno dopo anno. Oh che possiamo vivere così, in modo da non vergognarci quando ci troveremo davanti al nostro Signore e Salvatore, Gesù Cristo!
L'ultima esortazione di Pietro
Ora voglio leggere di nuovo il v.12, perché in esso Pietro ci dà un'ultima esortazione.
“Vi ho scritto brevemente per mezzo di Silvano, che io ritengo un fratello fedele, esortandovi e attestandovi che la vera grazia di Dio è quella in cui vi trovate.” (1Piet 5:12 LND)
Togliendo il commento di Silvano, leggiamo:
“Vi ho scritto brevemente... esortandovi e attestandovi che la vera grazia di Dio è quella in cui vi trovate.”
Pietro dichiara che quest'epistola è stata un'esortazione e una attestazione, una testimonianza, che la vera grazia di Dio è la grazia in cui ogni vero credente si trova.
Ricordate che la parola “esortazione” è una parola che significa “venire accanto”. Descrive un insegnamento che viene fatto con amore e con un grande desiderio per il bene dell'ascoltatore. Questa Epistola non è stata un semplice insegnamento. Piuttosto, è stata un appello, dal profondo del cuore di Pietro, per aiutarci a camminare bene.
Ricordiamoci anche che Pietro non solo ci ha esortato, ma ci ha anche attestato, come Apostolo e testimone oculare, che Gesù è il Cristo. Pietro ha ricevuto l'insegnamento direttamente da Cristo, ed è stato guidato dallo Spirito Santo. Perciò, quello che egli ci attesta è verace ed affidabile.
L'esortazione principale di quest'epistola è che la vera grazia di Dio è quella in cui ci troviamo.
La vera grazia di Dio, il vero dono di Dio, è il Vangelo che abbiamo sentito e creduto. La vera grazia di Dio è di essere trovati in Cristo, in questo cammino sulla terra, sapendo di avere l'eredità in cielo riservata per noi.
Per avere una vita cristiana vittoriosa e piena di gioia, dobbiamo sempre ricordarci che abbiamo la vera grazia di Dio. Se non ci impegniamo a ricordare questa verità, molto facilmente mancheremo qualcosa che ci potrebbe dare più gioia. Potremmo facilmente credere che Dio non ci abbia dato il meglio.
Il serpente tentò Eva, facendole credere che Dio non aveva dato loro il meglio. Credendo al serpente anziché a Dio, Adamo ed Eva hanno scambiato la benedizione di Dio per la maledizione. Anche noi siamo tentati così.
Perciò qui, alla fine di questa epistola, per aiutarci ad evitare questo pericolo, Pietro ci ricorda che avendo la salvezza in Cristo, abbiamo la vera grazia di Dio. Non dobbiamo cercarla altrove. Non dobbiamo credere che ci sia qualcosa di meglio. Essendo in Cristo, abbiamo una grazia così abbondante che soddisferà il nostro cuore per tutta l'eternità. Qualunque volta che ci arriva il pensiero che il peccato ha qualcosa di meglio di offrirci, ricordiamoci dell'esortazione di Pietro di quest'epistola: in Cristo noi abbiamo la vera grazia di Dio!
Perciò, teniamo bene in mente le verità che Dio ci ha rivelato in questi cinque capitoli.
Un saluto dalla sorella chiesa
A questo punto dell'Epistola, prima di lasciare i suoi lettori, Pietro aggiunge un saluto da parte dei credenti della chiesa dove si trovava. Leggo il v.13.
“La chiesa che è in Babilonia eletta come voi, vi saluta. Anche Marco, mio figlio, vi saluta.” (1Piet 5:13 LND)
E' facile tralasciare queste poche parole, considerandole come un semplice saluto. Però, essendo ispirate da Dio, se ci fermiamo a considerarle, possiamo trarne grande profitto per la nostra crescita.
Leggo ancora la prima parte del versetto. “La chiesa che è in Babilonia eletta come voi, vi saluta.”
Nel testo Greco, non c'è la parola “chiesa”. Però, la parola tradotta con “eletta come voi” è al femminile. Si potrebbe tradurla così: “la femmina eletta come voi”. Perciò, è quasi sicuramente corretto tradurla con “la chiesa eletta”. La chiesa non è un'istituzione, ma piuttosto è l'insieme dei credenti che si trovano e si riuniscono in un posto.
Pietro stava mandando dei saluti dai credenti che si trovavano con lui a Babilonia, ai lettori di quest'epistola.
Non siamo sicuri se Pietro intendesse la vera Babilonia, in Mesopotamia, oppure, se usò il nome Babilonia in senso simbolico per indicare Roma. Se Pietro fosse stato a Roma, avrebbe potuto non citarla palesemente, in considerazione della persecuzione che c'era da parte di Nerone. Però, è anche molto possibile che si trovasse nella vera città di Babilonia, dove vivevano ancora tanti giudei, per curare quelli che avevano creduto in Gesù Cristo.
Che indichi o l'una o l'altra città non cambia il senso. La chiesa, ovvero l'insieme dei credenti che si trovavano con Pietro, mandava dei saluti ai credenti che erano i destinatari di questa lettera.
Notiamo che, fra tutti i termini che Pietro avrebbe potuto usare per descrivere i credenti, lo Spirito Santo lo guidò a dire “eletti come voi”. Ogni vero credente è un credente, perché è stato eletto da Dio. Siamo salvati perché Dio stesso ci ha eletti nell'eternità passata, e Dio ci farà arrivare nella Sua presenza per tutta l'eternità.
Pietro aveva già parlato della nostra elezione in quest'epistola. Vi leggo 1Pietro 1:1, e anche 2:9
“Pietro, apostolo di Gesù Cristo, agli eletti che risiedono come stranieri, dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, nell’Asia e nella Bitinia,” (1Pi 1:1 LND)
“Ma voi siete una stirpe eletta, un regale sacerdozio, una gente santa, un popolo acquistato per Dio, affinché proclamiate le meraviglie di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua mirabile luce;” (1Pi 2:9 LND)
Per godere la ricchezza della nostra salvezza, per superare tanti dubbi, per non cadere nell'orgoglio di credere che abbiamo cercato da soli Dio mentre altri non Lo hanno cercato, come se avessimo qualche merito, dobbiamo sempre ricordare la meravigliosa verità che siamo salvati perché siamo stati eletti da Dio per la salvezza.
La chiesa che è eletta come voi vi saluta
Avendo ricordato a questi credenti, ed anche a noi, che siamo eletti, Pietro manda i saluti da parte della chiesa in cui si trovava, ai lettori di quest'epistola.
Il saluto è un augurio. Esistono due tipi di saluto. C'è il saluto formale, dietro al quale non c'è alcun amore per la persona che viene salutata. Vediamo questo saluto spesso.
Esiste anche un saluto del tutto diverso, un saluto che viene dalla gioia di vedere una persona per la quale si ha un profondo amore. Si vede questo tipo di saluto in un aeroporto, quando un soldato arriva a casa dopo una lunga assenza a causa della guerra.
Il vero saluto è un desiderio per la pace, per la vera prosperità, e per la gioia dell'altra persona. Quindi, un vero saluto esprime un vero amore per l'altra persona.
Il saluto fra credenti non deve mai essere una semplice formalità, ma piuttosto, un sentito modo di accogliere o lasciare gli uni gli altri.
Quasi sicuramente, i credenti della chiesa dove Pietro si trovava non conoscevano personalmente i credenti dell'Asia, i destinatari di questa lettera. Eppure, sentivano un legame con loro, perché capivano di fare parte della famiglia di Dio con loro. Sapevano di essere stati eletti come loro, e quindi, sapevano di essere co-eredi con loro della salvezza eterna in Cristo. Per questo motivo, mandavano questi saluti, saluti sentiti, saluti pieni di amore fraterno.
Oh che possiamo anche noi avere questo tipo di amore, non solo per i membri della nostra chiesa locale, ma come vediamo in questo versetto, anche per altri credenti nel mondo con cui possiamo avere qualche contatto.
Dal fallimento all'essere molto utile
Ora, arriviamo ad un breve commento che può esserci di grande incoraggiamento, se ci fermiamo a considerarlo. Dopo che Pietro ha mandato un saluto dalla chiesa che si trovava in Babilonia, aggiunge la frase:
Anche Marco, mio figlio, vi saluta.
Se riflettiamo, queste poche parole possono esserci di grande incoraggiamento. Avete notato come?
Qua, Pietro manda un saluto particolare da Marco, che ovviamente era con lui. È molto utile considerare chi era questo Marco, e come Dio aveva lavorato in lui, perché ci aiuta a capire come Dio può operare grandemente nella vita di qualcuno, anche dopo un fallimento.
Questo Marco è quasi sicuramente il cugino di Barnaba, che aveva accompagnato Paolo e Barnaba nel loro primo viaggio missionario. In quel viaggio, Marco li aveva lasciati, probabilmente perché aveva avuto paura. In seguito, quando Paolo volle partire di nuovo in missione, rifiutò di portare Marco con sé, al punto che lui e Barnaba si separarono, e Barnaba portò Marco con sé. Vi leggo da Atti 15:
“35 Anche Paolo e Barnaba rimasero ad Antiochia, insegnando ed annunziando con molti altri la parola del Signore. 36 Alcuni giorni dopo, Paolo disse a Barnaba: "Torniamo ora a visitare i nostri fratelli in ogni città dove abbiamo annunziato la parola del Signore, per vedere come stanno". 37 Or Barnaba intendeva prendere con loro Giovanni, detto Marco. 38 Ma Paolo riteneva che non si dovesse prendere con loro colui che si era separato da loro in Panfilia, e non era andato con loro all’opera. 39 Ne nacque allora una tale disputa che si separarono l’uno dall’altro, poi Barnaba, preso Marco, s’imbarcò per Cipro.” (Atti 15:35-39 LND)
A quel punto, Paolo non voleva più avere Marco come collaboratore, perché nel primo viaggio non si era dimostrato affidabile. Barnaba invece si sentiva di continuare a collaborare con Marco. Anzi, se ricordiamo che il nome Barnaba era un soprannome, che vuol dire “figlio di consolazione”, possiamo capire che Barnaba voleva aiutare Marco a maturare e a diventare utile al servizio di Dio. Quindi, Barnaba preferì separarsi da Paolo, per poter curare Marco.
Dalle Scritture, sappiamo che Dio ha benedetto grandemente Paolo nei suoi viaggi senza Marco. Però, evidentemente, anche l'impegno di Barnaba nella vita di Marco portò buon frutto. Infatti, sappiamo che alcuni anni più tardi, Marco fu di nuovo fra i collaboratori di Paolo, come leggiamo in Filemone 1:24, lettera scritta allo stesso tempo di Colossesi.
“Marco, Aristarco, Dema e Luca miei compagni d’opera, ti salutano.” (Filemone 1:24 LND)
Anche nella lettera ai Colossesi, Paolo menziona Marco.
“Aristarco, prigioniero con me, vi saluta, assieme a Marco, il cugino di Barnaba (riguardo al quale avete ricevuto istruzioni; se viene da voi, accoglietelo)” (Col 4:10 LND)
Poi, nell'ultima lettera scritta da Paolo, egli chiese che Marco gli fosse mandato, perché gli era molto utile. Vi leggo da 2Timoteo 4:11, scritto da Paolo mentre si trovava in carcere a Roma, aspettando la morte:
“Soltanto Luca è con me, prendi Marco e conducilo con te, perché mi è molto utile nel ministero.” (2Ti 4:11 LND)
Quindi, lo stesso Marco che Paolo non voleva con sé prima, era maturato al punto da diventare un prezioso collaboratore di Paolo.
Non solo, ma secondo quello che è scritto dai credenti dei primi secoli, Marco diventò l'aiutante principale di Pietro, e lo accompagnò per essergli di aiuto. Infatti, in questa Epistola di 1Pietro, troviamo Marco con Pietro.
Infatti, probabilmente è stata questa stretta collaborazione fra Pietro e Marco che ha permesso a Marco, guidato dallo Spirito Santo, di scrivere il Vangelo secondo Marco. La sua conoscenza degli avvenimenti di Gesù era dovuta ai suoi anni di collaborare con Pietro.
Allora, se dovessimo valutare Marco come servitore di Dio quando lasciò Paolo e Barnaba, potremmo dire che fu un fallimento, inutile per l'opera di Dio.
Però, la sua storia non finisce là. Evidentemente Dio si è servito di Barnaba, e Marco è diventato un uomo di cui Dio si è servito tantissimo. È stato un grande aiuto sia per Paolo che per Pietro. È stato scelto da Dio per scrivere un Vangelo.
Vedo due lezioni importanti qua per noi. Prima di tutto, non dobbiamo presumere che uno che fallisce oggi non potrà mai più essere usato da Dio. Dio può recuperare chiunque. Questo vale sia per gli altri, sia per noi stessi. Forse TU ti senti un fallimento, e forse hai veramente mancato grandemente in qualcosa che Dio ti aveva dato da fare. Ricordati che Dio può recuperarti! Ravvediti, riprendi la via, guarda a Cristo, e offriti a Dio per quello che Egli vuol fare in te!
Come Dio può recuperare noi, può recuperare altri. Perciò, impariamo ad avere grande pazienza gli uni con gli altri, quando uno fallisce.
Una seconda lezione che impariamo dalla vita di Marco è quanto Dio può fare tramite un credente che si dedica a recuperare coloro che falliscono, come fece Barnaba. Quando Paolo e Barnaba si separarono, a causa di Marco, Paolo ebbe ragione di non voler portare Marco con sé. Se Marco si era già ritirato nel loro primo viaggio, non era pronto per una missione che era ancora più piena di grandi difficoltà e persecuzioni.
Però, anche Barnaba fece una buona scelta, decidendo di compiere una missione meno difficile, per poter aiutare Marco ad inserirsi di nuovo nel ministero. Infatti, vediamo che Dio ha grandemente benedetto l'impegno di Barnaba, e Marco è diventato estremamente utile a Paolo, e anche a Pietro.
Prego, perciò, che come chiesa possiamo avere tante persone come Barnaba, pronte ad impegnarsi a recuperare coloro che falliscono.
Saluti come segno di amore fraterno
Ora, arriviamo all'ultimo versetto di questa Epistola. Pietro ha concluso i suoi discorsi. È tempo di arrotolare la pergamena e mandarla per mano di un fedele collaboratore alle chiese in Asia. Con la penna in mano, Pietro vuole aggiungere un'ultima riga, guidato dallo Spirito Santo di Dio. Leggiamo il v.14.
“Salutatevi gli uni gli altri con un bacio d’amore. Pace sia a voi tutti che siete in Cristo Gesù. Amen.” (1Pi 5:14 LND)
Consideriamo per primo le parole: “Salutatevi gli uni gli altri con un bacio d’amore.”
Pietro esorta questi credenti a salutarsi fra di loro con un bacio d'amore.
È assolutamente fondamentale che i nostri rapporti siano basati sull'amore. Perciò, chiudendo questa lettera, Pietro comanda ai credenti, e quindi, anche a noi, di salutarsi gli uni gli altri con un bacio d'amore.
Chiaramente, alla luce dei comandamenti di non essere ipocriti, se ci salutiamoci gli uni gli altri con un bacio d'amore, implica che dobbiamo anche amarci gli uni gli altri sempre, e non solo quando ci salutiamo.
Poi, pensando proprio al fatto di salutare gli uni gli altri con un bacio d'amore, possiamo capire che dobbiamo avere un amore così profondo e sentito gli uni per gli altri che quando li vediamo, saremo spinti a salutarli con un bacio di amore.
È chiaro che questo bacio è un bacio santo e puro. Il mondo contamina quasi tutto quello che Dio ha creato, ma noi possiamo continuare ad utilizzare le cose pure che Dio ha creato per lo scopo che Egli ci ha dato. Quindi, un santo bacio d'amore è qualcosa che Dio ci comanda, nella fratellanza. Vediamo un comando serio da parte di Paolo in Romani 16:16
“Salutatevi gli uni gli altri con un santo bacio; le chiese di Cristo vi salutano.” (Rom 16:16 LND)
In Atti 20, Paolo stava salutando gli anziani di Efeso per l'ultima volta. Notiamo come essi contraccambiano al suo saluto. Vi leggo il v.37.
“Allora tutti scoppiarono in un gran pianto e, gettatisi al collo di Paolo, lo baciavano,” (Atti 20:37 LND)
Oh che possiamo anche noi amarci come Dio ci comanda! Il santo bacio come saluto è una piccola ma importante parte di quell'amore.
La pace sia con voi
Ora, consideriamo le ultime parole di quest'epistola. Leggo ancora la seconda parte del v.14.
“Pace sia a voi tutti che siete in Cristo Gesù. Amen.” (1Pi 5:14 LND)
Pietro conclude la sua Epistola con una preghiera per i suoi lettori, e quindi, anche per noi. Egli prega che Dio dia loro l'immenso dono della pace. Pace sia a voi tutti che siete in Cristo Gesù. Questa pace è solamente per i veri credenti.
La vera pace viene solo da Dio, e riguarda la condizione del cuore, non le circostanze esterne. La vera pace nel cuore dipende dall'avere pace con Dio, e dall'avere la pace di Dio.
Il più grande bisogno dell'uomo è di avere pace nel suo cuore. Se ha vera pace, allora sta bene, in qualsiasi situazione in cui si trova. In questo nostro cammino come pellegrini sulla terra, aspettando la nostra eredità eterna, abbiamo bisogno di pace.
Perciò, Pietro conclude questa sua epistola pregando proprio per la pace. Egli sapeva di rivolgersi a Dio per ottenere la pace. Impariamo anche noi a cercare la pace solo in Dio e non altrove! Non chiediamo a Dio di cambiare le nostre circostanze, piuttosto, chiediamo che possiamo avere la sua preziosa pace!
Notiamo che Pietro prega questo per tutti coloro che sono in Cristo Gesù.
Essere in Cristo Gesù vuol dire essere coperti con la giustizia di Cristo. Essere in Cristo vuol dire avere libero accesso al Padre. Quando arriverà l'ira di Dio a giudicare tutto il mondo, l'unico rifugio in tutto l'universo sarà “in Cristo!”.
Essere in Cristo, perciò, descrive la vera salvezza. Nessun rito umano può mettere uno “in Cristo!” Nessun sacramento, nessuna chiesa o gruppo può mettere un suo membro in Cristo. Il fatto di avere genitori salvati non può farti essere “in Cristo”.
L'unico modo di essere in Cristo è tramite il ravvedimento e la fede in Gesù Cristo. Perciò, è una porta stretta, ma una porta aperta a tutti.
Chi è in Cristo Gesù ha pace con Dio. Pace con Dio! Non esiste tesoro in tutto il mondo così meraviglioso! Nonostante la nostra debolezza, il che significa che spesso cadiamo nel peccato, nonostante i nostri frequenti dubbi e fallimenti, noi abbiamo pace con Dio perché siamo in Cristo Gesù. Egli è la nostra pace! Alleluia!
Pietro conclude questa lettera con la parola “Amen”! Amen, così sia. Sì Signore, la pace di Dio sia con ogni persona che è in Cristo Gesù, ora e per l'eternità.
E anche io concludo, non solo questo sermone, ma tutta questa serie di sermoni su quest'epistola, dicendo: AMEN. Sì Signore, o Padre nostro, Amen.
Oh che possiamo vivere le verità che abbiamo visto in questa Epistola, e così gioire in Cristo, e camminare in santità, sia che vengano sofferenze oppure grandi vittorie. Abbiamo l'eternità davanti a noi! Guardiamo in avanti mentre camminiamo su questa terra! Gesù sta per arrivare!
M.D.