L’ordine dei sacrifici
Georges André
Perché l’olocausto ci è presentato per primo, mentre noi avremmo, con la massima naturalezza, messo in primo luogo il sacrificio per il peccato e il sacrificio di riparazione?
Dandoci la rivelazione della sua Parola, Dio procede dall’interno verso l’esterno. Per il tabernacolo Egli non ci presenta prima il cortile, poi il luogo santo e poi il luogo santissimo; ma pone davanti a noi prima di tutto l’Arca che è nel luogo santissimo, poi gli oggetti del luogo santo, poi il tabernacolo stesso e infine il cortile (Esodo cap. 25, 26 e 27). Lo stesso per i sacrifici; l’olocausto viene in primo luogo seguito dall’offerta di panatica, dal sacrificio d’azioni di grazie e dal sacrificio per il peccato. La perfezione della vittima, la sua consacrazione a Dio, hanno il primo posto.
Infatti, a motivo della sua devozione alla volontà di Dio, Cristo è stato fatto peccato per noi. Bisognava che fosse messo sotto i nostri occhi, prima di tutto, ciò che Cristo è per Dio, ciò che solo Lui può apprezzare pienamente.
Un sacerdote è un uomo spirituale (1 Corinzi 2:15) che considera innanzitutto ciò che è dovuto a Dio. Non è che nella misura con la quale conosciamo la grandezza del sacrificio di Cristo, che noi possiamo valutare la gravità del peccato. Ai nostri occhi, un peccato conta secondo le conseguenze che può avere sia per noi stessi, sia per la nostra famiglia, sia dal punto di vista sociale. Ma quando contempliamo l’immenso sacrificio che è stato necessario per togliere il peccato, comprendiamo un po’ meglio la gravità del peccato. Il fatto che Dio abbia dovuto essere manifestato in carne e abitare in mezzo a noi, e che dopo aver fatto risplendere la sua perfezione come Uomo sulla terra, il Figlio di Dio abbia offerto se stesso in sacrificio, perché non c’era altro mezzo per togliere i peccati, ci fa conoscere molto meglio e molto più profondamente di ogni altra cosa che un solo peccato è più orribile per Dio di quanto non lo siano per noi mille peccati, e anche tutti i peccati del mondo.
Ma se si tratta del cammino che ci conduce a Dio, il sacrificio per il peccato viene in primo luogo; il suo valore è infinito. Sapere che il sangue di Gesù Cristo ci purifica da ogni peccato è la base della nostra fede, ma il sapersi purificati non è tutto; bisogna anche sapere che si ha la pace con Dio e la comunione con Lui a motivo del suo Figlio. Bisogna addentrarsi di più e discernere le perfezioni di Colui che è venuto nel mondo e si è offerto in sacrificio. Infine, è importante comprendere che Lui solo ha pienamente risposto a tutto ciò che Dio desiderava e che ora Dio ci vede in Cristo e ci gradisce.
Nelle prescrizioni supplementari (cap. 6 e 7), dopo aver parlato dell’olocausto e dell’«oblazione» (*), lo Spirito di Dio pone davanti a noi il sacrificio per il peccato e quello di riparazione, prima del sacrificio d’azioni di grazie.
Notiamo, infine, che se le pagine dell’Antico Testamento, e in particolare questi sacrifici del Levitico, ci parlano a più riprese della morte di Cristo, non fanno che molto raramente allusione alla sua risurrezione (come i dodici uccelli nella purificazione del lebbroso — Levitico 14 — e il covone, la mannella della primizia del raccolto — Levitico 23).
Ma se oggi possiamo ricordarci d’un Salvatore che è stato morto, noi conosciamo un Signore vivente: «Fui morto, ma ecco, sono vivente per i secoli dei secoli» (Apocalisse 1:18).
È non soltanto Gesù risuscitato, ma Gesù elevato nel cielo, seduto alla destra di Dio! Nel Tabernacolo non vi erano sedie: i sacerdoti non potevano mai sedersi, ad indicare che il loro servizio non era mai finito. Ma il Signore Gesù, avendo compiuto un’opera perfetta che non sarà mai ripetuta, si è posto a sedere nel «santuario», nel cielo; ed è così che noi lo consideriamo ora; più ancora, noi attendiamo il suo ritorno per essere presi e portati presso di Lui, cosa che i santi di altri tempi ignoravano.