La crisi economica
[Pubblichiamo questo editoriale de Il Messaggero avventista, aprile 2008, rispecchia la realtà odierna? N.d.r]
La crisi economica ha messo in fibrillazione le redazioni dei quotidiani del mondo intero. Dall’inizio dell’anno, in Italia, sono stati “bruciati” 1.800 miliardi di euro (300 miliardi in un solo giorno). Alan Greenspan, ex titolare della Banca Federal Reserve, ha detto che “è la crisi più dolorosa dalla seconda guerra mondiale”. Per descrivere questo difficile momento è stato coniato un nuovo termine stagflation (inflazione + stagnazione). Crescita economica lenta, tasso elevato di disoccupazione e aumento dei prezzi sono fonti di preoccupazioni per tutti gli economisti.
Alla fine del I secolo, l’apostolo Giacomo ricorda ai ricchi del suo tempo che la perdita del valore delle monete di scambio è foriera anche di ingiustizie sociali e di frodi: “Il vostro oro e il vostro argento sono arrugginiti, e la loro ruggine sarà una testimonianza contro di voi… Ecco il salario da voi frodato ai lavoratori che hanno mietuto i vostri campi, grida…” (Gc 5:1-6).
Se il sistema economico è orientato solo verso la produzione e il profitto non può non mercificare lentamente tutti gli aspetti della vita sociale e appiattire gli individui sulla dimensione di produttori/consumatori.
Ma esiste un altro modello economico, invisibile e spesso sottovalutato: quello del dono. Il lavoro domestico, la crescita dei figli, la loro formazione scolastica rientrano nella categoria del dono, una cosa che tutti i genitori del mondo conoscono benissimo.
Alcuni studiosi sono giunti a dire che l’economia del dono fa muovere maggiori capitali rispetto all’economia dell’utile. Basti pensare alle organizzazioni umanitarie che si sostengono grazie alla solidarietà dei loro benefattori, alle comunità che si mantengono grazie alle offerte dei loro fedeli!
Al centro degli scambi dell’utile si trovano le merci, negli scambi d’amore i protagonisti sono le persone. Nel primo caso c’è la ricerca di un soddisfacimento egoistico, nel secondo c’è il desiderio di prendersi cura dell’altro. Entrare a far parte di una comunità significa, in effetti, cercare il paradigma del dono e non quello del profitto. La parola stessa “comunità” è composta da cum, con, e munus che significa dono. Quando si vuole applicare l’economia del profitto alla comunità cristiana allora nasce quella deformazione che nella storia della chiesa è diventata famosa con il termine di simonia. Il mago Simone era disposto a offrire del denaro per ricevere lo stesso potere che avevano gli apostoli. Pietro gli disse: “Il tuo denaro vada in perdizione, perché hai creduto di poter acquistare con denaro il dono di Dio” (Atti 8:20).
Il dono di Dio è offerto gratuitamente a coloro che hanno fiducia in lui. Nessuna moneta e neppure l’oro (oltre 1.000 dollari l’oncia) possiedono tanto valore da ripagare il Signore per il dono della vita. Tutti gli uomini e le donne del pianeta dovrebbero assumersi la responsabilità di salvaguardare la vita, valorizzando non le cose, gli oggetti, le merci, ma i soggetti, le persone. Se il danaro smette di essere un mezzo, diventa un idolo implacabile che trascina alla deriva l’uomo, l’ambiente, il pianeta terra. Ecco perché Gesù ha esortato i suoi discepoli a farsi un “tesoro in cielo” perché, aggiunge, “dov’è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore” (Mt 6:21).