Nei capitoli precedenti abbiamo potuto seguire l'esame del peccato, dalla sua origine al suo sviluppo nell'uomo e nella creazione. E' necessario ora che ci soffermiamo a considerare l'aspetto più importante dell'immenso conflitto, nel quale sono impegnate le potenze del bene e quelle del male.
Il peccato ha attaccato il lavoro di Dio, ha aperta una, breccia, è penetrato, si è allargato, ma la sua vittoria non è stata né assoluta, né definitiva, sopratutto rispetto a Dio che è il vero avversario del peccato.
Come abbiamo già detto, anzi, le molteplici vittorie del peccato sono state incluse da Dio, nel suo immenso piano strategico, come elementi necessari per il conseguimento della vittoria finale.
Dio è il vincitore; le vittorie del peccato sono soltanto parziali e momentanee mentre la vittoria del Cielo adempie fedelmente il piano concepito nell'eternità.
Non dobbiamo perciò meravigliarci se dopo aver esaminato il problema del peccato nel suo rigoglioso sviluppo ci soffermiamo ora ad esaminare il problema della vittoria sul peccato. Dobbiamo anzi ammettere che questo è l’aspetto più normale e più logico del complesso problema.
Il peccato è stato sconfitto!
Quella potenza negativa che sembrava indomabile è stata spogliata della sua armatura ed è stata, ancora una volta, aggiogata al carro trionfante di Dio.
Per un uomo è entrato il peccato nella creazione e quindi si è verificata la vittoria del peccato; per un uomo altresì è tornata la giustizia nella creazione e con questa si è realizzata la vittoria sul peccato.
La vittoria sul peccato non è ancora pienamente manifestata nel mondo, ma non per questo è incompleta, Il peccato è un nemico vinto e nonostante che la sua presenza offenda ancora il mondo e l'uomo, la sua sorte è già segnata dalla conclusione di una battaglia che al Golgota lo ha definitivamente sconfitto.
E' estremamente difficile esprimere in termini umani il processo di causa ed effetto attraverso il quale si è determinata la sconfitta del peccato, ma, per grandi linee, tutti comprendiamo che, come il dubbio, l'orgoglio, l'infedeltà hanno determinata la vittoria del peccato, così la fede, l'umiltà e l'ubbidienza hanno conquistato la vittoria sul peccato.
Era necessario però che questa vittoria fosse raggiunta da uno che non ne avesse bisogno per se e quindi che potesse trasferirla ad altri e per questa ragione il Figliuolo dell'uomo, non discendente d'Adamo, (perché concepito senza seme umano) ha affrontato l'immane battaglia sul piano della fede più profonda (Giovanni 8:26), dell’umiltà più assoluta (Filippesi 2:6-
e dell'ubbidienza più incondizionata (Giovanni 17:4; 19:30; Matteo 26:42,) e ha sconfitto in se stesso il peccato raggiungendo una vittoria completa.
Egli non aveva bisogno di questa vittoria per se, perché in cielo e in terra era esente dal peccato e quindi non era coinvolto nella sconfitta dell'umanità e perciò si è potuto presentare come "l'Agnello di Dio che toglie il peccato dei mondo".
L’Agnello del quale Cristo è l'antitipo, cioè l'agnello che veniva offerto per togliere, in figura, il peccato, non s'immolava per se stesso perché esso era il simbolo stesso dell'innocenza, e cosi Cristo si è dato per conquistare una vittoria che avrebbe potuto essere trasferita a quanti si fossero uniti a Lui per una legge di solidarietà spirituale mediante la fede.
Cristo ci da la sua umiliazione, la sua fede, la sua ubbidienza; ci da, insomma, la sua giustizia giustificante che rappresenta la vittoria sul peccato e così adempie la Scrittura che ci dichiara che "Egli è apparito per disfare le opere del diavolo".
Ma l'opera vittoriosa di Cristo che viene partecipata agli uomini come "grazia", cioè come "favore divino immeritato" non compie soltanto un'opera giuridica di condono o di giustificazione (Romani 4:25; 5:1), ma compie un'opera profonda di rigenerazione che ci rende partecipi della natura divina (Efesi 4:24; Giovanni 1:13; 3:6; 2° Pietro 1:4; 1 Giovanni 5:1).
Infatti, come la solidarietà con Adamo ci rende partecipi di una debolezza conseguente alla vittoria del peccato, così la solidarietà con Cristo ci mette in possesso di una potenza derivante dalla vittoria sul peccato conquistata per noi. E' per questo motivo che Paolo può dire: "Il peccato non vi signoreggerà poiché non siete sotto la legge, ma sotto la grazia".
La legge ha dato conoscenza del peccato, cioè ha reso il peccato estremamente peccante, ma non lo ha avvilito, La grazia invece ha affrancato l'uomo dal peccato e lo ha sollevato in alto nella vittoria di Cristo.
Anche Giovanni afferma solennemente: "Chi è nato da Dio non pecca…", ed altrove: « ... non può peccare perché è nato da Dio".
Naturalmente questi versetti vanno rettamente intesi perché non generino l’erroneo concetto che la rigenerazione conduca con se l'infallibilità.
Il peccato è vinto in potenza e colui che partecipa questa vittoria nella rigenerazione, riceve "il seme di Dio in se stesso"; questo non lo rende infallibile in senso assoluto, ma lo fa ascendere da un piano di peccaminosità naturale ad un piano di santità soprannaturale e ne consegue che, mentre precedentemente alla grazia "non operava la giustizia", cioè compiva il peccato come regola ed il bene soltanto come eccezione, nella rigenerazione "non pecca", cioè opera il bene come regola ed il male come eccezione.
Non vorremmo che quanto detto in questo capitolo servisse a creare una visione unilaterale della vittoria di Cristo, che nel suo aspetto generale è notevolmente, o meglio infinitamente, più complessa di quanto appaia nella nostra scheletrica esposizione. Noi abbiamo soltanto cercato di mettere in evidenza il processo di questa vittoria nel suo aspetto riflessivo nei confronti dell'umanità, ma questo non ci fa dimenticare che la vittoria di Cristo può essere considerata e valutata sotto molteplici aspetti che ci parlano costantemente di vittoria sul peccato.
Comunque, nell'avviarci alla conclusione, vogliamo sottolineare che la vittoria di Cristo si trasforma o diviene la vittoria dell'uomo soltanto quando questo si unisce intimamente a Cristo per una legge di solidarietà spirituale. Questa unione, in un certo senso, trasferisce all’uomo tutta la giustizia e tutta la potenza vittoriosa di Cristo, mentre dal lato opposto trasferisce su Cristo tutte le colpe e tutti i giudizi che colpiscono l'uomo perché Egli possa annientare ogni realtà negativa nella croce del Calvario (1° Pietro 2:24).
Quest'ultima dichiarazione, però, investe il problema della vittoria di Cristo sotto l'aspetto del "sacrificio vicario" o della "giustizia placata" e noi non lo approfondiamo ulteriormente in questo scritto nella convinzione che esula dall'argomento del presente studio.
Ma, per concludere il soggetto del presente capitolo, vogliamo insistere nel chiarire che il peccato è sconfitto nella vittoria di Cristo.
L'uomo è stato vinto dal peccato perché ha servito il peccato ed è divenuto "schiavo" del peccato fino al limite della dichiarazione dell'Apostolo: "Tutto il mondo giace nel maligno ».
I termini di questa schiavitù sono costituiti da "un motivo morale" e da "un motivo giuridico": l’uomo si è piegato al peccato ed è divenuto succube del peccato questo è il motivo morale. L'uomo altresì ha consumato il peccato ed è divenuto colpevole in conseguenza del peccato e questo è il motivo giuridico.
Ormai però il peccato è stato vinto in Cristo e quindi i due termini della schiavitù umana sono stati superati e tutti coloro che si uniscono a Cristo vengono vivificati nella sua vittoria e perciò liberati dall'influenza del peccato: il motivo morale viene così eliminato. Coloro che si uniscono a Cristo vengono altresì perdonati e giustificati dei loro peccati nella giustizia di Cristo e quindi anche il motivo giuridico viene neutralizzato.
La vittoria è completa anche se non è completamente manifesta nella causa e negli effetti. Il peccato non è più un sovrano invincibile, ma un signore destituito e spodestato: egli può ormai signoreggiare soltanto coloro che desiderano volontariamente il suo gioco, perché tutti quelli che vogliono riacquistare la completa libertà, e quindi la vita, nel senso più intero della parola, possono uscire facilmente dalle maglie della sua rete per la vittoria di Cristo.
Quindi, per concludere, il peccato che era entrato nella creazione con un cantico di trionfo è ridotto ormai, nella creazione stessa, ad essere un re in esilio che va elemosinando favori ed onori.