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 Come comportarsi nello stato attual

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Come comportarsi nello stato attuale

Come comportarsi nello stato attual Presen10

André Gibert
Come comportarsi nello stato attuale
1.3.1 Le diverse categorie dei gruppi cristiani
I gruppi che formano la cristianità attuale potrebbero essere suddivisi in tre categorie. Le prime due comprendono tutto ciò che viene ufficialmente denominato «chiese». Sono società organizzate, con leggi e regole, ciascuna col suo clero distinto dai semplici fedeli.

a) Chiese cattoliche (romana e ortodossa)
La chiesa romana afferma di essere la Chiesa, l’unica, e monopolizza il titolo di cattolica, cioè universale. La stessa rivendicazione caratterizza le grandi Chiese orientali (o ortodosse) che non riconoscono il papa di Roma (*). Secondo il loro insegnamento, ogni individuo deve ricorrere ad esse per ottenere la salvezza, l’amministrazione dei loro sacramenti dispensa al fedele la grazia divina, ed è necessario per questo un clero investito di un potere divino, che è trasmesso dal tempo degli apostoli per ordinazione.

_____________________
(*) Recentemente queste chiese stanno compiendo grossi sforzi per avvicinarsi, cercando di eliminare le antiche barriere di natura dottrinale che portarono allo scisma nell’anno 1054. (n.d.r.)
¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯

Non è questo il momento di esporre le loro dottrine e ancor meno di sollevare controversie. Non avremmo molta difficoltà a contestare che questa unità così enfatizzata contiene, in realtà, una molteplicità di interpretazioni e di forme religiose. Rileviamo soltanto che l’insegnamento della Scrittura non considera la Chiesa come un organismo che dà la salvezza, ma come un organismo formato da persone salvate, il che è completamente diverso.

b) Chiese non cattoliche
Le altre chiese sono delle organizzazioni religiose che si sono separate dalla chiesa romana all’epoca della Riforma protestante, per costituire chiese indipendenti, distinte dal resto della Cristianità. Siano esse «nazionali» o no, ciò non cambia nulla al loro principio. Normalmente esse riconoscono quella che viene chiamata «Chiesa invisibile» edificata da Cristo e di cui Dio solo conosce tutti i membri, ma si considerano come delle associazioni, stabilite nel modo migliore a seconda delle epoche e dei paesi, necessarie per riunire adepti in maggior numero possibile, ammaestrarli e condurli a celebrare servizi religiosi.

La loro base di radunamento consiste in una particolare confessione di fede. Possiamo affermare che queste chiese ufficializzano il frazionamento della Chiesa. Ciascuna è separata dalle altre, anche se riconosce la presenza anche in quelle di veri cristiani_ Qualunque sia il cammino individuale dei loro ministri, dei loro pastori o dei fedeli, cammino sovente irreprensibile, il loro principio, la loro stessa organizzazione, nega l’unità di tutti i credenti.

Delle due categorie sopra ricordate, la prima, la chiesa cattolica, pretende di avere l’unità, l’altra di fatto la disconosce; entrambe sono formate da un insieme di veri credenti e di professanti non convertiti.

c) «Fuori dal campo» (Ebrei 13:13)
Un’altra categoria è formata dai radunamenti di credenti usciti dalle chiese delle due prime categorie per riunirsi secondo gli insegnamenti della Parola, senza clero, senza regolamenti particolari, ma soltanto nel nome del Signore Gesù. Sicuramente ve ne sono stati in tutti i tempi, ma quando lo Spirito di Dio ha soffiato per risvegliare la Chiesa, agli inizi dell’ottocento, col pensiero della imminente venuta dello Sposo, molte anime si sono poste questa domanda: Dov’è la Chiesa nella confusione attuale? E hanno deciso di uscire verso Cristo, fuori da ogni ambiente ecclesiastico.

Purtroppo, anche in questo caso il Nemico è stato attivo ed è riuscito a creare tanto disordine e a provocare tante divisioni al punto che, dopo quasi cinque generazioni, non ci rimane che chinare il capo, con vergogna. Molte anime sincere si domandano: Cosa fare? Dov’è il sentiero della verità?

Siamone certi, vi è sempre il modo di ubbidire al Signore, una via da percorrere che occhio non ha veduto e che non è salita in cuor d’uomo, ma preparata da Dio per coloro che lo amano.

1.3.2 Una chimera: il ritorno della cristianità alle origini
Non riusciremmo più a costruire la Chiesa com’era all’inizio degli Atti. È impossibile. Un principio generale presente in tutta la Scrittura è che Dio non restaura mai ciò che l’uomo ha rovinato, ma dà sempre qualche cosa di migliore.

Dio sopporta ancora la cristianità, e noi siamo tenuti a camminare con le risorse e le indicazioni che Egli fornisce. Non dobbiamo sognare una restaurazione che contraddirebbe l’insegnamento stesso degli apostoli come è stato prima ricordato. Del resto ci mancherebbero gli elementi capitali di quell’epoca: gli apostoli con la loro potenza e i segni che accompagnavano la loro predicazione. Gli apostoli hanno posto il fondamento, hanno adempiuto al loro compito, non sono stati sostituiti. Spettava alla Chiesa essere fedele.

Così, vi sono cose che non ritorneranno mai. Quando noi diciamo che ci raduniamo come i primi cristiani non è del tutto esatto.

1.3.3 Ciò che rimane valido
I credenti di oggi devono fare esattamente come i primi cristiani: ubbidire alla Parola, quella che gli apostoli da lungo tempo ci hanno lasciato dopo averla trasmessa fedelmente secondo l’ispirazione che avevano ricevuto. Il fondamento che essi hanno posto è immutabile, e dobbiamo basarci su questo fondamento che è Cristo stesso, il Cristo degli evangeli e delle epistole, e non sul fondamento di pensieri umani, di dottrine teologiche o di sistemi filosofici, poiché «nessuno può porre altro fondamento che quello già posto, cioè Gesù Cristo» (1 Corinzi 3:11).

Dio non ha smesso di lavorare, Cristo continua a costruire, e la casa spirituale di 1 Pietro 2:5 continua ad essere edificata nella sua perfezione. Nel contempo, la casa visibile sulla terra è affidata alla responsabilità dell’uomo (1 Corinzi 3:12).

Volenti o nolenti, come cristiani «noi vi edifichiamo sopra»; facciano dunque ben attenzione a «come edifichiamo»! Con quali materiali, quali direttive, quali forze? Che cosa, del nostro lavoro, sopporterà la prova del fuoco? Ma non ci scoraggiamo. Ricordiamoci che disponiamo sempre di tre grandi risorse permanenti:

           - la Persona di Gesù, il centro di radunamento

           - la Parola di Dio

           - lo Spirito Santo, Spirito d’amore, di potenza e di consiglio (2 Timoteo 1:7).

Il profeta Aggeo ha incoraggiato i fedeli a ricostruire la casa dell’Eterno (non certamente identica a quella di Salomone, ma con l’altare posto sullo stesso basamento) dicendo loro: «Fortificati, o popolo mio... poiché Io son con voi; e la Parola... e il mio Spirito dimorano tra voi». (Aggeo 2:4 - 5). Quanto più dimorerà con i credenti che vogliono ubbidire!

Queste divine presenze sono a nostra disposizione come ai primordi della cristianità, e non verranno mai a mancare finché la Chiesa sarà sulla terra. «Siate forti e costruite».

1.3.4 Le caratteristiche permanenti di un’assemblea di Dio
Per quanto concerne il radunamento, ci è prescritto di non abbandonarlo, «e questo tanto più che voi vedete avvicinarsi il gran giorno» (Ebrei 10:25). Non dobbiamo pretendere di ricostruire la Chiesa o essere la Chiesa; è però necessario che siamo convinti di quanto in tutti i tempi il Signore ha richiesto alla Chiesa, cioè l’adempimento delle funzioni precedentemente ricordate con la consapevolezza dei privilegi che Egli le ha conferito. Anche se non ha adempiuto fedelmente la missione affidatale, essa non è stata esonerata da questa missione: glorificare Cristo, testimoniare dell’unità che Cristo ha fatto, attendere il Signore, far conoscere la Sua grazia.

Perché una riunione di «due o tre» nel nome del Signore porti ben evidenti le caratteristiche di un’assemblea di Dio, bisogna che ciascuno di questi due o tre sia individualmente convinto di ciò che il Signore richiede in merito. Se essa non manifesta queste caratteristiche, perché riunirsi? Ma se le manifesta, allora la Chiesa di Dio, che è diventata invisibile nel suo insieme, per colpa degli uomini, sarà resa visibile là dove questi due o tre sono radunati. Un tale radunamento è un’assemblea di Dio. È importante non il numero delle persone riunite, ma i caratteri del loro radunamento.

Da quali caratteri un radunamento può e deve essere riconosciuto come un’assemblea di Dio?

Riassumiamo i caratteri che ci sembrano essere indispensabili:

1°) DEVE ESSERE COMPOSTA SOLO DA VERI CREDENTI (2 Corinzi 6:14 - 18)

2°) DEVE RIUNIRSI NEL NOME DEL SIGNORE GESÙ (Matteo 18)

3°) DEVE SOTTOMETTERSI ALLA SOLA AUTORITÀ DEL SIGNORE (Apocalisse 1)

4°) DEVE SOTTOMETTERSI ALL’UNICA GUIDA DELLO SPIRITO SANTO (1 Corinzi 12:14)

5°) DEVE SOTTOMETTERSI ALL’INSEGNAMENTO DELLA PAROLA ACCETTATA NELLA SUA GLOBALITÀ

6°) NON DEVE TOLLERARE CHE IL NOME DEL SIGNORE SIA ASSOCIATO AL MALE (1 Corinzi 5:5-9, 2 Timoteo 2).

Questi caratteri possono essere mantenuti solo se i cuori sono ripieni di quell’amore che procede da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede non finta (1 Timoteo 1:5). E non devono essere soltanto esteriori.

1.3.5 Posizione conseguente a questi caratteri
I caratteri sopra descritti implicano una presa di posizione che potrebbe anche essere mal compresa e mal giudicata dagli altri cristiani; ed essa ha valore solo se dettata dall’obbedienza, nell’umiltà e in un profondo amore per tutta la Chiesa.

Questa posizione si trova necessariamente al di fuori delle prime due categorie ecclesiastiche precedentemente considerate, in quanto la prima pretende, a torto, di monopolizzare la vera Chiesa, e la seconda di fatto la fraziona. È necessario proclamare l’unità di tutta la Chiesa e nello stesso tempo separarsi da ogni sistema, anche se in esso vi sono dei membri del corpo di Cristo.

Il principio di tale radunamento è quello dell’unità del corpo di Cristo, il solo che sia approvato dalla Parola. Questa unità è manifestata alla tavola del Signore, secondo 1 Corinzi 10:16 - 17. Si partecipa ad un solo pane perché tutti i credenti sono un solo pane, un solo corpo. Il fatto che tutti i credenti siano o non siano effettivamente presenti, non esclude il privilegio e il dovere di coloro che son radunati di pensare a tutti i santi. La tavola del Signore non appartiene certamente soltanto a coloro che l’attorniano realmente, ma è rizzata per tutti i veri credenti.

In caso contrario essa diverrebbe la tavola di una setta o di una confessione particolare e negherebbe l’unità del corpo. Tutti dovrebbero essere presenti, e coloro che vi si trovano dovrebbero sentire dolorosamente il vuoto degli assenti.

Quando parliamo di un convertito che «chiede il suo posto» alla tavola del Signore, l’espressione è corretta, mentre non è esatto dire che lo si fa membro di tale o tal’altra assemblea, perché si intenderebbe con questo un gruppo indipendente dalle altre assemblee locali.

Non mettiamo in dubbio che molti credenti godano della Cena come memoriale della morte del Signore nelle varie confessioni nelle quali essa viene celebrata, ma «la tavola del Signore» non può sussistere che sul riconoscimento dell’unità del corpo di Cristo, di cui tutti i figli di Dio sono ugualmente membri.

Di conseguenza i radunamenti formati in località diverse dove la tavola è stabilita su questo principio, sono uniti perché posti nella medesima «comunione» del corpo e del sangue di Cristo. Ognuno è l’espressione dell’assemblea locale, inserita nella grande unità della Chiesa universale. Infatti l’apostolo Paolo si indirizzava alla Chiesa di Corinto, di Efeso, come se parlasse all’intera Chiesa di Dio.

L’assemblea è chiamata a tener lontano dalla tavola del Signore ogni forma di male. Essa, per questo scopo, possiede l’autorità del Signore e la esercita perché Egli è presente. Se non fosse presente essa non sarebbe nemmeno l’assemblea del Signore.

Secondo l’insegnamento di 1 Corinzi 11:28-34, coloro che mangiano il pane e bevono al calice alla tavola del Signore sono tenuti a giudicare se stessi, e l’assemblea ha la responsabilità di «togliere il vecchio lievito» nel momento in cui, se è stato trascurato il giudizio individuale, si manifesti e permanga uno stato di peccato, malgrado gli avvertimenti e la disciplina fraterna.

Non si esercita un generico diritto a giudicare (che tristezza sarebbe!), ma si rende al Signore ciò che gli è dovuto, nella preoccupazione dell’onore del suo nome e del bene della sua assemblea.

D’altronde, il medesimo principio dell’unità del corpo per cui la decisione di un’assemblea locale è valevole ovunque, impedisce di avere comunione con radunamenti dove questa disciplina non è osservata e dove un male morale o dottrinale è tollerato. (Questo fu una delle cause delle «divisioni» avvenute fra coloro che si erano inizialmente radunati al di fuori dei sistemi religiosi). «Un po’ di lievito fa lievitare tutta la pasta». Senza dubbio manchiamo di pazienza e di spirito di sopportazione, rischiamo continuamente di sostituire le nostre vedute personali al pensiero del Signore e di lasciare agire la nostra propria volontà; ma Egli non potrebbe mai sopportare che si associ al male il suo Nome.

Riassumendo:

1°) Se non vogliamo essere una setta, non dobbiamo mai perdere di vista l’unità del corpo di Cristo, proclamata nella partecipazione all’«unico pane» e, pur umiliandoci dello stato attuale della cristianità (alla quale noi apparteniamo, non dimentichiamolo), dobbiamo mantenere con riconoscenza le prerogative della Chiesa secondo il pensiero di Dio sino alla fine.

2°) Se non vogliamo essere «colpevoli verso il corpo e il sangue del Signore» (1 Cor. 11:27), dobbiamo esercitare il giudizio individuale e collettivo, affinché la comunione con Lui e tra di noi sia mantenuta con verità. Questo significa «serbare l’unità dello Spirito».

Chi è all’altezza di questo? Il segreto è avere cuori sensibili agli interessi del Signore e che amano quelli che sono Suoi; è nell’unità di spirito e nella fedeltà in tutti i settori della vita cristiana.

Gli ultimi risvegli che il Signore ha suscitato per gli ultimi giorni sono in declino come tutto il rimanente. Il Signore è il solo testimone fedele e verace; tuttavia, le promesse fatte a Filadelfia sussistono. Chiediamogli, e ci sarà concesso, lo stato di spirito e di cuore di colui al quale Egli può dire: «Pur avendo poca forza hai serbato la mia parola, e non hai rinnegato il mio nome» (Apoc. 3:Cool.
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