Una dimora, dei sacerdoti, dei sacrifici
Georges André
Nel libro dell’Esodo vediamo che Dio ha voluto trarre il suo popolo fuori d’Egitto non con il solo fine di liberarlo dalla schiavitù, ma per averlo per Sé: «Lascia andare il mio figliuolo, affinché mi serva» (Esodo 4:23).
Ma il popolo era peccatore e occorse il sangue dell’agnello della Pasqua su ogni casa perché fosse risparmiato dall’angelo distruttore. Attraverso il mar Rosso e il deserto furono condotti fino al Sinai, dove Dio potè dire: «Voi avete veduto quello che ho fatto agli Egiziani, e come v’ho portati sopra ali d’aquila e v’ho menati a me» (Esodo 19:4).
L’Eterno aggiunge: «E mi sarete un regno di sacerdoti e una nazione santa», e il profeta preciserà: «Il popolo che mi sono formato pubblicherà le mie lodi» (Isaia 43:21).
Ahimè! Israele non ha risposto a ciò che Dio aveva in vista per lui; tutti si sono presto corrotti e allontanati. Fu allora che parlando dal monte Sinai l’Eterno diede le istruzioni per costruire il tabernacolo: una dimora dove Dio potesse abitare in mezzo al suo popolo. Sempre nell’Esodo i sacerdoti, la famiglia di Aaronne, sono istituiti (capitoli 28 e 29).
Nel Levitico Dio parlerà dalla «tenda di convegno» per indicare al suo popolo come coloro che erano fuori potevano avvicinarsi a Lui nel suo santuario.
Nel libro dei Numeri (cap. 1:1) Dio parlò a Mosè nel deserto, circa il cammino verso Canaan. All’inizio del Deuteronomio (cap. 1:1), l’Eterno parlò «di là dal Giordano, nel deserto» in vista del paese di Canaan: e dà istruzioni su come bisognerà che si comportino. Vi è quindi, alla fine dell’Esodo e all’inizio del Levitico, una casa dove i sacrifici sono offerti; vediamo chi può accostarsi: sacerdoti e adoratori; e come lo fanno: con un sacrificio (Levitico cap. 1:7).
Nella prima epistola di Pietro, cap. 2 vers. 4, ci è parlato di ciò che oggi equivale a quelle ombre del passato: «Accostandovi a Lui (al Signore) pietra vivente... anche voi, come pietre viventi, siate edificati qual casa spirituale, per essere un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, accettevoli a Dio per mezzo di Gesù Cristo». Troviamo di nuovo una casa, dei sacerdoti e dei sacrifici. Ma si tratta di una casa spirituale formata dall’insieme delle pietre viventi, tutti i riscattati del Signore che hanno in Lui trovato la vita eterna e formano la sua casa, la sua Chiesa. Malgrado l’attuale stato di rovina, noi possiamo, in una certa misura, godere dei privilegi di questa casa spirituale, radunandoci attorno al Signore Gesù quali appartenenti alla Chiesa di Dio.
Oggi sono sacerdoti, «un sacerdozio santo», non gli appartenenti ad una sola famiglia, come furono Aaronne e i suoi figli, ma tutti i riscattati, come dice Apocalisse 1:5: «A Lui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati col suo sangue, e ci ha fatti essere... sacerdoti al Dio e Padre suo...». I cristiani sono, allo stesso tempo, adoratori, sacerdoti e figli. Non ci sono più sacrifici cruenti da offrire, ma dei «sacrifici spirituali», «un sacrificio di lode: cioè, il frutto di labbra confessanti il suo nome!» (Ebrei 13:15). Questa lode non è soltanto la riconoscenza dei nostri cuori per essere stati salvati, quantunque essa sia certamente al suo posto; vi è infinitamente di più: noi non veniamo davanti al Padre solamente per ringraziarlo ma anche per parlargli del suo Figlio e dell’opera che Egli ha compiuto alla croce. Davanti a Lui noi ricordiamo questa sola offerta del suo corpo compiuta una volta per sempre.
Non è, certo, una ripetizione del sacrificio; ma nelle preghiere, nei cantici o nella celebrazione della Cena, si ricorda la morte del Signore, se ne considerano, davanti a Dio, con riconoscenza e adorazione, i diversi e meravigliosi aspetti. «E così fo il giro del tuo altare» (Salmo 26:6)!