La necessità del sacrificio
Georges André
Nell’Antico Testamento, una gran quantità di esempi tipici ci parlano della morte di Cristo; essi hanno questo in comune: non presentano tanto un esempio d’amore o di devozione, quanto piuttosto una vita donata al posto di un’altra.
Cristo non è morto solamente perché è stato consacrato per essere un modello d’amore e d’abnegazione, ma: «Colui che non ha conosciuto il peccato, Egli l’ha fatto essere peccato per noi» (2 Corinzi 5:21). «Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge essendo divenuto maledizione per noi» (Galati 3:13). «Cristo ha sofferto una volta per i peccati, egli giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio» (1 Pietro 3:18).
Queste «figure» dell’Antico Testamento pongono davanti a noi tanti diversi aspetti della morte di Cristo.
Le vesti di pelle (un animale dunque era stato ucciso) di Genesi 3:21, ricorda come Dio provvide alla nudità del peccatore. Il sacrificio cruento di Abele che offre i primogeniti del suo gregge, mostra la necessità del sangue versato — «senza spargimento di sangue non vi è remissione» (Ebrei 9:22) — mentre l’offerta di Caino, frutto del suo lavoro su una terra maledetta, non è gradita. In Genesi 22, Abrahamo offrì Isacco, come Dio donerà suo Figlio; ma, di fatto, il sacrificio di Isacco non fu consumato: al suo posto venne offerto in olocausto un montone. All’istituzione della Pasqua, il sangue dell’agnello doveva essere messo su ogni porta, a indicare una appropriazione personale del sacrificio di Cristo. Il serpente di rame nel deserto ci ricorda Gesù, fatto maledizione per noi.
Isaia 53 dice espressamente: «Noi tutti eravamo erranti come pecore, ognuno di noi seguiva la sua propua via; e l’Eterno ha fatto cader su lui l’iniquità di noi tutti». Alla fine del capitolo, il profeta sottolinea quattro aspetti della croce: «Egli ha dato se stesso alla morte — è stato annoverato fra i trasgressori — ha portato il peccato di molti — ha interceduto per i trasgressori».
Da queste numerose figure, si evidenziano quelle dei capitoli da 1 a 7 del Levitico che ci comunicano l’istituzione divina dei principali sacrifici.
Troviamo in questi capitoli quattro principali sacrifici (secondo Ebrei 10:
:
Levitico cap. 1 — L’olocausto.
Levitico cap. 2 — L’offerta di focacce (le oblazioni).
Levitico cap. 3 — Il sacrificio d’azioni di grazie.
Levitico cap. 4 e 5:13 — Il sacrificio per il peccato che è intimamente legato a
Levitico cap. 5:14-19 e 6:1-7 — Il sacrificio di riparazione.
Nei capitoli 6 e 7 abbiamo la «legge», cioè le disposizioni relative a questi sacrifici.
Questi diversi sacrifici si dividono in due classi: a) I sacrifici volontari, in odor soave all’Eterno: l’olocausto, l’offerta di focacce e il sacrificio d’azioni di grazie. Essi erano completamente o parzialmente arsi sull’altare (qui il verbo «bruciare» è nell’originale il medesimo di quello usato per indicare il bruciare dell’incenso). Essi ci parlano dell’eccellenza di Cristo e della sua consacrazione fino alla morte. b) I sacrifici obbligatori: per il peccato e di riparazione. Se qualcuno aveva peccato, doveva offrire un tale sacrificio per essere perdonato: «Bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna» (Giovanni 3:14). Le vittime non erano poste sull’altare, salvo il sangue e il grasso; esse erano bruciate fuori del campo oppure mangiate dal sacerdote.