Il Velo e La donna Cristiana
I° Corinzi 11:2-16
Il contestoPaolo sta scrivendo ad una chiesa particolare, quella di Corinto; quindi una lezione per una chiesa neotestamentaria.
Nei capitoli finali l’apostolo si accinge a dare delle istruzioni relative al modo di stare insieme come chiesa. Egli risponde alle seguenti domande: "Come gestire le riunioni?" "È normale che la chiesa si riunisca, ma come?"
In questa chiesa c’erano una serie di problemi: credenti gonfi, partiti, processi, confusione sul matrimonio, eccessiva rigidità in alcune cose, e eccessivo permissivismo in altre, che portava all’idolatria. Ai giorni di Paolo, in Grecia, la città di Corinto era sotto il dominio romano, la popolazione superava il mezzo milione, in gran maggioranza pagana
ben nota per la vita estremamente depravata che conduceva ed anche per la pesante idolatria che praticava. L’influenza di questo ambiente si fece sentire nella nascente chiesa, tanto che fra i credenti predominava un’atmosfera carnale che dava luogo a disordini e a divisioni. Paolo protesta contro tale situazione, inviando questa lettera piena di riprensione, insistendo sulla necessità di mantenere l’ordine, la moralità, la spiritualità ed una linea di condotta veramente cristiana. I santi di Corinto non si preoccupavano di manifestare nella loro condotta personale quelle forme di insegnamento esposte nella lettera ai Romani, dimenticando che il cristiano deve considerarsi morto, sepolto e risuscitato con Cristo. Varie realtà erano rappresentate nella chiesa di Corinto, era necessario chiarire l’atteggiamento cristiano affinché il culto si svolgesse con ordine (1° Cor. 14:40). Le donne ebraiche e quelle romane, quando pregavano avevano il capo coperto; le donne greche, invece, erano abituate ad avere maggiore libertà, questo portò scompiglio, poiché entrambe le realtà erano ben rappresentate nella chiesa di Corinto. Ecco perché Paolo cercò di mettere pace fra queste due realtà e ordinò alle donne greche di usare il velo durante l’adorazione al Signore. La soluzione di Paolo si basa sul suo desiderio di unità fra i membri della chiesa che si evidenzia soprattutto durante l’adorazione, infatti lui mette in risalto l’ordine che deve esserci durante il culto, senza creare confusione e discordie. È significativo che Paolo non chiese alle donne ebree e romane di togliere il velo, ma ribadì con la sua scelta il principio di autorità che il velo simboleggiava.
Quindi a Corinto, esisteva un gruppo di donne cristiane le quali usavano la libertà ricevuta da Cristo (cfr. Galati 3:28) per “rivendicare” la loro uguaglianza con gli uomini, manifestando scarsa riverenza al culto e creando un’atmosfera poco decorosa invece di mantenere una profonda attitudine di umiltà. Paolo le definisce contenziose.
Le epistole di Paolo, ma anche altre sono spesso caratterizzate da esortazioni al rispetto dei propri ruoli e alla sottomissione reciproca alle autorità stabilite. Efesini 5:22-6:9. Ebrei 13:17; I° Pietro 2:13-3:7.
È interessante notare che la Scrittura non indica una liturgia per le riunioni delle chiesa neotestamentaria al contrario di ciò che si evidenzia nell’Antico Testamento. Ciò tuttavia non significa anarchia e confusione. Ci sono alcune attività specifiche che si svolgono nelle riunioni (l’esercizio dei doni, la preghiera, i canti, il mandare missionari, l’azione disciplinare, il ricordo della morte del Signore, e la semplice comunione fraterna (che vanno fatte con diligenza, ordine e decoro).
La Scrittura indica inoltre che ci sono anche dei principi da osservare nelle riunioni. In questi ultimi capitoli di 1° Corinzi Paolo ne indica tre:
Capitolo 11: Il principio di autorità
Capitolo 12,13: Il principio di unità
Capitolo 14: Il principio di funzionalità
Nel capitolo 11: Il principio dell’autorità.
Parlare con autorità
Nel contesto dell’incontro di chiesa troviamo sia l’uomo che la donna che pregano e profetizzano (4,5). Sia il pregare che il profetizzare sono attività pubbliche che esprimono una certa autorità. Quando preghi stai conducendo gli altri alla presenza di Dio per dire certe cose a nome di tutti. Quando profetizzi stai esprimendo da parte di Dio delle cose e le stai dicendo a tutti.
Quando si parla con autorità è importante chiarire sotto l’autorità di chi si sta parlando. Il brano tratta il tema dell’autorità definendo "chi è il capo e di chi".
Capire l’autorità
Il capo di ogni uomo è Cristo (3). L’uomo è fatto ad immagine e gloria di Dio (7), prodotto tramite le mani di un abile vasaio. Egli è quindi a gloria di Dio: un riflesso diretto di ciò che viene da Dio. Il motivo per cui l’uomo è stato creato, è per essere la gloria di Dio e per farlo, deve essere sottomesso all’autorità costituita da Dio, ossia a Cristo.
Il capo della donna è l’uomo (3). Nell’ordine del creato di Dio, l’uomo ha una posizione di autorità sulla donna. C’è una diversa radice creazionale:
1) Una cronologia diversa (
: l’uomo precede la donna come "specie"
2) Una materia diversa (
: benché creata da Dio, non ricevette direttamente l’alito vitale divino; i "pezzi" con i quali fu costruita la donna vennero dall’uomo. Lei è perciò la gloria dell’uomo: un riflesso diretto di ciò che viene dall’uomo. Il suo nome stesso (donna) lo ricorda: "tratta dall’uomo".
3) Una motivazione diversa (9): l’uomo fu creato per completare la creazione di Dio ed essere la sua gloria, la donna fu creata per completare l’uomo ed essere la sua gloria.
Il capo di Cristo è Dio. Non ci deve turbare il fatto che ci sia un ordine nel creato di Dio. Essere sotto autorità non significa essere inferiori. Cristo era inferiore al Padre? Cristo aveva meno valore del Padre? Cristo era il tappetino dei piedi del Padre? No. La Scrittura è chiara nell’indicare che Cristo e il Padre sono uguali sul piano dell’essere ma occupano un ruolo diverso.
Applicare l’autorità
Come si applica questo ordine nel pregare e profetare in pubblico?
Ognuno onori il suo capo (4,5), ossia tenga su il buon nome, tratti in modo tale da accordare rispetto e considerazione. Chi deve onorare? Cristo ha parlato con autorità ma sempre onorando il Padre. L’uomo, nel parlare con autorità, onori Cristo. La donna, parlando con autorità, onori l’uomo. Il brano non insegna che l’uomo è il mediatore tra Dio e la donna, ma che la donna, parlando pubblicamente a Dio o da parte di Dio, non deve disonorare, trattare come nulla, ignorare completamente o far pensare che l’uomo sia da scavalcare.
Nel momento in cui la donna parla con autorità (che potrebbe far pensare: "Ah, lei è il capo"), lei deve far capire che onora l’ordine stabilito da Dio. Se infatti a quel tempo era a motivo degli angeli che la donna doveva velarsi il capo quando pregava o profetizzava, è ovvio che non era in virtù di una ragione sociale o culturale. Infatti, dato che la donna oggi ha raggiunto la 'parità' l'uomo non è più il capo della donna per cui questo segno di autorità portarlo sul capo non le si addice più!
Ti assicuro però che per i santi angeli la donna non si è affatto emancipata perché il suo capo rimane ancora l’uomo. Quindi, alla radice di questo dissenso sul velo c’è uno spirito contenzioso presente nelle donne.
Tu dirai che del velo se ne parla solo ai Corinzi. È vero, ma se è per questo anche del chiamare gli anziani da parte del malato affinché si preghi per la sua guarigione c’è solo un passo in tutta la Bibbia, quello in Giacomo! Eppure lo si accetta come un ordine valido ancora oggi. Paolo ebbe già allora dei contestatori che non accettavano le motivazioni da lui esposte, ed egli richiama loro a ciò che tutte le altre chiese osservano, tali usanze sono degne di rispetto per promuovere dignità, onore e pudore nelle comunità. Se la chiesa dell’era apostolica teneva a certi usanze sancite da un apostolo perché pensare che sia così ridicolo tenere ancora questa usanza nelle chiese di oggi. Paolo rifiuta di accogliere le repliche di quelli che cercavano dei cavilli solo perché per natura sono contenziosi, propensi al litigio.
Un accenno all’uso del velo nella storia
Le catacombe – I vari dipinti ritrovati sulle mura delle catacombe, i luoghi dove i cristiani intorno al 100 d.C. cominciarono a radunarsi per vivere e adorare mostrano sempre le donne con il capo coperto e gli uomini a capo scoperto nel momento dell’adorazione.
Tertuliano 160 –- 215 d.C. – “Nello stesso modo i Corinzi hanno compreso ed espresso questa verità; la donna sposata e quella non sposata devono avere un velo sul capo. Come allora ancora oggi i Corinzi usano il velo, ciò che l’apostolo ha insegnato, i discepoli hanno tramandato”.
Clemente di Alessandria 150 – 220 d.C. – Anche lui comprendeva che il velo non era da confondere con i capelli della donna ma si trattava di un pezzo di stoffa. Ecco in suo commento al testo di Paolo. “E non cadrà in peccato, chi ha davanti a sé la modestia e si copre con il suo velo, né inviterà un altro a peccare scoprendosi. Ciò è il desiderio della Parola, ed è decoroso pregare con il capo coperto”.
Giovanni Crisostomo, il grande predicatore ad Antiochia 340 -407 d.C. – “Se i capelli sono stati dati alla donna a guisa di velo uno potrebbe chiedere allora perché occorre un’altra copertura? Affinché non solo la natura si esprima ma sia inclusa anche la sua volontà nel riconoscere la sua sottomissione all’uomo. Vi prego dunque di non andar contro e sovvertire ciò che la stessa natura insegna”.
NOTA: Molti oggi nel mimare cosa hanno sentito dire da altri senza un esame attento delle parole usate, affermano che i capelli della donna sono il suo velo. La parola usato nel verso 15 ornamento (peribolaion) significa avvolgersi, mentre le altre parole del testo, copertura, coprirsi significa velare o mettere un coperchio (Katakalupto). Quindi è chiaro che Paolo si riferisce ad un velo attuale e non ai cappelli. La parola Katakalupto sta per indicare un pezzo di stoffa che pende mentre l’altra parola viene da peri o perimetro e quindi i capelli lunghi della donna che l’avvolgono.
La costituzione apostolica del 390 d.C. – “Finalmente fammi suggerire che vi sono dei frammenti degli insegnamenti dell’apostolo Paolo sull’uso del velo da parte della donna che fanno comprendere chiaramente che questa verità viene dal Signore”.
Agostino 354-430 d.C. – “Se è vero che l’uomo non debba coprirsi il capo, è altresì vero l’opposto per la donna, lei deve coprire il capo”.
John Knox (1505-1572) – “Prima dico, la donna nella sua perfezione primaria è stata creata per servire e ubbidire all’uomo, e non per regnare o comandarlo…per questo motivo la donna dovrà avere un segno di autorità sul suo capo, come segno di sottomissione…in questo modo l’uomo e la donna devono apparire davanti a Dio con i segni che esprimono le condizioni da Lui date a loro… lei deve avere il capo coperto per evidenziare che qui sulla terra il suo capo è l’uomo”.
Giovanni Calvino (1509 – 1564) – “Se alle donne viene permesso di scoprire il loro capo per mostrare i loro capelli, in seguito sarà permesso di esporre il loro seno, e verranno per esibirsi come se fossero a qualche spettacolo da taverna; si perderà ogni senso di pudore e modestia; (non ci sarà più verecondia, ossia arrossire di fronte al peccato e all’indecenza)".
A.R. Fausett (1821 – 1910) – “Nel mettere da parte il velo, lei mette da parte ciò che distingui la sua soggezione all’uomo e ciò che la lega a Cristo, il capo dell’uomo. La Scrittura non sancisce che l’emancipazione della donna non la rende più soggetta all’uomo: la modestia è il suo vero ornamento”. “Il velo ha un triplice uso: per decoro, per un segno di modestia, sottolineato dall’apostolo, e soprattutto come un segno della soggezione al suo marito”.
M.R. Vincent (Studi sulle parole del Nuovo Testamento 1886) – Alcune donne a Corinto nel non coprirsi il capo volevano abolire qualsiasi distinzione di sesso alla presenza di Cristo, questo uso che si è infiltrato è stato chiaramente denunciato dall’Apostolo Paolo considerandolo come un affronto all’ordine divino che la donna sia soggetta all’uomo.
William Barclay 1954 – “Il problema sorto era se le donne cristiane avevano il diritto di partecipare al culto cristiano senza il capo coperto. Categoricamente Paolo risponde che il velo è sempre un segno di sottomissione; è indossato da una persona inferiore alla presenza di un superiore; ora la donna è inferiore all’uomo, nel senso che lui è il capo della casa: quindi è sbagliato per l’uomo coprirsi il capo nell’adorazione pubblica ed è errata per la donna apparire senza il capo coperto".
John Murray (1898 – 1975) – professore di Teologia sistematica al seminario teologico di Westminster. Visto che Paolo fa appello all’ordine della creazione; è totalmente inammissibile sostenere che l’argomento che lui tratta è solo un fattore locale e temporaneo. L’ordine stabilito alla creazione è universale e perpetuo è per tanto anche l’insegnamento dato.
J. Vernon Mcgee (1904 – 1990) – Apparentemente le donne nella chiesa di Corinto dicevano: “Tutto mi è lecito; qui–ndi, non coprirò il mio capo: Paolo risponde che ciò non va bene e che il velo è un segno della subordinazione della donna”.
Charles C. Ryle 1958 – Se gli angeli hanno il desiderio di investigare le cose riguardo alla salvezza, allora essi guardando all’assemblea dei credenti dovrebbero notare la sottomissione volontaria della donna nei confronti del suo capo. La chiesa dell’era apostolica, pur offrendo eguaglianza di espressione religiosa e nei privilegi spirituali, insisteva che nell’adorazione biblica la donna dimostrava chiaramente il principio della subordinazione della donna con l’uso del velo.
L’idea di rifiutare ogni tipo di modestia da parte della donna e specificamente l’uso del velo è cominciato a verificarsi negli anni 30. Ha preso fortemente piede in America negli anni 50 e dal quel punto si è verificato un forte declino e decadenza per come le donne appaiono in pubblico.
Molte donne dicono, per giustificare che non si usa più il velo; “ormai così si usa adesso” o “non lo mettiamo più, è una cosa superata”. Frasi che ignorano completamente che in nazioni, come l’america e anche universalmente meno di 100 anni fa tutte le donne si coprivano il capo mentre nei paesi dell’est Europa le chiese pentecostali continuano a farlo.
Dunque il non usare il velo e il capo coperto da parte delle donne è frutto da un’influenza esterna, cioè che la società ha avuto sulla chiesa. Non è mai positivo quando i costumi e le usanze della chiesa sono dettati dal mondo che ci circonda. Di fronte a tali eventi bisogna essere molto cauti.
Applicazione per i Corinzi e noi. L’uomo non si doveva coprire il capo (4) e non doveva portare la chioma lunga (14). Fare una di queste due cose sarebbe stato un chiaro segnale che non teneva in alcuna considerazione l’autorità di Cristo nella sua vita. La donna si doveva coprire il capo (5) e non doveva tagliarsi i capelli corti (5,6,15). Fare una di queste cose sarebbe stato un chiaro segnale che stava disonorando l’uomo e stava calpestando l’ordine creazionale di Dio.
Gli angeli, che avevano già visto una donna calpestare l’ordine di Dio nell’Eden, guardavano (10), ed era convenevole che vedessero che la donna cristiana accettava l’ordine di Dio e l’autorità dell’uomo. Gli angeli non sono essere onniscienti, sono sapienti, potenti e molto superiori all’uomo ma non possono conoscere il cuore dell’uomo.
Gli angeli agiscono in base a dei segni a delle realtà visive. Un esempio di questo è l’episodio in Egitto quando l’Angelo della morte è passato in mezzo al paese. Gli israeliti erano protetti da un segno visivo, l’angelo ha risparmiato coloro che erano in una casa dove si vedeva sugli stipiti della porta il sangue di un agnello…
È un segno anche agli angeli ribelli, in quanto alla presenza di Dio la donna ricorda loro della loro ribellione e disubbidienza. Il velo dunque è un segno attraverso il quale la donna riconosce autorità, mentre gli angeli caduti non l’hanno fatto nei confronti del loro creatore. Tutto questo svergogna l’avversario il quale non riconobbe Dio come il suo capo.
Conclusione
Se biblicamente la donna cristiana deve portare il capo coperto quando prega o profetizza, bisogna anche ricordare che c’è un richiamo per l’uomo cristiano che non “deve fare disonore al suo capo”. Quindi, anche lui deve assumere la giusta attitudine davanti al Signore, con un comportamento che manifesti dignità e riverenza. Naturalmente occorre usare tatto e discrezione verso le visitatrici ma certamente nel vedere il buon esempio dei credenti si conformeranno alle consuetudini della comunità.
Paolo disse: “Giudicatene voi stessi: è egli conveniente…”. Se i credenti facessero sempre questa riflessione o domanda prima di compiere certe azioni o fare delle scelte, la dignità cristiana verrebbe sempre salvaguardata. Qualcuno obietterà che per le donne coprirsi il capo durante il culto al Signore è soltanto un formalismo, ma come si può negare che esiste un effetto salutare nel conformarsi ad una forma esteriore ispirata al decoro. Dio non ha creato nulla che non abbia una sua forma ben precisa, (il mondo era nel caos vuoto e senza forma ma Dio portò ordine Gen. 1:1-2 chi parla esasperatamente contro le forme rischia di perdere il buon senso della realtà della vita stessa.
Purtroppo oggi esiste la tendenza ad accettare tutto quello che infine impoverisce ogni principio di etica e decenza. Determinate regole e principi di carattere sociale, comunitario e spirituale sono importanti per fare fronte ad un tale declino. Il velo é un abbigliamento conveniente al culto sono dei mezzi visivi che trasmettono un senso di dignità e serietà a ciò che si sta facendo, cioè offrire un culto all’Iddio del cielo e della terra. Che Dio sia sempre il nostro Padre il cui nome santifichiamo esteriormente ed interiormente.