2. La stella mattutina e il regno — 2 Pietro 1:16-20; Apoc. 2:26-28; Apoc. 22
Sul «monte santo» Pietro aveva avuto la meravigliosa visione del «Figliuol dell'uomo» venuto «nel suo regno» (Matteo 16:28). Là le glorie che dovevano accompagnare questa venuta gli erano state rivelate; e gli erano rimaste scolpite nel cuore fino al momento di lasciare «la sua tenda». Prima di tutto aveva contemplato la maestà del Figlio dell'uomo, dichiarato Figlio di Dio «dalla magnifica gloria»; aveva visto il suo volto risplendere come il sole e i suoi vestiti bianchi come la luce. I suoi sguardi si erano poi fermati su due santi celesti che lo accompagnavano, Mosè ed Elia.
Pietro era anche stato testimone dei discorsi che si tengono nella gloria e vi si era familiarizzato. Con le sue orecchie aveva sentito la voce del Padre parlargli del suo Figlio diletto.
I suoi compagni e lui rappresentavano, per così dire, la scena inferiore e terrestre del regno, ed erano stati illuminati dai raggi del sole di giustizia che si levava sul monte.
Questa visione confermava tutta quanta la profezia poiché il soggetto coi quale termina ogni profezia è il regno di Cristo, soprattutto nella sua parte terrestre. Citando la parola profetica l'apostolo aggiunge: «Alla quale fate bene di prestare attenzione, come ad una lampada splendente in un luogo oscuro». La profezia ha un valore molto importante per le nostre coscienze. Parlandoci del regno, essa ci indica pure il modo con cui verrà stabilito: «col giudizio!». E non può essere altrimenti perché il mondo è corrotto e il Signore non regnerà in questo ambiente di corruzione.
Il mondo è un «luogo oscuro» e tenebroso; la profezia è una lampada che ci permette di discernere il suo stato attuale, e che proietta la sua luce sulla condizione finale degli uomini, quando il Signore verrà con tutti i suoi santi.
I fedeli sono in pericolo di lasciarsi vincere dal sonno in mezzo a queste tenebre; la lampada profetica ne fa vedere l'orrore ed aiuta ad individuare i tranelli nascosti. Essa ci separa dal mondo per mezzo del timore.
— Come associarsi con ciò che sta per essere annientato dal giudizio?
— Come fare dei piani per l'avvenire in un mondo che non ha avvenire?
— Come stabilirsi in un luogo dove tutto sta per essere sconvolto e distrutto?
Certo, noi «facciamo bene di prestare attenzione», e credo che la negligenza di molti credenti riguardo alla profezia abbia portato i suoi tristi frutti rendendo sempre meno reale la loro separazione dal mondo.
Ma adesso abbiamo più ancora che la lampada. L'apostolo aggiunge: «Finché spunti il giorno». Noi siamo figli della luce, figli del giorno, figli del Regno, e siamo resi capaci di avere parte alla sorte dei santi nella luce. Nell'attesa, siamo già liberati dal potere delle tenebre e, se non siamo ancora entrati nel regno del Re di giustizia, di pace e di gloria sulla terra, siamo però trasportati in un regno infinitamente più diletto. Già godiamo in Cristo della relazione di figli e di tutto l'amore che il Padre ha per lui. Presto il giorno si leverà; possiamo camminare come figli del giorno!
La profezia illumina oggi una terra rovinata; il sole di giustizia illuminerà una terra rinnovata. Esso non si è ancora levato; ciò nonostante noi ne conosciamo lo splendore, come Pietro lo contemplò sul monte santo.
Ma Pietro menziona ancora un'altra luce: quella della stella mattutina: «Finché... la stella mattutina sorga nei vostri cuori». Se il sole rischiara la terra, la stella mattutina ha il cielo come sfera. Essa attrae lo sguardo verso di sé e verso gli spazi infiniti dove brilla la sua pura luce. La stella mattutina si leva molto prima dell'alba, e solo chi è sveglio prima dell'alba ha il privilegio di vederla. La stella mattutina è Cristo quando apparirà dal cielo agli occhi di tutti i suoi. Non lo vediamo ancora, ma siamo già giunti al momento in cui lo vedremo apparire; poiché «la notte è avanzata, il giorno è vicino» (Romani 13:12). Questa stella si è già levata nei nostri cuori; già la speranza celeste occupa i nostri pensieri e riempie i nostri affetti, e questa speranza è il nostro Salvatore in persona.
Nel cap. 2:26-28 dell'Apocalisse troviamo di nuovo il regno e la stella mattutina riuniti. In questo passo lo Spirito Santo non indica, a quelli che realizzano quaggiù la vita che hanno ricevuto da Dio, la porta d'entrata del regno, come in 2 Pietro 1; qui è Gesù che offre a colui che vincerà una stessa parte con sé nel governo del suo regno: «A chi vince e persevera nelle mie opere sino alla fine io darò podestà sulle nazioni, ed egli le reggerà con una verga di ferro frantumandole a mo' di vasi d'argilla; come anch'io ho ricevuto podestà dal Padre mio». È al Signore Gesù Cristo, al Figlio dell'uomo, dichiarato Figlio di Dio, che queste cose sono date nel Salmo 2: «Chiedimi, io ti darò le nazioni per tua eredità e le estremità della terra per tuo possesso. Tu le fiaccherai con uno scettro di ferro; tu le spezzerai come un vaso di vasellaio» (vedere Apoc. 19:15).
Noi partecipiamo al suo regno; governeremo con Lui. Ogni uomo che oserà elevarsi contro Cristo sarà immediatamente colpito.
Poi il Signore aggiunge: «Egli darò la stella mattutina». Questo è molto più del regno e del governo; più ancora di una speranza celeste, della stella «nel cuore». È l'astro, la stella, la persona stessa di Cristo. È come se dicesse: Vi darò «me stesso nel cielo, con lo stesso carattere col quale sono venuto a prendervi per rivestirvi della mia grazia e della mia bellezza celeste; sarò la vostra parte preziosa lassù, prima di essere manifestato al mondo».
Per ottenere una tale parte, non vale forse la pena di lottare continuamente e di vincere? Di contraddire senza stancarci, con tutta la nostra vita, i principi satanici che reggono il mondo? Questa parte ci è presentata qui come ricompensa. A quelli che vinceranno Egli darà il regno, ma avranno Lui, Lui stesso, come parte speciale nel riposo e nella beatitudine dei luoghi celesti.
Troviamo una terza volta il regno e la stella mattutina in Apocalisse 22:16. Qui vediamo le benedizioni estendersi ed elevarsi ancora di più per acquistare un'intimità che non è raggiunta nei passi precedenti. Un grido si fa udire lungo tutto questo capitolo: «Io vengo presto». Nel passo che ci occupa, il Signore che viene si presenta nella sua dignità di Re. Egli è «la radice e la progenie di Davide». È la sorgente, come pure l'erede, di tutte le grazie assicurate all'Unto dell'Eterno; queste grazie del regno Egli le vuole dare ai suoi come ricompensa. Dichiara beato colui che serba le parole della profezia di questo libro (v. 7); dichiara ancora beati coloro che lavano le loro vesti, che hanno fatto ricorso al sangue dell'Agnello come unica sorgente di purificazione (v. 14).
Ma in questo capitolo non si limita a dare loro qualcosa (come al cap. 2 il governo della terra e delle nazioni); li introduce nella regione più elevata del regno, cioè nella sfera celeste. Entrare nella città, aver diritto all'albero della vita del paradiso di Dio, nutrirsi dei suoi frutti: questa è la loro parte. Il fiume d'acqua viva che esce dal trono di Dio e dell'Agnello li ristora eternamente; il loro privilegio è di servire il Signore nella gloria, di vedere il suo volto, di manifestare pubblicamente e pienamente le sue perfezioni, portando il suo nome sulle loro fronti. Essi sono nella piena luce del sole dell'eternità; regnano nei secoli dei secoli (22:1-5).
Questo avvenire glorioso stiamo per raggiungerlo! Saremo noi tentati di seguire invece altre vie invece della sola via che là conduce? Contiamo sulla grazia di Dio, siamo fedeli, combattiamo il buon combattimento, serbiamo la fede, e queste cose saranno nostre eternamente!
Gesù aggiunge: «Io sono... la lucente stella mattutina». Con questo termine si presenta Egli stesso a noi. Nel cap. 2 di Apocalisse Egli è la nostra parte nel cielo prima di manifestarsi al mondo; qui si presenta davanti agli occhi nostri nel suo splendore personale, come Colui che viene. Come un tempo Isacco andò incontro a Rebecca, così Egli viene incontro alla sua sposa. Non invierà dei messaggeri, neppure il capo dei suoi angeli; verrà personalmente! Può forse darci una più grande prova del suo amore? E noi, diciamo come Rebecca: «Sì, andrò»? (Gen. 24:59). Siamo noi partiti per incontrarlo?
Lo Spirito Santo, il nostro Eliezer, ci parla di Lui durante il cammino, risvegliando così i nostri affetti per lo Sposo. Abbiamo noi un orecchio attento a tutto ciò che ci dice di Lui? Se così è, risponderemo con tutto il nostro cuore a questo grido, prima lontano, poi sempre più vicino: «Si, vengo tosto».
Vieni, dice la sposa, d'accordo col suo Eliezer che conosce Lui così bene. «Amen! Vieni, Signore Gesù!».
Un Cristo che viene nel suo regno fa appello alla nostra coscienza; la Stella mattutina invece si indirizza al nostro cuore. Non trascuriamo né l'uno né l'altro. In ambedue i casi si tratta di Lui. Amiamo sia la sua apparizione sia la sua venuta. Se ci troverà così quando verrà, il suo cuore ne sarà soddisfatto!