L’affrancamento o la liberazione in Cristo 2a parte
(Romani 6-7- John Nelson Darby
«Perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato [o affrancato] dalla legge del peccato e della morte». (Romani 8:2).
Al cap. 5:20, l’apostolo dice: «La legge poi è intervenuta a moltiplicare la trasgressione; ma dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata». Queste parole possono facilmente dar luogo alla seguente domanda: «Rimarremo forse nel peccato affinché la grazia abbondi?» (6:1). La grazia non si glorierà essa con tanto maggior ricchezze in noi, quanto più dimoriamo nel peccato? L’apostolo risponde: «No di certo!». Poi fa vedere molto semplicemente ed esplicitamente che è impossibile al cristiano di continuare così a vivere nel peccato, perché egli non è più sotto il dominio del peccato. «Noi che siamo morti al peccato, come vivremmo ancora in esso?» (vers. 2). Qui ancora, è la morte (come al capitolo 7 relativamente alla legge) che ci ha interamente affrancati dal servizio e dalla vita nel peccato. Nel capitolo 6 abbiamo, inoltre, una esposizione della natura di questa morte, e noi vedremo che l’espressione «esser morti con Cristo» non è solamente una maniera di parlare, ma una verità che ha le conseguenze più benedette, specialmente per il cammino pratico. Ma, come vedremo bentosto chiaramente, questo non deve mai essere separato dalla morte di Cristo. Considerarsi come morti alla legge ed al peccato, all’infuori della morte di Gesù Cristo, non sarebbe che una deplorevole illusione. Vi è purtroppo, relativamente a questa verità così benedetta, molta confusione in mezzo ai cristiani. Solo il cristiano affrancato, è capace di comprendere questa locuzione: «esser morto con Cristo»; quello, che non è affrancato, la separa dalla persona di Cristo. Egli giudica sempre secondo ciò che osserva, sente, prova: egli vede che la carne e il peccato sono ancora lì: quindi l’applicazione, che si fa di queste parole: «Noi siamo morti alla legge ed al peccato», non può sembrargli che l’effetto dell’illusione e dell’orgoglio e, per conseguenza, molto arrischiata e pericolosa. Ma la parola di Dio dichiara, in molti luoghi, nel modo più chiaro e positivo, che «noi siamo morti con Cristo» ciò che, per conseguenza, deve esser vero (Romani 6:4-8; Colossesi 2:20; 3:3; 1 Pietro 2:24; 4:1, ecc.). Se la mente naturale non può comprenderlo, pur nondimeno è una verità di Dio, ed una preziosa verità per la fede. Essa non è solamente, come molti s’immaginano, il privilegio di qualcuno, ma è per tutti i cristiani. Questo risulta in modo evidente soprattutto dall’epistola ai Colossesi. Là, i santi erano esposti al pericolo di perdere la coscienza della loro unione con Cristo e del loro compimento in Lui e di ritornare alle misere tradizioni. Ora, che fa l’apostolo? Egli non dice loro: «Io vedo bene che voi non siete ancora morti con Cristo agli elementi del mondo; poiché il vostro cammino lo prova»; ma si indirizza alla loro coscienza, dicendo: «Se siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché, come se viveste nel mondo, vi lasciate imporre dei precetti?» (2:20). Similmente al cap. 3:3: «voi moriste e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio». Al vers. 5 l’apostolo aggiunge a questa verità benedetta questa importante esortazione: «Fate dunque morire ciò che in voi è terreno: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e cupidigia, che è idolatria». Ma questa mortificazione delle loro membra, non dovevano effettuarla per morire, ma perché erano morti e risuscitati; essa è, soprattutto, il risultato benedetto della nostra identificazione con la morte e la risurrezione di Cristo.
Si sentono talvolta dei figli di Dio ripetere le parole di Paolo (in 1 Corinzi 15:31): «Ogni giorno sono esposto alla morte» (o «Io muoio ogni giorno» secondo un’altra versione), senza aver l’idea che queste parole non hanno alcun rapporto di nessuna specie con quanto è detto dello stato di morte in Romani 6 e in altri passi, e senza neppur rendersi conto del vero significato di queste parole. Se le esaminiamo in relazione col loro contesto, (vers. 30 e 32), vediamo subito che qui si tratta unicamente dei pericoli esterni, delle persecuzioni e delle altre tribolazioni, che Paolo doveva soffrire per l’Evangelo. Tuttavia queste sofferenze e questi pericoli erano ancora una morte giornaliera, come dice in altri termini, in Romani 8:36, dove parla pure di queste afflizioni esterne per l’amor di Cristo: «Per amor di te siamo messi a morte tutto il giorno; siamo stati considerati come pecore da macello». Così pure, in 2 Corinzi 4:10-11: «Portiamo sempre nel nostro corpo la morte di Gesù... Infatti, noi che viviamo siamo sempre esposti alla morte per amor di Gesù». Certamente, molti credenti, che sovente hanno sulle labbra queste parole: «Io muoio ogni giorno», non oserebbero farsene così leggermente l’applicazione, se ne comprendessero il vero senso. Ma se alcuno le usa come per significare una morte prolungata e continua della natura corrotta, o del peccato nella carne, non solamente ne dà una spiegazione erronea, ma ancora aspetta e spera qualche cosa, che non è mai possibile quaggiù e che non ha il menomo fondamento nella Parola di Dio. La natura, o l’affezione della carne, non si cambierà mai.
Entriamo ora un po’ più avanti nello studio dell’insegnamento, che ci offre il capitolo 6 ai Romani.
Ogni uomo naturale è morto nei suoi falli e nei suoi peccati (Efesini 2:1), ma il fedele è, in Cristo, morto al peccato. Quegli è, per così dire, morto in quanto a Dio e vivente nel peccato; questi è morto al peccato e vivente a Dio. La differenza è grande e degna della massima attenzione. Servire al peccato, o vivere nel peccato non è per i credenti, perché, per la morte di Cristo, essi ne sono stati separati e distaccati. Questo lo troviamo molto più esattamente spiegato nei seguenti versetti: «Ignorate forse che tutti noi, che siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Siamo dunque stati sepolti con lui mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è stato risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita». (Romani 6:3-4). L’apostolo dice qui molto chiaramente che noi, credenti, siamo messi in relazione con la morte di Cristo, pertanto siamo sepolti con Lui, nel battesimo, per la morte. È così, in verità, per tutti quelli che appartengono a Cristo. Ogni vero cristiano è in Lui, morto e risuscitato con Lui. Così siamo stati interamente separati e messi fuori dallo stato, o dalla posizione, che occupavamo davanti a Dio come uomini naturali e nella quale posizione eravamo totalmente soggetti al peccato.
Dio non conosce più colui che è in Cristo Gesù secondo la sua primitiva condizione nella carne, ma solamente secondo la sua nuova posizione nel Cristo risuscitato. Nello stesso tempo, troviamo ancora, in questi versetti, lo scopo della nostra separazione nella morte di Cristo: «affinché, come Cristo è stato risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita». Nel primitivo stato, camminavamo nel peccato e nella morte, ma ora, perché siamo in Cristo, camminiamo in novità di vita.
La nostra identificazione con la morte e con la risurrezione di Cristo è ancora più chiaramente espressa al vers. 5: «Perché se siamo stati totalmente uniti a lui (fatti una stessa cosa) in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una risurrezione simile alla sua». Quindi, come peccatori nella carne, siamo messi da parte, davanti a Dio, perché siamo stati identificati con la morte di Cristo e sepolti con Lui, affinché, come risuscitati insieme con Lui, abbiamo ora davanti a Dio la nostra posizione nel Cristo risuscitato. Troviamo ancora lo stesso pensiero esposto in Colossesi 2:12: «Siete stati con lui sepolti nel battesimo, nel quale (Cristo) siete anche stati risuscitati con lui mediante la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti». Così pure, come si è già visto in Colossesi 3:1-2; e in Efesini 2:6, leggiamo: «e ci ha risuscitati con lui (o insieme)» Tutti questi passi ci dimostrano egualmente in modo evidente che lo stato di morte e risurrezione con Cristo è il privilegio di tutti i cristiani, e non solamente di alcuni d’infra loro. Tutti, senza eccezione, — deboli, o forti, — giovani, o vecchi, — sono morti con Cristo e risuscitati insieme con Lui; sono, nella sua morte, separati agli occhi di Dio dalla loro vecchia condizione naturale, e sono, nella sua risurrezione, presentati in una nuova posizione davanti a Lui per sempre. Ma soltanto per la fede siamo resi capaci di comprendere queste verità benedette e di realizzarle nella potenza dello Spirito di Dio.
Ora, a questo proposito devo osservare che si tratta qui della posizione, che la grazia ci ha fatto avere nel Cristo risuscitato e non di ciò che siamo nel nostro cammino giornaliero. Relativamente alla nostra posizione in Cristo, siamo compiuti; ma non lo siamo nel nostro cammino. La prima posizione sarà dunque sempre determinata da ciò che siamo in Cristo, e non da ciò che siamo nella nostra condotta. Anzi, non è il nostro cammino, che ci introduce nella nostra vera posizione davanti a Dio, ma unicamente l’opera di Cristo. Nessuno può dire: Bisogna che io cammini bene per ottenere una posizione perfetta davanti a Dio; — ma ciascuno deve dire: Bisogna che io abbia una posizione perfetta in Cristo davanti a Dio, per poter camminar bene.
Leggiamo poi al vers. 6: «Sappiamo infatti che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui affinché il corpo del peccato fosse annullato e noi non serviamo più al peccato». Com’è pur preziosa e benedetta per tutti quelli che sono in Gesù Cristo, questa particella «con», crocifissi con, morti con, sepolti con, vivificati con, risuscitati con! Siamo diventati completamente uno stesso albero con Cristo (*), nella sua morte, come pure nella sua risurrezione. Relativamente all’uomo vecchio, abbiamo trovato, nella morte di Gesù Cristo, la morte come «salario del peccato», e nella sua risurrezione siamo stati rinnovati a vita; è appunto come risuscitati con Cristo, che siamo ora posti davanti a Dio.
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(*) Traduzione letterale di «totalmente uniti a lui» (Romani 6:5).
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Noi siamo non soltanto riconciliati e giustificati per il suo sangue; ma, inoltre, siamo morti nella sua morte, e siamo vivificati nella sua vita. Il nostro giudizio è stato eseguito in Cristo alla croce. Là noi siamo stati giudicati in Lui, e quindi non abbiamo più da temere il giudizio. Per la sua vita che possediamo in Lui, siamo liberati per sempre dall’ira avvenire, che deve cadere su tutti gli uomini. Leggiamo, in Romani 5:8-9: «Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Tanto più dunque, essendo ora giustificati per il suo sangue, saremo per mezzo di lui salvati dall’ira». Il giudizio non è più davanti a noi, ma dietro a noi. Questo giudizio ci ha interamente colpiti in Cristo sulla croce, e noi ne siamo usciti perfettamente liberi per la sua vita, nella risurrezione di Cristo. Tutto ciò che era a temersi è dietro a noi. Vogliamo conoscere la nostra vera posizione davanti a Dio? La troviamo unicamente nel Cristo risuscitato. Tutti quelli che sono in Lui, possono ora esclamare: «In questo l’amore è reso perfetto in noi: che nel giorno del giudizio abbiamo fiducia, perché qual egli è, tali siamo anche noi in questo mondo» (1 Giovanni 4:17). Egli, ora risuscitato, può dire: I terrori della croce sono dietro a me, la riconciliazione è compiuta, i peccati sono espiati, la giustizia è soddisfatta, la collera placata, ed ogni giudicio è cessato per sempre. Questo si verifica pienamente per coloro che sono in Gesù Cristo; poiché tutto quello, per cui Egli dovette passare, non gli accadde che per loro, ed essi sono ora nel Risuscitato. Perciò ancora, non vi è più per loro maledizione, né collera, né giudizio, né condanna. Tutto questo è per sempre allontanato per la morte di Cristo.
Oh! com’è consolante il sapere che siamo nel Risuscitato, che in Lui ci troviamo dall’altra parte della croce, che tutto ciò ch’era da temer si è per sempre dietro a noi; sapendo che Cristo, essendo stato risuscitato dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui (Romani 6:9). Ora dunque, abbiamo per sempre trovato il nostro posto benedetto nel Risuscitato. Oh! come il nostro cuore è felice e tranquillo, quando per la fede conosciamo questo posto di benedizione e ne abbiamo preso possesso! Ma se non è il nostro caso, se manchiamo d’intelligenza riguardo alla nostra posizione perfetta nel Cristo risuscitato, se, malgrado la sua opera, non ci riconosciamo ancora che come poveri peccatori perduti, senza forza e totalmente pervertiti — allora, benché quest’opera sia stata pienamente soddisfacente, noi saremo inquieti e aggravati. Molti credenti rinviano ad un lontano avvenire ciò che la fede possiede già pienamente in Cristo, e di cui gode attualmente; vogliono, coi loro proprii sforzi, acquistare ciò che hanno già ottenuto in Lui, e, quel che è peggio, cercano sovente fuori di Lui ciò che non può essere trovato che in Lui. Quanti cristiani sono sempre occupati davanti a Dio del loro vecchio uomo e sospirano ancora per la liberazione «da questo corpo di morte»! Sperano un cambiamento, o un rinnovamento di questo corpo di morte, cioè della carne, benché abbiano sufficientemente provato e sovente riconosciuto che la natura della carne resta invariabile. Aspettano quello che non avverrà mai, poiché non conoscono quanto è già avvenuto in Cristo, cioè che l’uomo vecchio è stato completamente annullato alla croce, nella morte di Cristo, così, davanti a Dio, non esiste più e non è più affatto in relazione con Lui. Questo lo vediamo molto esplicitamente annunziato in Galati 5:24: «Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri». Similmente in Colossesi 2:11: «In lui (cioè in Cristo) siete anche stati circoncisi di una circoncisione non fatta da mano d’uomo, ma della circoncisione di Cristo, che consiste nello spogliamento del corpo della carne».
Qual è ora il primo risultato della nostra morte con Cristo e della nostra risurrezione con Lui? Abbiamo già fatto notare che il primo scopo di questo fatto è «che noi camminassimo in novità di vita». Il nostro servizio è interamente cambiato, e, per conseguenza anche il frutto di questo servizio. Prima servivamo al peccato e ne portavamo il frutto per la morte; ora serviamo alla giustizia, per portare del frutto a Dio.
Leggiamo in Romani 6:6: «... affinché il corpo del peccato fosse annullato e noi non serviamo più al peccato». Come uomini naturali, si è già detto, il nostro servizio è tutto intero e unicamente nel peccato; siamo schiavi, ad esso intieramente soggetti.
Ma per noi, che siamo nel Cristo risuscitato, questo servizio ha trovato la sua fine, perché in Lui il corpo del peccato è annullato. Noi siamo stati affrancati nella morte di Cristo, e quindi abbiamo cessato di essere degli schiavi del peccato. Il dominio del peccato è abbattuto e annientato per noi nella morte di Cristo. Il nostro completo affrancamento da questo dominio era uno dei grandi scopi dell’opera del Salvatore. Ma la realizzazione di questo affrancamento nella pratica è un’altra cosa. Realizziamo il cessare dal peccato, e la vita secondo la volontà di Dio, unicamente per la fede e nella potenza dello Spirito Santo. Possediamo la vita di Cristo risuscitato, ma ci troviamo in un corpo che appartiene a questa creazione, e che ci espone ad ogni specie di tentazioni; per questo il nostro cammino e il nostro servizio quaggiù sono un combattimento della fede. Dobbiamo costantemente tener presente che chi «è morto con Cristo», è «morto al peccato», che l’abbiamo fatta finita con il peccato e ciò costituisce un’arma contro tutte le tentazioni. Troviamo qualcosa di simile nell’importante esortazione di Romani 6:11, e seguenti: «Così anche voi fate conto di essere morti al peccato, ma viventi a Dio, in Cristo Gesù». Poi l’apostolo fa ancora quest’osservazione al vers. 14: «Il peccato non avrà più potere su di voi; perché non siete sotto la legge ma sotto la grazia» Sotto la legge, siamo nella carne, e soggetti alla sua corruzione ed alla sua impotenza; ma sotto la grazia, siamo in Cristo e nella forza dello Spirito. La vita, che possediamo nel Cristo risuscitato, è soggetta non già al peccato ed al suo servizio, ma alla giustizia: leggiamo quindi in 1 Pietro 2:24: «... affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia». Similmente, in Romani 6:18: «Liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia». Dal vers. 20 alla fine di questo capitolo, ci sono presentati i frutti del servizio del peccato e quelli del servizio della giustizia: quanto i primi sono deplorevoli e cattivi, tanto i secondi son preziosi e benedetti. La fine dei primi è «la morte»; la fine degli ultimi «la vita eterna». Oh! benedetto sia Dio per la ineffabile sua grazia, che ci ha affrancati, in Cristo Gesù, da questo triste servizio, e che, in Lui ci ha resi capaci di servire Dio e di portar frutto!
Ciò che abbiamo detto fin qui, fratelli miei, ci dimostra già sufficientemente quanto benedetta cosa sia il conoscere il nostro affrancamento in Cristo, e il comprendere l’immensa portata della sua opera. È questo solo che può rendere il nostro cuore perfettamente tranquillo e assicurato davanti a Dio; vediamo che ogni soggetto di timore è per sempre allontanato. D’altra parte, non saremo resi capaci di discernere il felice servizio del Signore e di dedicarvici, che nella misura in cui avremo imparato a conoscere il nostro vero affrancamento in Cristo, in cui avremo veduto che tutto quello che c’impediva di camminare in modo da piacere a Dio è ormai interamente tolto, e che possediamo in Cristo la vita e la pienezza della forza. Finché mancherà questa conoscenza, saremo del continuo occupati di noi stessi davanti a Dio, per conseguenza ripieni d’inquietudine e non avremo né il tempo, né la capacità di pensare realmente alle cose di Dio. Ma l’uomo affrancato vede e riconosce che Dio ha tutto compiuto per lui in Cristo; che così ha tolto tutti i timori, allontanato tutti gli ostacoli e soddisfatto pienamente a tutti i bisogni. Non resta dunque più niente di ciò che poteva realmente impedirgli di camminare davanti a Dio in modo da essergli accettevole e d’esser sempre atto al servizio del suo Dio, che vuole caricarsi Egli stesso di tutto ciò che potrebbe inquietare i suoi figliuoli, affinché possano vivere unicamente per Lui. Ma questa è una vita nella fede, poiché è la fede sola, che riconosce e realizza, per la potenza dello Spirito, tutto ciò che possediamo già quaggiù, per grazia, in Cristo Gesù.
Prima di chiudere questa parte della nostra meditazione: «l’affrancamento in Gesù Cristo», desideriamo fermarci ancora un poco sul prezioso insegnamento relativo al soggetto tanto benedetto che ci presenta il capitolo 8 ai Romani. Fin dal primo versetto noi sentiamo queste consolanti parole: «Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù».
Né i peccati, o le trasgressioni, né il peccato, che abita ancora nella carne, non possono più attirare, su quelli che sono in Lui, alcuna condanna. Cristo è morto e risuscitato per loro, ecco perché il loro giudizio è interamente passato e la loro giustificazione assicurata per sempre. Leggiamo pure in Ebrei 10:14: «Infatti con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che sono santificati»; e nel nostro capitolo (Romani 8:30): «E quelli che ha giustificati li ha pure glorificati». Tutto è già compiuto in Lui per i suoi, pertanto questi, in ogni tempo e in ogni tentazione, possono dire: Più nessuna condanna! Dio stesso è ora per noi; chi sarà contro di noi? È Dio che giustifica. Chi è colui che condanna? Niente assolutamente può separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù nostro Signore (v. 31-39).
La nostra posizione nel Cristo risuscitato è perfettamente benedetta e assicurata per sempre. Ogni questione intorno al peccato e alla relativa condanna è stata in Lui interamente eliminata. Egli è venuto quaggiù per i nostri peccati, di cui si è caricato, passando volontariamente sotto la potenza della morte; egli ha completamente soddisfatto le esigenze e le maledizioni della legge; poi è risuscitato, senza, questi peccati, nella potenza di una nuova vita, ed è entrato davanti a Dio in una posizione nuova. Per la nostra unione con Lui, siamo come sradicati dai nostri peccati e trapiantati in questa nuova posizione nella vita di risurrezione con Cristo. Egli si è sottomesso, in vece nostra, al giudizio che il peccato meritava, poi è uscito dalla morte. In Lui siamo morti insieme e risuscitati insieme, e siccome ora è per la vita di Cristo che viviamo, ne risulta che nessuna condanna non può più toccarci. Essa ha preso fine per sempre d’ora innanzi, con tutta la nostra posizione nella carne e tutto quello che vi era annesso. — «Non c’è dunque più nessuna condanna». Questo passo dichiara non solamente che coloro che sono in Cristo Gesù non saranno punto condannati, ma ancora che, per essi, non vi è più alcuna condanna. L’anima ha bisogno di una assicurazione così positiva e completa; poiché quanto più è vicina a Dio, tanto più la coscienza è risvegliata, mentre siamo infelici quando qualche cosa s’intromette fra l’anima e Dio. Ora per tutti coloro che sono in Gesù Cristo, non vi è nessuna condanna come per Cristo stesso. Egli è il Diletto e il Benedetto di Dio, nel quale Dio ha messo la sua gioia e il suo compiacimento. In Lui, la nostra posizione davanti a Dio è messa in evidenza, poiché «qual egli è, tali siamo anche noi in questo mondo». Siamo nella presenza di Dio in una piena sicurezza e in perfetta pace, poiché vi siamo in Cristo Gesù. Nessuna cosa può conturbarci, poiché quivi siamo come Egli è. Non si tratta più di speranza, ma di certezza assoluta. Non spero che i miei peccati siano espiati, il mio giudizio eseguito, e che io sia condotto ad una posizione nuova e sicura: ma ne sono proprio certo: poiché tutto questo è fatto unicamente dall’opera di Cristo, e l’opera è compiuta. Se questo dipendesse, in qualunque misura, dal mio cammino, allora non potrei parlare con sicurezza né d’una certezza, neanche d’una speranza a questo riguardo. Ma la fede semplice si fonda esclusivamente sull’opera compiuta ed eternamente efficace di Cristo; siamo quindi perfettamente sicuri della nostra liberazione e ci rallegriamo del nostro posto in Cristo nella presenza di Dio. Ora, in questa presenza benedetta, non vi è più alcuna condanna; essa trova là il suo termine, come pure tutto l’ordine delle cose a cui si applicava, poiché questa condanna ha esercitato ed esaurito tutta la sua potenza sopra Gesù Cristo.
In questo capitolo 8, abbiamo ciò che non si trova nell’ultima metà del 7: Cristo e lo Spirito Santo. Leggiamo già al vers. 2: «Perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte». In Romani 7 abbiamo la schiavitù, qui la libertà; là l’uomo rinnovato nella sua coscienza e nella sua volontà è uno schiavo del peccato; ma qui abbiamo l’affrancamento dal peccato e dalla morte. Noi siamo risuscitati dall’ultimo Adamo che dà la vita; abbiamo parte della sua risurrezione, e per questo stesso siamo pure, in Lui, al riparo da ogni condanna. Per Cristo, riconciliati ed affrancati dal peccato, siamo entrati nella vita.
È ben vero che abbiamo cercato un rifugio in Gesù Cristo, e l’abbiamo ottenuto per la fede, dopo aver sentito che meritavamo la condanna e che noi eravamo assolutamente privi d’ogni forza; ed ora che la nostra coscienza è pura, Dio può agire inverso noi come il Dio d’ogni forza. Ma Egli non permetterà che abbiamo forza prima di essere passati per la condanna con Cristo e che siamo nel Cristo risuscitato. In Lui troviamo una forza vivente, che ci affranca dalla legge del peccato e della morte. Mediante la nostra unione con Cristo, abbiamo la vita e possediamo la forza.
Al 3° verso del nostro capitolo, vediamo che ciò che la legge non poteva fare, Dio l’ha fatto: «Infatti, ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha fatto; mandando il proprio Figlio in carne simile a carne di peccato e, a motivo del peccato (o come sacrificio per il peccato), ha condannato il peccato nella carne». L’impossibilità, da parte della legge, consiste nella totale debolezza della carne e non nella legge stessa. Essa promette la vita a coloro che l’osservano, e siccome nessuno la osserva, così essa non dà mai la vita. Cristo solo dà la vita. Se la legge opera nella carne, non può annientarla, ma non procura mai il dono della giustizia. In questo versetto vediamo molto chiaramente ciò che è avvenuto del peccato nella carne, per il quale l’anima non affrancata è sempre turbata. Dio ha mandato il suo Figlio in carne simile a quella del peccato e come vittima per il peccato, ed ha condannato il peccato nella carne. In questo modo, la carne è giudicata e messa da parte. È questo che Dio ha compiuto nel sacrificio di Cristo per noi. Il giudizio completo è stato eseguito in Cristo. Il peccato nella carne, che non poteva che riempirci di angosce e di spavento, è stato, in Cristo interamente tolto dalle nostre spalle. Cristo è morto non solamente per i peccati, ma anche per il peccato. In Lui abbiamo una redenzione, reale e completa. Quando è Dio che effettua il nostro affrancamento, lo fa in modo perfetto. Egli non ci affranca dai nostri peccati per lasciarci sotto il peccato, cosa questa che non darebbe altro risultato che di travagliare la nostra coscienza e tormentarla invano.
Non si tratta qui di perdono, ma di affrancamento o di liberazione; si tratta di essere in libertà davanti a Dio. Il credente sincero ha bisogno di forza contro il peccato, contro il quale deve ogni giorno combattere. Ha pure bisogno di avere una coscienza realmente affrancata, nella presenza di Dio: poiché altrimenti, benché i peccati passati siano stati tolti, il peccato nelle sue membra agisce come una legge che rende schiavo del peccato. Senza dubbio egli sa e sente che la radice del peccato c’è ancora; ma radice e rami sono giudicati dal dono che Dio ha fatto del suo Figlio. Dio stesso vi ha provveduto: Egli ha mandato per questo il suo proprio Figlio. Quale amore! In Lui, secondo la sua grazia e il suo proposito determinato, è pienamente compiuta per noi l’opera dell’affrancamento.
Al vers. 4, si tratta del nostro cammino: «Affinché il comandamento della legge fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito». La giustizia della legge è compiuta in noi. Prima la legge si rivolgeva alla carne, le cui concupiscenze ne impedivano l’adempimento e si rivoltavano contro quest’autorità; ma ora una nuova vita è in vigore; è questa che discerne le concupiscenze della carne e le manifesta; agisce ancora affinché non camminiamo secondo la carne, ma secondo lo Spirito. La carne è lì, sempre la stessa, e per conseguenza siamo esortati a non camminare secondo la carne. Questa presenza della carne non ci scusa punto, quando camminiamo secondo essa, perciocché lo Spirito di Cristo è in noi. La carne dev’essere giudicata e repressa dallo Spirito. Presso ogni cristiano la carne è ancora lì, invariabile, e tuttavia il cristiano non è nella carne. Questa presenza della carne, per se stessa, non può contaminare la nostra coscienza, né impedire la nostra comunione con Dio. Ma se, in qualunque modo, la lasciamo agire, allora la coscienza è contaminata, e la comunione con Dio interrotta. Quando questo succede, è necessario che confessiamo i nostri peccati per essere perdonati e purificati.
I quattro versetti seguenti ci presentano soprattutto lo stato e la posizione dell’uomo naturale e dell’uomo spirituale, o del cristiano. L’uomo naturale è «secondo la carne», l’uomo spirituale «secondo lo Spirito». Ciascuno di essi ha il suo pensiero diretto verso gli oggetti che corrispondono alla sua natura speciale. Il primo dirige il suo pensiero e le sue affezioni verso ciò che è della carne, il secondo verso ciò che è dello Spirito: «Ma ciò che brama la carne è morte». Il pensiero carnale è senza alcun vero frutto e giace sotto la morte del primo Adamo. La morte è entrata per mettere il suggello a questo stato. «mentre ciò che brama lo Spirito è vita e pace». Esso è in perfetta armonia con Dio, mentre il pensiero della carne è inimicizia contro Dio e non si sottomette alla sua legge.
Al vers. 9, è chiaramente detto di noi, cioè di tutti quelli che sono in Cristo Gesù, che la posizione nostra davanti a Dio non è nella carne, non è nel primo Adamo, non è nella natura e nella sua volontà. «Voi però non siete nella carne ma nello Spirito, se lo Spirito di Dio abita veramente in voi». Siamo considerati davanti a Dio come vivendo nello Spirito, benché la carne e le sue concupiscenze siano ancora lì. La potenza vivificante di Dio ha creato il nuovo uomo in Cristo ed opera in Lui. Possediamo la vita di Cristo risuscitato, ed è in questa vita che abbiamo la nostra posizione davanti a Dio, benché la carne cerchi ancora di condurci. Se camminiamo nella potenza dello Spirito, non adempiremo i desideri della carne.
Vediamo inoltre che Dio non solamente agisce per noi, ma agisce ancora in noi. Non solo genera una nuova natura, ma ancora vi abita e vi opera. Oltre la nuova natura, abbiamo bisogno anche di forza. Se abbiamo una nuova natura, desideriamo di compiere il bene, ma ci manca la forza per questo, come abbiamo visto in Romani 7. Ma quando lo Spirito di Dio abita in noi, allora abbiamo non solamente nuovi desideri e nuove inclinazioni, ma ancora la forza vivente per compierli. È per questo che sta scritto non già: «Voi però non siete nella carne ma nello Spirito», se pur siete nati dallo Spirito — benché questo sia vero — ma: «se lo Spirito di Dio abita veramente in voi». È Dio stesso, è lo Spirito di Dio, che opera in noi con potenza.
Vediamo ancora, nei versetti 10 e 11 che neppure il corpo è dimenticato. Questo partecipa anche a tutta la potenza della risurrezione. Il corpo, è vero, è morto a cagione del peccato, ma risusciterà a cagione dello Spirito che abita in noi. Questo Spirito, come potenza vivificante in risurrezione, opererà nel corpo per renderlo conforme al corpo glorificato di Cristo.
Così avremo un corpo in armonia con la vita che possediamo per lo Spirito Santo.
Devesi notare che la parola di Dio parla dello Spirito Santo come essendo la nostra vita, e anche come persona distinta da questa vita ed operante in essa. Egli è l’una e l’altra cosa, Egli è ad un tempo, essenza e forza. La nuova natura ci è data e lo Spirito Santo dimora in noi. Esso opera sempre nei nostri cuori, perciò al versetto 26 leggiamo: «lo Spirito intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili». Può darsi ch’io non comprenda perfino i miei sospiri, ma so che essi son prodotti dallo Spirito in me. Posso mancare d’intelligenza per sapere quale ne sia il vero valore; ma Dio vede, in questa azione dello Spirito Santo, della simpatia per ciò che mi riguarda, secondo Dio: «e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito». Lo Spirito Santo agisce in noi e appunto in rapporto con questa vita.
Lo Spirito Santo non è solamente una sorgente di vita in noi, ma agisce su questa vita e in questa vita. Egli ci guida e ci conduce come cristiani; ora non è la carne ch’Egli dirige e conduce, ma l’uomo nuovo.
Non dobbiamo mai dimenticare che lo Spirito Santo ci è stato realmente dato, perché dimori in noi, dopo che abbiamo creduto. «E, perché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, che grida: Abbà, Padre!» (Galati 4:6; vedi ancora Giovanni 14:16-17; Romani 5:5; 8:9; Tito 3:6, ecc.). L’abitazione in noi dello Spirito Santo, e la sua efficacia vivificante sono però due cose diverse. La prima non poteva avvenire prima che Cristo fosse glorificato (Giovanni 7:39). Ora noi siamo un tempio dello Spirito Santo che è in noi, e che abbiamo da Dio (1 Corinzi 6:19). Gesù se n’è andato, e l’altro Consolatore, il suo sostituto, è disceso per dimorare in noi eternamente; non è solamente con noi come Cristo lo era, ma è in noi. Esso ci ricorda le cose di Cristo e ci dà la capacità di afferrarle. È ancora per Lui che siamo resi capaci di godere di queste cose, e di camminare nella forza che vi si trova.
È una verità preziosa e benedetta, che noi possediamo lo Spirito Santo come una virtù dimorante in noi. Abbiamo la vita e lo Spirito Santo, che è la forza di questa vita. Considerando gli apostoli stessi, prima e dopo la Pentecoste, vediamo come si manifestava l’effetto della presenza personale e dell’abitazione dello Spirito Santo in loro. Vedete, per esempio, Pietro: prima, rinnega il Signore nel modo più vile, e poi, lo confessa con la più grande franchezza davanti al Consiglio dei Giudei. Questa non era la franchezza della carne, ma l’effetto della presenza dello Spirito Santo. — Esso solo produceva in loro quest’energia e questa forza spirituale, in modo che la loro coscienza poteva essere in perfetta libertà davanti a Dio e il timore degli uomini spariva.
Gesù Cristo ha mandato lo Spirito Santo da parte del Padre ed è in noi come Spirito di adozione, per il quale gridiamo: Abba, Padre! Da Lui siamo condotti, in modo conforme alla posizione attuale di Cristo, nella presenza del Padre e in comunione diretta con la grazia (Romani 8:14-17). È questo che dà al nostro cammino il suo vero carattere. È lo Spirito di Dio, che ci conduce nel cammino e che occupa i nostri cuori di Cristo. Dirige i nostri sguardi indietro e ci mostra la gloria della croce, della quale ci ha fatto conoscere la potenza in salvezza: possiamo ora contemplarla con una pace perfetta, perché sappiamo che siamo posti in tale posizione da Dio stesso. Dio e il peccato si sono incontrati alla croce nella persona di Cristo; e qual bene è per noi il sapere, che là, nelle più dure sofferenze del Salvatore per la nostra salvezza, l’uno e l’altro — Dio e Cristo — sono pienamente glorificati! Cristo ha sofferto, in obbedienza alla volontà del Padre suo, tutti questi tormenti per i nostri peccati, e non vi fu un momento in cui lo sguardo di compiacimento del Padre non potesse riposare su di Lui. Se vedo che sono in Cristo, se vedo che Cristo, come pure il Padre, è pienamente soddisfatto e glorificato, in quanto a me, allora il mio cuore è compenetrato ed umiliato dal sentimento del suo amore. Vedo che sono uno dei frutti della fatica dell’anima del Signor Gesù. Su di Lui riposa e risplende l’amor di Dio, ed io sono in Lui. «In quel giorno — in cui avrete ricevuto lo Spirito Santo — conoscerete che io sono nel Padre mio, e voi in me e io in voi»(Giovanni 14:20). Noi siamo già perfettamente una sola cosa con Lui, non ci manca che d’essere realmente presso di Lui. È ciò che lo Spirito Santo ci ricorda in queste parole: «Così saremo sempre con il Signore» (1 Tessalonicesi 4:17).
Lo Spirito Santo ci conduce a Cristo e ci occupa di Lui durante tutto il cammino che percorriamo. La croce è il principio, o il punto di partenza, del nostro viaggio: ci separa dal mondo e dai suoi costumi. Cammin facendo saremo senza dubbio esposti a molte tentazioni; ma le traverseremo vittoriosamente, se i nostri sentimenti e le affezioni dei nostri cuori sono unicamente diretti su Cristo. — Ma è una cosa ben triste quando, seguendo l’esempio d’Israele, il deserto diventa l’oggetto al quale i nostri cuori si affezionano. Le nostre anime certamente languiscono, quando i nostri pensieri e i nostri cuori si attaccano alle cose della terra. Così non faceva l’apostolo Paolo, poiché diceva: «Una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù» (Filippesi 3:13-14).
È immensamente prezioso il conoscere, per lo Spirito, la pienezza infinita che possediamo in Cristo, e il vero carattere delle nostre relazioni con Dio. Egli ha cancellati tutti i nostri peccati, ci ha amati ed ha fatto di noi i suoi figli. Ora è questa la relazione nella quale siamo con Lui.
D’ora innanzi, non lo conosciamo che come il nostro Padre, pieno d’amore, e sappiamo di essere i suoi diletti figli. Ma siamo anche eredi, eredi di Dio e coeredi di Cristo. In questo sta la nostra gioia e la nostra speranza per lo Spirito. Abbiamo, è vero, da attraversare un mondo nel quale incontriamo molte miserie e dolori, e nel quale regna il peccato, vi troviamo pure tribolazioni, anche quando siamo condotti dallo Spirito di Dio, perché Cristo anche lo ha attraversato e ha sofferto; ma è quello il sentiero, che conduce a Gesù Cristo ed alla sua gloria. Ora, sappiamo ancora una cosa, cioè «che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio» (Romani 8:28). Dio è non solamente in noi, ove agisce per lo Spirito Santo, ma è ancora, in ogni tempo, per noi Egli ci ha innanzi conosciuti, ci ha predestinati ad essere conformi all’immagine del suo Figlio; ci ha chiamati, giustificati e glorificati. Tale è il determinato proposito di Dio, già compiuto per noi in Cristo. Sì, tutto è compiuto; possediamo tutto in Cristo, nella potenza dello Spirito Santo. Ora nessuno può portare accusa contro gli eletti di Dio, poiché Dio è per noi; nessuno può condannarci, poiché Dio ci giustifica: e nessuno può separarci dal suo amore, poiché Cristo è colui che è morto per noi, e, oltre a ciò è risuscitato, ed è alla destra di Dio, che intercede per noi (v. 29-39).
Termino qui queste considerazioni sull’affrancamento in Gesù Cristo. Riconosco facilmente che sono ben lontano dall’avere esaurito quest’argomento benedetto: spero però che quello che ho potuto dire sia sufficiente per farci conoscere che la nostra posizione è sicura ed elevata, e che le benedizioni, che abbiamo ricevuto per grazia, in Gesù Cristo, sono innumerevoli.
Spero pure che ogni lettore, condotto dallo Spirito di Dio, avrà potuto comprendere, da quanto è stato detto, in che consiste la vera liberazione d’un cristiano; e che sarà stato convinto che quello che abbiamo ricevuto in Cristo, è tutt’altra cosa che il dover dire: «il bene che voglio, non lo faccio»; sarà pure convinto che, alla croce, per il sacrifizio di Se stesso, Cristo ha non soltanto cancellato i nostri peccati, ma, che il corpo del peccato è annullato nella morte del Salvatore, questo, affinché non serviamo più al peccato, e che abbiamo per sempre davanti a Dio la nostra posizione benedetta e il nostro servizio in una vita nuova, nella vita di Cristo risuscitato. Siamo riconciliati e siamo anche affrancati; in Cristo abbiamo la vita ed abbiamo ancora, se pure lo Spirito di Dio è in noi, la forza per camminare secondo la natura di questa vita. Infine comprendiamo che per questa sola via Dio può essere glorificato e che risponderemo sempre alla posizione ed alla relazione, nelle quali siamo introdotti per Gesù Cristo, se in tutta la nostra condotta, in parole o in opere, annunzieremo le sue virtù. A questo siamo chiamati quaggiù, essendo stati creati per questo in Gesù Cristo, ed avendo ancora, a tale scopo, ricevuto lo Spirito di Dio.
Il Dio d’ogni grazia illumini sempre più i nostri cuori... per conoscere a fondo il nostro vero affrancamento in Gesù Cristo e per realizzarlo, mercé la potenza del suo Santo Spirito.