1a epistola Paolo a Timoteo cap 5
Henri Rossier
Capitolo 5
5.1 Il modo d’esortare
Vers. 1-2: — «Non riprendere con asprezza l’uomo anziano, ma esortalo come si esorta un padre; i giovani, come fratelli; le donne anziane, come madri; le giovani, come sorelle, in tutta purezza».
Abbiamo esaminato, dal versetto 6 del capitolo precedente, le istruzioni speciali date dall’apostolo a Timoteo. Queste istruzioni continuano fino alla fine dell’epistola. Le riassumerò in poche parole.
Paolo esorta Timoteo a tenere sinceramente conto delle cose che gli raccomanda. Così, nel capitolo 4 v. 6, Timoteo deve proporre ai fratelli le cose che trattano la libertà d’usare gli alimenti che Dio ha creato per i suoi, santificandoli per mezzo della Sua Parola e per mezzo della preghiera. Al versetto 11, deve ordinare e insegnare le cose che trattano della pietà. Al versetto 15, deve curarsi di queste cose e darsi ad esse interamente. Queste cose sono una condotta irreprensibile e l’esercizio del dono che gli è stato affidato. Al versetto 16, deve perseverare nella sorveglianza di se stesso e nell’insegnamento. Al capitolo 5 v. 21, deve mantenere l’ordine e la disciplina nella casa di Dio. Al capitolo 6 v. 2, deve insegnare le cose relative ai rapporti degli schiavi con i loro padroni. Infine, al capitolo 6 v. 11, deve fuggire gli interessi terreni e tutte le cose che potrebbero distoglierlo dalla marcia della fede.
Di che serietà Timoteo doveva dare prova per seguire tutte le direttive che riceveva dall’apostolo sulla condotta che lui stesso doveva tenere nella casa di Dio!
Benché le sue funzioni nella Chiesa del Dio vivente fossero quelle d’insegnare e di riprendere, come giovane egli doveva aver rispetto dell’uomo anziano (benché sia la stessa parola nella lingua originale, in base al contesto, non si tratta qui d’un uomo con l’incarico d’anziano). L’età avanzata è accompagnata dall’incapacità di sopportare delle parole aspre senza esserne schiacciato, soprattutto se la riprensione è giustificata. Può accadere che, pur con le migliori intenzioni, un giovane, dotato per condurre l’assemblea, produca un male considerevole riprendendo senza riguardo una persona anziana. Ho visto un giovane fratello dare il colpo di morte ad un vecchio, riprendendolo aspramente riguardo ad errori di condotta che pure esigevano una legittima riprensione. L’esortazione deve essere rispettosa e corretta, ma non rude. Le stesse attenzioni sono dovute verso i giovani e le donne anziane. L’amore che considera gli uni come fratelli, le altre come madri, toglie tutto il carattere pungente all’esortazione. Riguardo alle giovani donne, l’apostolo aggiunge queste parole: «in tutta purezza». Facilmente i sentimenti della carne possono essere in gioco in un giovane che l’obbligo d’esercitare la disciplina mette in contatto con l’elemento femminile. Una vita trascorsa in comunione col Signore, nella santità e nella purezza, è una garanzia sufficiente contro ogni bramosia della carne. Queste raccomandazioni così dettagliate dovrebbero, in ogni tempo, essere oggetto di meditazione per tutti quelli che il Signore chiama al suo servizio, specialmente se sono giovani!
5.2 Le vedove nella chiesa
Vers. 3-6: — «Onora le vedove che sono veramente vedove. Ma se una vedova ha figli o nipoti, imparino essi per primi a fare il loro dovere verso la propria famiglia e a rendere il contraccambio ai loro genitori, perché questo è gradito davanti a Dio. La vedova che è veramente tale e sola al mondo, ha posto la sua speranza in Dio, e persevera in suppliche e preghiere notte e giorno; ma quella che si abbandona ai piaceri, benché viva, è morta».
Questi versetti, fino alla fine del versetto 16, trattano delle vedove nell’assemblea. Degne di ogni riguardo, dell’assistenza dell’assemblea sotto forma sia di cure rispettose che di aiuto materiale (*), sono quelle veramente vedove (vedere ancora i versetti 5 e 16), che non soltanto hanno perduto il marito, ma che sono senza figli e senza nipoti. Nel caso che ne abbiano, un dovere incombe su di loro: mostrarsi pii verso la propria famiglia e «rendere il contraccambio ai loro genitori». Una tale prescrizione non è un ordine legale, perché ciò che invita a seguirla è che «questo è gradito davanti a Dio». È la stessa cosa al capitolo 2 v. 3, riguardo ai nostri rapporti con tutti gli uomini e con le autorità. Così la «pietà», cioè il timore di Dio e il desiderio di piacergli, si mostrano non soltanto nelle cure verso l’assemblea, ma anche nei rapporti di famiglia, e sono alla base dell’ordine nella casa di Dio, anche quando si tratta di cure materiali.
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(*) Questo stesso termine, tradotto con «onorare», «onore», è usato al versetto 17 in rapporto con gli anziani ed anche in altri passi (vedere Atti 28:10; Matteo 15:4-5). [Si tratta di rispetto, di aiuto materiale, di cure di ogni genere], ma non significa per niente uno stipendio regolare, un salario fisso.
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Al versetto 5, l’apostolo fa un ritratto del carattere della vera vedova, così come Dio la considera e l’apprezza. Non avendo quaggiù nessuno su cui appoggiarsi, ella «ha posto la sua speranza in Dio». Non spera niente dagli uomini; è completamente fiduciosa in Dio. Quale sicurezza! Quale tesoro! Dio è ricco per rimediare alla sua povertà. Così, dipendendo da Lui soltanto, ella è in rapporto continuo con Lui e «persevera in suppliche e preghiere notte e giorno», realizzando quella prima raccomandazione alla preghiera del capitolo 2 v. 1. L’immensa benedizione di una posizione senza speranza nell’uomo deriva dal fatto che ella è costretta ad abbandonarsi giorno e notte sulle risorse inesauribili che sono in Dio.
Ma, in contrasto con la vera vedova, la vedova «che si abbandona ai piaceri, benché viva, è morta». Secondo il mondo, la sua vita è assicurata e facile; ella è vivente agli occhi del mondo, ma è morta per il cielo. Che triste spettacolo!
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Vers. 7-8: — «Anche queste cose ordina, perché siano irreprensibili. Se uno non provvede ai suoi, e in primo luogo a quelli di casa sua, ha rinnegato la fede, ed è peggiore di un incredulo».
Timoteo doveva ordinare queste cose, perché l’apostolo desiderava che le vedove, così degne d’affetto per la loro situazione, non incorressero in nessun rimprovero. Desiderava anche che i figli o i nipoti delle vedove non fossero esposti all’accusa d’avere «rinnegato la fede» (cioè l’insieme della dottrina cristiana, ricevuta per fede e basata sull’amore) e di essere peggiori degli increduli, i quali, spesso, non sono insensibili ai legami di famiglia. Ciò che è detto qui è di estrema serietà, ma ci mostra l’importanza che ha, agli occhi di Dio, l’abnegazione dei suoi figli nelle cose materiali. La famiglia ha per Dio un significato particolare. Non dimentichiamo però che i doveri più elementari della famiglia non possono essere chiamati in causa quando si tratta di seguire il Signore [Matteo 10:37; Luca 9:59]! Solo che qua, i doveri sono in rapporto con la condotta del cristiano nell’assemblea che è la casa di Dio.
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Vers. 9-10: — «La vedova sia iscritta nel catalogo quando abbia non meno di sessant’anni, quando è stata moglie di un solo marito, quando è conosciuta per le sue opere buone: per aver allevato figli, esercitato l’ospitalità, lavato i piedi ai santi, soccorso gli afflitti, concorso a ogni opera buona(*)».
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(*) Vedere la nota del capitolo 3 versetto 1.
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Troviamo, in questi passi, altre prescrizioni riguardo alle vedove, in vista del buon ordine nella casa di Dio. La vedova non doveva essere iscritta nel catalogo delle vedove affidate alle cure dell’assemblea se non aveva età avanzata, il che escludeva che potessero rimaritarsi. Ella non doveva essersi sposata due volte, il che avrebbe indicato che era occupata delle cose terrene e della soddisfazione dei suoi desideri (v. 11). Bisognava che avesse la testimonianza d’essere stata attiva nelle buone opere, con l’approvazione di Dio; ciò doveva caratterizzare le sante donne (2:10), le donne secondo Dio. Queste buone opere sono qui elencate dettagliatamente. Consistono:
nell’educazione dei figli (verso i quali la donna ha tutta la libertà d’insegnare): — è la famiglia;
nell’ospitalità: — sono le buone opere verso gli estranei;
nei servizi più umili verso i santi;
nei soccorsi prodigati ai perseguitati;
in qualsiasi opera di carità, perché ve ne sono molte che l’apostolo non enumera.
Questi servizi, quest’abnegazione di se stessa, questo dono delle proprie risorse agli altri, caratterizzano la donna secondo Dio che ha imparato a vivere per il prossimo.
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Vers. 11-13: — «Ma rifiuta le vedove più giovani, perché, quando vengono afferrate dal desiderio, abbandonato Cristo, vogliono risposarsi, rendendosi colpevoli perché hanno abbandonato l’impegno precedente. Inoltre imparano anche a essere oziose, andando attorno per le case; e non soltanto a essere oziose, ma anche pettegole e curiose, parlando di cose delle quali non si deve parlare».
Questi versetti, fino al versetto 16, ci dipingono un quadro opposto a quello delle «vere vedove»; quello delle vedove che Timoteo, sostituendo l’apostolo nell’amministrazione della casa di Dio, doveva rifiutare come oggetto di cure particolari da parte dell’assemblea. Si tratta delle vedove giovani. Vi sono in esse dei desideri; desideri della carne, desideri di stabilirsi sulla terra e di godere gioie terrestri, alle quali esse si abbandonano e che costituiscono l’«abbandonare Cristo» (o l’elevarsi contro Cristo), perché hanno rotta (o trascurato, rigettato) la prima fede. Questa prima fede le aveva attaccate a Cristo e, di conseguenza, separate da tutto ciò che il mondo poteva loro offrire. Vedremo, al capitolo 6, che è la stessa cosa per quelli che amano il denaro: essi «si sono sviati dalla fede»; la «prima fede» aveva forse caratterizzato queste donne quando avevano ricevuto la prova della loro vedovanza come dispensata direttamente da Cristo ed erano state convinte che Egli voleva attaccarle a Lui solo. Abbandonata la prima fede, queste giovani vedove, non avendo più un cuore intero per le buone opere e per il servizio del Signore, dovevano riempire con qualcosa il vuoto che si era prodotto nel loro cuore. Mancando loro l’attività per Cristo e per i santi, esse si creano un’attività fittizia per mezzo della quale cercano di popolare il deserto della loro esistenza. Andando di casa in casa, si danno ai pettegolezzi, immischiandosi nelle circostanze del prossimo, riferendo cose che dovrebbero tacere. Questo quadro è severo ma rispecchia la verità, che Dio non nasconde mai.
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Vers. 14-16: — «Voglio dunque che le vedove giovani si risposino, abbiano figli, governino la casa, non diano agli avversari alcuna occasione di maldicenza; infatti già alcune si sono sviate per andare dietro a Satana. Se qualche credente ha con sé delle vedove, le soccorra. Non ne sia gravata la chiesa, perché possa soccorrere quelle che sono veramente vedove».
Vediamo, dunque, che una giovane vedova, risposandosi, può fare la sua propria volontà e abbandonare Cristo e gli interessi celesti per le cose della terra, ma anche che ella può, con lo stesso atto, fare la volontà di Dio e quindi non perdere la comunione col Signore. Se la posizione di giovane vedova vieta l’iscrizione nel catalogo per ottenere le cure dell’assemblea, che non ammette né le giovani vedove né le vedove che hanno avuto più di un marito, queste sono, pur non di meno, nel cammino della volontà di Dio se si sposano non per piacere a se stesse ma in sottomissione a tale volontà. Il rimedio indicato al versetto 14 è pratico e secondo Dio.
È notevole vedere come Dio, quando si tratta dell’ordine nella Sua casa, indica minuziosamente ciò che può evitare qualsiasi disordine. L’apostolo qui esprime la volontà del Signore come Suo mandatario: per le giovani vedove ci vuole il matrimonio, i figli, il governo della propria casa; senza ciò, il governo della casa di Dio ne soffrirà. La giovane vedova evita così, come al capitolo 3 v. 7, l’insidia del diavolo poiché, se dà occasione di maldicenza, il diavolo se ne servirà per rovinare la testimonianza e impadronirsi delle anime che gli hanno fornito l’occasione con una cattiva coscienza. Già alcune si sono «sviate per andare dietro a Satana». Era la conseguenza fatale dell’aver «abbandonato Cristo».
Al versetto 16 troviamo un’ultima raccomandazione riguardo alle vedove, indirizzata ai fedeli, uomini o donne. Debbono essere assistite in vista degli interessi dell’assemblea. Bisognava che i carichi dell’assemblea fossero diminuiti, non perché essa si liberasse d’un peso, ma affinché i soccorsi verso quelle che erano «veramente vedove» (e abbiamo visto cosa la Parola intenda con questo termine) potessero essere più abbondanti.
5.3 Le relazioni con gli anziani
Vers. 17-21: — «Gli anziani che tengono bene la presidenza, siano reputati degni di doppio onore, specialmente quelli che si affaticano nella predicazione e nell’insegnamento; infatti la Scrittura dice: "Non mettere la museruola al bue che trebbia"; e: "L’operaio è degno del suo salario". Non ricevere accuse contro un anziano, se non vi sono due o tre testimoni. Quelli che peccano, riprendili in presenza di tutti, perché anche gli altri abbiano timore. Ti scongiuro, davanti a Dio, a Cristo Gesù e agli angeli eletti, di osservare queste cose senza pregiudizi, e di non fare nulla con parzialità».
L’apostolo ritorna ora agli anziani nelle istruzioni che dà a Timoteo. C’è un onore da rendere loro; si tratta di rispetto, di aiuto materiale, di cure di ogni genere. Questa parola «onore» è impiegata come verbo per le cure che meritano le vedove, al versetto 3 del nostro capitolo, e come sostantivo per gli onori resi dagli schiavi ai loro padroni.
Ecco come gli anziani dovrebbero adempiere ai loro incarichi: «tenere bene la presidenza» (questa stessa parola è tradotta, al capitolo 3 v. 4, con «governare bene» quando si tratta di governare la propria casa). E questo modo con cui gli anziani adempivano alle loro funzioni di sorveglianti doveva essere riconosciuto degno di «un doppio onore»; non di un doppio stipendio, perché non vi è diritto a un salario né per gli incarichi, né per i doni. Al capitolo 6 v. 1, questa stessa parola significa tutto il rispetto che gli schiavi devono ai loro padroni, sia in sottomissione, sia in abnegazione, sia in servizi resi. Qui, il doppio onore è soprattutto reso agli anziani quando adempiono contemporaneamente due incarichi: la sorveglianza e il servizio della Parola e della dottrina, doppia funzione che non era nelle possibilità di tutti gli anziani, sebbene tutti dovessero essere capaci d’insegnare e di convincere i contraddittori (Tito 1:9).
L’apostolo cita (v. 18) Deuteronomio 25:4, per appoggiare la sua raccomandazione (il passo è anche menzionato in 1 Corinzi 9:9) per mostrare che dando una simile prescrizione Dio parla «proprio per noi». Cita in seguito la parola di Gesù stesso ai suoi discepoli: «L’operaio è degno della sua mercede» (Luca 10:7), il che pone gli scritti del Nuovo Testamento al livello degli scritti dell’Antico Testamento.
Timoteo doveva avere molte riserve riguardo alle accuse portate contro un anziano. Un incarico in vista porta facilmente alla gelosia e di conseguenza ai cattivi propositi e alla calunnia. Bisognava essere premuniti contro tutto ciò e seguire le prescrizioni della Parola: «Ogni parola sarà confermata dalla bocca di due o tre testimoni» (Deuteronomio 19:15; Matteo 18:16; 2 Corinzi 13:1).
Ma, d’altra parte, dato che ognuno è fallibile, non bisognava fare delle parzialità in favore di coloro che erano in vista. Era così che Paolo si era comportato con Pietro che si chiama egli stesso «anziano»(1 Pietro 5:1): l’aveva rimproverato davanti a tutti (Galati 2:14; 1 Timoteo 5:20).
Il caso di un anziano che peccava era doppiamente serio, perché egli poteva, con la sua influenza e la sua autorità, trascinare altri nello stesso cammino. In altri tempi, Barnaba era stato trascinato in questo modo nella simulazione. Bisognava che la riprensione fosse pubblica, affinché altri anziani non fossero tentati d’imitare il peccato. Paolo scongiurava Timoteo ad osservare queste cose, perché la casa di Dio, e del Signore Gesù Cristo, che ne è il Capo, è offerta in esempio agli «angeli eletti», i quali devono poter vedere Cristo nell’assemblea dei santi. Che esortazione importante per colui che è chiamato ad un servizio nella casa di Dio!
5.4 Precetti vari per avere del discernimento
Vers. 22-25: — «Non imporre con troppa fretta le mani a nessuno, e non partecipare ai peccati altrui; consèrvati puro. Non continuare a bere acqua soltanto, ma prendi un po’ di vino a causa del tuo stomaco e delle tue frequenti indisposizioni. I peccati di alcune persone sono manifesti prima ancora del giudizio; di altre, invece, si conosceranno in seguito. Così pure, anche le opere buone sono manifeste; e quelle che non lo sono, non possono rimanere nascoste».
Timoteo è esortato ora a non imporre precipitosamente le mani ad alcuno. L’imposizione delle mani, quando non era fatta dall’apostolo stesso che aveva le qualità per farlo, non conferiva né un dono di grazia, né il dono dello Spirito Santo (2 Timoteo 1:6; Atti 8:17). Al capitolo 4:14, gli anziani non avevano conferito nulla a Timoteo per mezzo di questo atto. L’imposizione delle loro mani esprimeva la benedizione, la sanzione, l’identificazione pubblica con ciò che era stato conferito a Timoteo dall’apostolo. Imponendo le mani, probabilmente agli anziani, per quanto qui non sia detto, riguardo a una missione o un servizio qualsiasi, Timoteo si dichiarava solidale con loro, s’identificava col loro servizio o la loro missione, metteva la sua approvazione sul loro incarico, la loro chiamata, la loro opera. Se peccavano, egli si esponeva anche a essere coinvolto nei peccati che avrebbero potuto commettere nell’esercizio delle loro funzioni. Evitando quest’insidia tesa sui suoi passi, Timoteo rimaneva puro. Non doveva dare la più piccola occasione di essere ripreso, come avrebbe meritato per un’eventuale precipitazione, perché si sarebbe contaminato partecipando così al peccato altrui.
La raccomandazione del versetto 23, di bere un po’ di vino, mi sembra che si leghi a ciò che precede, cioè che la precipitazione poteva provenire dall’eccitazione della carne. Timoteo avrebbe potuto credere di doversi astenere in modo assoluto da tutte le bevande eccitanti. L’apostolo mostra la sua preoccupazione per la salute del suo caro figlio nella fede, ma inoltre sapeva quanto la coscienza delicata e magari un po’ malaticcia o eccessiva di Timoteo (vedi 2 Timoteo 1:6) poteva allarmarsi facilmente dei pericoli ai quali le sue funzioni l’esponevano. Questi minuziosi particolari sono molto commoventi e mostrano, allo stesso tempo, la sollecitudine dell’apostolo per il suo amato compagno di lavoro e la sollecitudine che ha avuto il Signore per i1 suo caro discepolo nel permettere che fosse citato nello scritto ispirato dell’apostolo.
Avendo parlato dei peccati altrui, Paolo menziona due caratteri di questi peccati. Ve ne sono che «sono manifesti prima ancora del giudizio». Li conosciamo, proclamano in anticipo il giudizio di questi uomini, di modo che nessuno può ignorarli. Altri peccati sono nascosti adesso, ma tengono dietro a questi uomini. Essi li ritroveranno nel gran giorno del giudizio. Non erano soltanto i peccati manifesti che dovevano mettere in guardia Timoteo riguardo all’imposizione delle mani, ma anche la possibilità dei peccati che si sarebbero conosciuti più tardi, affinché egli non fosse coperto di vergogna quando il Signore apparirà (1 Giovanni 2:28). Si trattava dunque, per Timoteo, di non imporre le mani ad un uomo che pecca segretamente. Il mezzo per riconoscere tale uomo sono le buone opere. Esse sono manifeste in anticipo, e quelle che non lo sono attualmente lo saranno più tardi. Donde la necessità di non usare alcuna precipitazione nella sanzione da dare a uno che vuol mettersi al servizio del Signore.