Giosue Capitolo 23
Henri Rossier
Capitolo 23: Ultime istruzioni di Giosuè
Israele è ora in possesso della sua eredità; Giosuè, molto avanzato in età, è pronto ad essere chiamato. Quando i sostegni esteriori dell’ordine divino nell’assemblea vengono a mancare, e coloro che erano i primi nel combattimento non sono più, tutto sembra mancare. Ma in realtà, se vi è la fede, niente manca. «L’Eterno, il vostro Dio, era quegli che combatteva per voi» (v. 3 e 10). I conduttori possono andarsene, la fine della loro carriera è una cosa preziosa da considerare; ma Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno. Sì, nulla manca se vi è la fede; e dove essa non c’è, tutto cade, come è successo a Israele e alla Chiesa.
Si trattava ormai, perché il popolo si mantenesse all’altezza dei suoi privilegi, che quella potenza dello Spirito, che nella persona di Giosuè li aveva condotti alla vittoria, si realizzasse nelle loro anime e nella loro vita intera. «Sii forte e fatti animo» aveva detto Dio a Giosuè (1:6), «perché tu metterai questo popolo in possesso del paese che giurai ai loro padri di dare ad essi». Ecco la potenza per la vittoria. Ed ora Giosuè dice al popolo: «Applicatevi risolutamente»(v. 6).
Come deve quella forza spirituale manifestarsi nel popolo? Nell’obbedienza alla Parola scritta, per osservare — questo è inseparabile dalla pratica — e per fare tutto ciò che è scritto nel libro della legge di Mosè. Per obbedire in tal modo il popolo aveva non soltanto la potenza dello Spirito di Dio con sé, ma aveva anche sotto gli occhi un uomo, Giosuè, al quale le stesse cose erano state ingiunte (1:7) e che le aveva seguite sino alla fine del cammino; come Paolo, poteva dire: «Ho serbata la fede». Ma noi, cari lettori, abbiamo il vero Giosuè, il modello perfetto, il Capo e il Compitore della fede!
Notate ancora questo: come Paolo, Giosuè ha la piena coscienza dei cambiamenti che stanno preparandosi; un nuovo ordine di cose sta per essere introdotto dopo la sua morte. Quei due uomini sapevano che doveva aver luogo un declino; ma come un filo conduttore attraverso le rovine, e come guida infallibile, essi raccomandano la Parola. «Vi raccomando a Dio e alla parola della sua grazia» (Atti 20:32).
Questa Parola ha la potenza di edificarci e di darci un’eredità; ma, prima di tutto, di santificarci. È per averla dimenticata che Israele è caduto al livello delle nazioni idolatre e delle loro abbominazioni. Vedete, al v. 7, come la china è insensibile e sdrucciolevole; prima si prende posto fra le nazioni e si dimentica la separazione dal mondo, poi si menzionano i loro dèi; i principi che regolano il mondo divengono famigliari; troviamo naturale che altri li riconoscano; infine li serviamo e ci inchiniamo davanti ad essi. Così diventiamo dei poveri schiavi del mondo e del suo principe!
Ma oltre all’obbedienza alla Parola, Giosuè indica loro altri mezzi per conservare le loro benedizioni. Uno è l’attaccamento all’Eterno (v.
; bisogna che il cuore e le affezioni siano attaccate alla persona di Cristo. Pensate voi sovente a quel versetto del Salmo 63: «La mia anima s’attacca a te per seguirti; la tua destra mi sostiene»? Si sente qui un cuore che si è dato interamente, e che può dirlo al Signore, giacché questi non sono sentimenti che si espongono davanti ai mondo. È un’anima innamorata della bellezza del suo oggetto, e che si dà ad esso completamente. Allora, essa scopre in Lui una forza che la solleva al disopra di tutte le difficoltà e la preserva da tutti i pericoli: «La tua destra mi sostiene». Lo stesso avviene nel nostro capitolo. Ai v. 9 e 10, il popolo ha fatto l’esperienza della forza del Signore attaccandosi a Lui. Oh! possiamo noi, nei nostri giorni inquieti, trovare un maggiore attaccamento intimo dell’anima a Cristo, lo stato di un cuore che non cerca e non vuole che Lui, che non mette in evidenza davanti al mondo i suoi sentimenti e la sua consacrazione al Signore e che dice: «Io sono ricco, e mi sono arricchito»; ma un cuore che dice a Cristo, in modo che Lui solo può udirlo: «Ti amo, perché Tu m’hai amato per primo».
Il terzo mezzo è la vigilanza. «Vegliate dunque attentamente su voi stessi, per amare l’Eterno, il vostro Dio» (v. 11). Dobbiamo vegliare sui nostri cuori, per non tollerarvi l’entrata, sovente molto subdola, di concupiscenze che indeboliscono le affezioni per il Signore, e finiscono con l’introdurvi degli oggetti indegni di essere posti a confronto con Lui. «Fuggi gli appetiti giovanili»; «siate sobri, vegliate».