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 7. La venuta del Figliuol dell'uomo

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girolamo
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girolamo


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Messaggio7. La venuta del Figliuol dell'uomo

7. La venuta del Figliuol dell'uomo — Matteo 24:30-44; 1 Tessalonicesi 5:1-11


Questi passi ci presentano un nuovo aspetto della venuta del Signore: la sua apparizione come «Figlio dell'uomo» per giudicare i viventi sulla terra.

Apparso nel tempo della grazia per soffrire, per essere respinto dai Giudei e dalle nazioni, e poi crocifisso, il Figlio dell'uomo, al quale Dio ha dato «tutto il giudizio» (Giov. 5:22), ritornerà e la vendetta che eserciterà sui suoi nemici sarà terribile.

Matteo 24:1-31 descrive i segni profetici che precederanno e accompagneranno la venuta del Messia in rapporto col popolo Giudeo che lo ha rigettato.

Avendo già mostrato l'applicazione pratica della profezia sulle nostre anime, eviterò di riprendere di nuovo questo soggetto; basti menzionare che i «segni» di Matt. 24 non hanno alcun rapporto coll'apparizione della «stella mattutina», cioè con la venuta in grazia del Signore per rapire i suoi, ma precedono l'apparizione del sole di giustizia di cui stiamo ora parlando.

Vi sarà, ai tempi della fine, sulla terra, un corpo di testimoni Giudei, il vero Israele, il «rimanente» (o residuo) della profezia, il quale sarà avvertito, per mezzo di segni, del giudizio imminente sui suoi persecutori, e della sua prossima liberazione.

In quello stesso periodo, un'innumerevole moltitudine fra le nazioni (non quelle della cristianità apostata) si convertirà per mezzo della predicazione «dell'Evangelo del regno». Questi credenti accetteranno, quale Signore, Colui che sta per apparire come Figlio dell'uomo, giudice e re, e si sottometteranno a Lui; e saranno benedetti per aver ascoltato e soccorso il residuo di Israele al tempo della sua grande tribolazione (Matt. 25:31-46).

I versetti 32 a 44 del capitolo 24 si riferiscono ai discepoli giudei della fine. Il Signore dice loro: «Quando vedrete tutte queste cose sappiate che egli è vicino, proprio alle porte» (v. 33), e: «Questa generazione (giudea) non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute» (v. 34).

Quando il Figliuol dell'uomo verrà non troverà il mondo cambiato né nel suo carattere né nelle sue occupazioni. Gli uomini saranno i medesimi dei tempi di Noè, dei giorni innanzi al diluvio, nei quali «si mangiava e si beveva, si prendeva moglie e s'andava a marito,... e di nulla si avvide la gente, finché venne il diluvio che portò via tutti quanti» (v. 38-39). Uno solo, Noè, uomo di fede, entrò nell'arca con la sua famiglia e fu «lasciato» come ceppo d'una nuova razza in un mondo purificato dal giudizio.

Così avverrà anche alla fine dei tempi. Il giudizio farà una netta distinzione fra i giusti e i malvagi. Questi ultimi saranno «presi» come un tempo gli uomini iniqui, portati via dal giudizio, mentre, come il giusto Noè, gli altri saranno «lasciati» sulla terra purificata.

Ma ciò che stava a cuore al Signore era di far conoscere ai discepoli che gli stavano intorno quale doveva essere il loro comportamento nell'attesa del ritorno del «Figliuol dell'uomo». Sarà un ritorno improvviso. Nessuno può conoscere il giorno né l'ora; neppure gli angeli. Questa conoscenza è riservata solo al Padre (v. 36). L'avvicinarsi di quel giorno sarà preannunciato da «segni» (v. 33), ma tutti ne ignorano la data. Ciò che i discepoli dovevano sapere era che il giorno del Figlio dell'uomo verrà all'improvviso come un ladro (v. 43). Dovete vegliare, dice il Signore, poiché il ladro viene di notte: così «non sapete in quale giorno il vostro Signore sia per venire». Il Figlio dell'uomo, la cui venuta sorprenderà gli uomini come fa un ladro, non aveva però questo carattere per i discepoli; Gesù era il loro Signore, ed è Lui che devono aspettare con una vigilanza continua.

Ma queste cose, che riguardano i Giudei, interessano solo loro? 1 Tess. 5 ci mostra che esse hanno un interesse anche per i cristiani. «Or, quanto ai tempi e ai momenti, non avete bisogno che vi se ne scriva» (v. 1): i Tessalonicesi conoscevano, dalla profezia, i segni della venuta del Figlio dell'uomo, che non è la beata venuta del Figlio di Dio, di cui il cap. 4 aveva loro parlato. Paolo dice: «Perché voi stessi sapete molto bene che il giorno del Signore verrà come viene un ladro nella notte» (v. 2). Gli uomini saranno raggiunti da un'improvvisa distruzione; «Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, si che quel giorno abbia a cogliervi a guisa di ladro; poiché voi tutti siete figliuoli di luce e figliuoli del giorno; noi non siamo della notte né delle tenebre» (v. 4).

Il motivo per il quale il giudizio non può colpirci è che apparteniamo già a quel giorno che è ancora futuro, essendo stati liberati dal potere delle tenebre e generati per essere dei figli della luce. In che cosa, allora, il giorno del Signore tocca le nostre coscienze? Lo Spirito Santo aggiunge: «Non dormiamo dunque come gli altri, ma vegliamo e siamo sobri. Poiché quelli che dormono, dormono di notte; e quelli che s'inebriano, s'inebriano di notte; ma noi che siamo del giorno, siamo sobri» (v. 6). Dormire e inebriarsi sarebbe rinnegare il nostro carattere di figli del giorno. Abbiamo anche questo motivo, ed è molto potente, per vegliare, e rifiutare tutte le cose inebrianti con le quali il mondo e Satana cercano di addormentare le nostre anime. Apparteniamo a un'altra sfera, quella della luce eterna!

Le nostre veglie, allora, saranno vissute nel timore che l'ira divina ci raggiunga? Per niente, poiché noi non dobbiamo difenderci dal giudizio, ma dal mondo che sarà giudicato, «avendo rivestito la corazza della fede e dell'amore, e preso per elmo la speranza della salvezza».

«Poiché Iddio non ci ha destinati ad ira; ma ad ottener salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo» (5:9). La fede e l'amore ci rendono invulnerabili ai colpi di Satana e del mondo, e ci legano a Dio, a Cristo e a tutti quelli che sono nati da Lui. Quando godo di queste cose eccellenti, quelle di quaggiù perdono il potere di nuocermi.

La speranza della salvezza ci riempie di sicurezza di fronte a questa ira futura che non ci è destinata.

È così che il credente fedele aspetta il giorno del Signore. Quel giorno non lo riguarda personalmente; ma tocca la sua coscienza, ed è una cosa molto salutare in mezzo ai pericoli di ogni genere che minacciano la nostra vita cristiana.

Ma la cristianità professante deve ritenersi al riparo da quel giorno? Essa s'illude di sì, poiché porta il nome di Cristo. Non si illuda! Sardi (Apoc. 3:1-6), che rappresenta la cristianità sotto la forma più illuminata, cioè il Protestantesimo, riceve questo avvertimento dal Signore: «Ricordati dunque di quanto hai ricevuto e udito; e serbalo e ravvediti. Che se tu non vegli, io verrò come un ladro, e tu non saprai a quale ora verrò su di te» (Apoc. 3:3). La religione, la più ortodossa, non salva quelli che la professano dal terribile giorno del Figlio dell'uomo. I religiosi, semplici professanti senza vera fede, saranno considerati alla stessa stregua di quelli del mondo, degli increduli aperti.

Senza il pentimento che accompagna la fede, la loro sorte sarà uguale a quella degli empi.
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