IL MARITO NEL MATRIMONIO
di Roberto Bracco
(Colossesi 3:19)
Una moglie ha bisogno, nel marito, di un capo. Di un uomo cioè che sappia guidare, sorreggere, comandare.
Il ministerio delcapo è molto più impegnativo e quindi molto più difficile di quello del subalterno e saperlo adempiere bene è soltanto da pochi. Un marito cristiano però deve mettere ogni impegno per adempiere e per adempiere bene questo ministerio.
Egli si deve sentire il capo della donna e quindi la guida ed il sostegno della famiglia; deve accettare le proprie responsabilità ed affrontarle con virilità e sapienza.
Comandare vuoi dire per un cristiano saper comandare, e guidare vuol dire avere saggezza e forza, ed un marito deve approfondirsi nel timor di Dio in queste preziose discipline spirituali. E’ estremamente pericoloso dare spettacolo di incapacità e di ingiustizia come è pericoloso affrontare il matrimonio senza una profonda preparazione cristiana. Molti infatti giungono al matrimonio privi della consapevolezza dei propri doveri di marito e purtroppo, o a causa del fuoco della passione o a causa dell’inopportuna invadenza femminile, permettono la violazione della divina legge dell’equilibrio e cedono alla moglie, comando, direttiva ed autorità.
E’ difficile che questa violazione possa essere riparata, quando l’uomo ha capitolato cedendo le sue prerogative non riesce facilmente a risollevarsi e le sue rivendicazioni diventano in seguito soltanto motivo di baruffe e contese.
La donna è stata posta da Dio in una posizione di subordinazione e quando ella occupa il suo posto nell’umiltà e nel timor di Dio riesce a trovare in esso tutta la gioia e tutto l’appagamento che è riservato ad una moglie fedele; l’uomo invece deve comandare ma, ripeto, questo significa soprattutto saper comandare; deve guidare, ma deve saper guidare. Egli deve dare sin dal primo momento la misura delle proprie capacità prendendo nelle sue mani, in un modo tanto virile quanto sicuro, il timone della famiglia.
Comandare non significa esercitare dispotismo, e guidare non significa esercitare potere dittatoriale, anzi l’uomo deve dimostrare di saper comandare imponendo la propria personalità con dolcezza e con grazia.
Egli deve essere fermo ma anche giusto; deciso ma anche saggio.
Una donna trascina sempre con se le inevitabili debolezze della sua personalità; ella vorrebbe comunicarle, parteciparle, imporle… E’ in queste circostanze, soprattutto, che l’uomo deve saper comandare; egli deve essere tanto tenero quanto risoluto e deve far comprendere chiaramente che non è disposto a trasferire la direzione della famiglia in mano altrui.
Si è sentito ripetere frequentemente che non saprà mai comandare colui che precedentemente non ha saputo ubbidire. Questa affermazione è esatta perché se è vero che l’uomo ha innato il senso del comando è anche vero che soltanto l’esercizio sviluppa le facoltà necessarie per comandare. Quindi il giovane che non ha esercitato l’ubbidienza verso Dio o verso la propria famiglia difficilmente saprà saggiamente comandare la propria moglie ed altresì il giovane che non ha esercitato se stesso nella visione delle proprie responsabilità difficilmente potrà essere un marito ideale.
Il giovane però deve anche tener presente che la sua posizione di «capo» non deve essere confortata soltanto dall’esercizio del comando ma anche dalla sottomissione a tutti gli obblighi che gli competono.
L’uomo deve essere il sostegno della famiglia socialmente, moralmente e spiritualmente. Egli deve provvedere ai bisogni della sua famiglia, senza cedere alla vanità e alla dissolutezza. Egli deve essere anche il padrone di ogni situazione quando le folate del dolore o delle distrette colpiscono il nucleo familiare ed egli deve essere inoltre il sacerdote della casa per educare e guidare nelle cose di Dio.
Ci sono molti giovani mariti che vogliono comandare fino alla prepotenza e poi non si preoccupano di lavorare per provvedere il necessario alle proprie mogli. Ce ne sono altri che vogliono fare i forti verso le loro deboli compagne e poi si lasciano abbattere ed avvilire da ogni vento e da ogni contrarietà. Ed infine ci sono giovani che vogliono guidare e dirigere e poi dimostrano, ad ogni piè sospinto, di non possedere sensibilità spirituale e timore di Dio.
L’uomo deve essere interamente uomo ed il comando gli deve essere riconosciuto in relazione alla sua precisa posizione di capo e sostegno della famiglia.
Se il giovane non possiede questa visione non può affrontare cristianamente il matrimonio e se non possiede i requisiti necessari per essere incontrastatamente il capo della donna sarà sempre un marito imperfétto e insoddisfatto.
Molte volte la fanciulla che viene messa a fianco dell’uomo non possiede per intiero il senso della subordinazione e della riverenza e cerca, di conseguenza, di uscire fuori dai suoi confini con la disubbidienza e con la ribellione. Quando queste circostanze si verificano la donna non è esattamente l’aiuto convenevole che è necessario al marito. L’uomo non si deve però far vincere dalla situazione perché Iddio disse: « Io gli farò un aiuto convenevole… ».
Iddio può rendere la donna quello che ella non è e l’uomo deve collaborare con Dio perché quest’opera venga compiuta.
Fermezza, padronanza, qualche volta inflessibilità cristiana devono costringere la moglie a rientrare nei limiti assegnatile dalla legge di Dio.
Tutto ciò deve essere compiuto amorevolmente e con grazia ma altresì decisamente e sin dai primi giorni del matrimonio.
Non c’è luna di miele che autorizzi una moglie ad essere irriverente e disubbidiente verso il proprio marito e perciò non ci sono ragioni sentimentali capaci di giustificare un uomo che cede quelli che più che i suoi diritti rappresentano i suoi doveri.
Colui che sa veramente comandare impone la propria personalità in maniera tanto sicura quanto convincente e non sarà mai difficile ad una moglie cristiana ubbidire ad un marito nel quale emergerà inequivocabilmente il senso del comando. Ella riconoscerà umilmente la posizione del capo della famiglia purché vedrà nelle caratteristiche del marito i segni inconfondibili di un ministerio ricevuto da Dio. Non è altrettanto facile sottomettersi quando colui al quale spetta il comando dimostra chiaramente la propria incapacità. Molte donne di indiscutibile valore non hanno saputo resistere alla tentazione di sostituirsi al marito al timone della navicella familiare, riconoscendosi chiaramente più abili di lui nell’arte del comando.
Una moglie profondamente cristiana dovrebbe usare la propria abilità non per prendere il posto del marito, ma per esercitare una influenza positiva al fine di aiutarlo ad assumere profondamente il proprio mandato. Però soprattutto un marito dovrebbe, nell’esercizio del suo ministerio e della sua autorità, riconoscere le proprie lacune e le proprie debolezze per cercare di colmarle mediante l’aiuto che si può ricevere in preghiera. Egli dovrebbe chiedere a Dio luce e saggezza per essere veramente uomo, cioè per essere il capo affettuoso tenero, vigile, sollecito ed altresì il marito saggio, sicuro, deciso. Un cristiano, che comanda perché sa comandare, che guida e dirige perché esercita il ministerio congenito nell’ordine di Dio nella natura, non sarà mai un marito dispotico ed autoritario che predispone naturalmente all’insofferenza, ma sarà il compagno virile di una moglie fedele e desiderosa di sottomettersi dolcemente a lui.