ENRICO
Un professionista delle quattro ruote.
Testimonianza inviataci dal fratello Bonello Filippo
Un amante delle corse automobilistiche che abbia la fortuna di poter dare sfogo alla sua passione praticando sin da ragazzo questo costoso, pericoloso, ma anche emozionante ed entusiasmante sport, è pressoché impossibile che non si ponga l'obiettivo di "fare carriera", di diventare cioè un professionista di alto livello. Io rientravo fra queste persone.
A partire dall'età di undici anni, quando assistetti per la prima volta ad un Gran Premio di Formula 1 davanti alla tv, le corse sono entrate prepotentemente nella mia vita (e non so dire quanto possa avere contato l'essere stato portato da mio padre, qualche anno prima, a vedere una gara all'autodromo di Monza). Alcuni anni dopo, ormai diciottenne, grazie unicamente all'amore per me dei miei genitori che, nonostante i rilevanti costi, non si rifiutarono di comprarmi un kart per consentirmi di coronare il mio sogno, iniziai a correre, con discreti risultati.
Ci fu la pausa del servizio militare, conobbi la ragazza che sarebbe diventata mia moglie, ma l'obiettivo della mia vita rimaneva sempre lo stesso. Passai alle monoposto nel 1984 e per qualche anno conobbi soltanto delusioni. Spesso arrivavo ad un soffio dalla vittoria; molto più spesso accadeva qualcosa che non faceva altro che accrescere la mia rabbia per non riuscire a tradurre in risultati concreti le mie (riconosciute, anche e soprattutto, dagli altri) qualità di pilota. Feci anche degli errori, dando retta a consigli che, a posteriori, si sarebbero rivelati non proprio buoni, che mi portarono ad indebitarmi inutilmente. Accanto a questi motivi di scoraggiamento, che tuttavia non intaccavano la mia volontà di vincere, c'erano altri problemi nella mia vita che pian piano mi portarono ad una profonda crisi interiore.
In quel periodo, verso la fine del 1989, fui colpito da un'intervista nella quale il famoso pilota brasiliano Ayrton Senna parlava della sua ricerca di Dio e di come egli leggesse da un po' di tempo la Bibbia, traendone una grande forza interiore che andava a completare le già straordinarie doti naturali che facevano di lui un asso del volante. La Bibbia mi era allora estranea, nonostante avessi studiato per sette anni, diplomandomi infine in Ragioneria, presso una scuola privata retta da suore; ma l'attrazione verso il soprannaturale era presente in me da tempo, indirizzata però nel modo sbagliato, come conseguenza di una profonda insoddisfazione di ciò che il cattolicesimo mi aveva dato fino ad allora, unita ad un'acritica assimilazione di concetti su un Essere Superiore che provenivano perlopiù dall'esoterismo.
L'effetto della Parola di Dio nella vita di un personaggio che ammiravo enormemente come il compianto Ayrton mi spinse, dunque, ad iniziare a leggere questo importante Libro. Lo feci come se si trattasse di un qualunque testo storico o di narrativa, cominciando dall'inizio; ma presto mi accorsi che non funzionava, nel senso che ciò che leggevo non produceva alcun particolare effetto, eccezion fatta per la perplessità di fronte a fatti che mi turbavano un po', come la richiesta fatta da Dio ad Abramo di sacrificargli Isacco. Nello stesso periodo, grazie alla rete televisiva cristiana TBNE, venni in contatto con l'attuale pastore della Chiesa di Cristo Re di Biella, il quale mi invitò a leggere la Bibbia con questo accorgimento: chiedere in preghiera allo Spirito Santo di farmi comprendere ciò che sta scritto, iniziando dai Vangeli, per focalizzare da subito l'attenzione sulla persona di Gesù. Seguii questa importante indicazione e mi ritrovai a ricevere con ben altro effetto le parole che andavo leggendo: Gesù cominciava a "prendere vita" dalle pagine della Scrittura e parlava a me direttamente! Erano i primi giorni di aprile del 1990.
Una nuova stagione agonistica aveva appena avuto inizio; per la prima volta, il team per il quale correvo mi aveva iscritto a due diversi campionati che si disputavano interamente all'autodromo di Monza, con l'obiettivo dichiarato di vincerli entrambi. La prima gara non era andata affatto male (un secondo posto), per quanto riguardava una categoria; nell'altra gara ero stato costretto al ritiro per un incidente. Ancora una volta, niente vittoria. Il secondo appuntamento che, se non ricordo male, era il 7 di aprile, mi diede finalmente quella gioia che da anni rincorrevo. Vinsi, con un pizzico di fortuna, una delle due gare della giornata (l'altra non andò altrettanto bene) e mi sentii ripagato delle tante delusioni sofferte fino ad allora.
Tornando a casa, mentre viaggiavo in autostrada, lessi alcuni brani dei Vangeli che descrivono gli ultimi momenti della vita terrena di Gesù. Ad un tratto, rimasi come folgorato dalla presa di coscienza che il Figlio di Dio, l'innocente che era stato condannato alla morte per crocifissione, aveva subito quel supplizio per me, al posto mio, per salvarmi dal giudizio di Dio sulla mia vita che, fino a quel momento, non avevo mai considerato per quello che era veramente: una vita dominata dall'io, dall'ambizione di avere successo, incentrata su qualcosa di fondamentalmente inutile che aveva assorbito tutto me stesso; soprattutto, per quanto potessi credere all'esistenza di Dio, una vita lontanissima da Lui.
Scoppiai a piangere, mentre realizzavo queste cose; alla gioia di qualche ora prima si sovrapponeva, in quegli istanti, una gioia mai sperimentata nella mia vita.
Mentre mi avvicinavo a casa, compresi sempre più chiaramente che non sarei stato mai più lo stesso, avendo incontrato il vero Dio. Ora gli parlavo, come si parla ad una persona reale che ti sta accanto e ti ascolta, ringraziandolo per Gesù, per il suo amore, la sua misericordia, la sua pazienza. Stavo vivendo la nuova nascita, esperienza fondamentale per entrare, come Gesù ebbe a dire a Nicodemo, nel Regno di Dio.
È tuttora emozionante ricordare quei meravigliosi momenti che hanno segnato la più grande svolta della mia vita. Ricordo di avere detto al Signore, già quella sera prima di coricarmi, che gli volevo dare tutto quanto di me stesso; qualche giorno dopo, durante un incontro di preghiera con i fratelli della piccola comunità di credenti di cui entrai a far parte, gli dissi chiaramente che, se Egli avesse voluto, avrei lasciato anche le corse per fare pienamente la sua volontà. Chi mi conosceva più da vicino, come ovviamente mia moglie, fece molta fatica a credere che potessi essere serio, nel dire una cosa simile, e non aveva tutti i torti, dal momento che, fino ad allora, non riuscivo ad intendere il mio futuro in modo diverso da come vivevo il presente, incentrato sulle corse.
Mi dilungherei troppo, raccontando nei dettagli il seguito di quella stagione agonistica 1990, piena di episodi anche significativi dal punto di vista spirituale. Mi limito, dunque, a riassumerla così: 10 vittorie su 24 gare disputate, una serie di secondi e terzi posti; vincitore del Trofeo Nazionale di Formula Panda Monza e del Trofeo Lombardia di Formula Fire; primo nella classifica generale del Trofeo Cadetti Agip di Formula Panda Monza (il trofeo vero e proprio veniva assegnato a chi non aveva ancora compiuto il 23° anno d'età, mentre io ne avevo 27). Avevo vinto, insomma, tutto quello che c'era da vincere nelle due categorie e avevo finalmente raggiunto, o meglio, Dio mi aveva fatto raggiungere la meta per cui ogni concorrente gareggia.
Ma la volontà di Dio per la mia vita era diversa. Capii che quando si fa una promessa al Signore, Egli la prende sul serio e non se la dimentica. Era dunque giunto il momento di scegliere: io o Dio? Furono giorni difficili, ma un grande aiuto, per prendere questa decisione, mi venne dato dai fratelli della chiesa. Allo Spirito Santo domandai la forza per "rompere" definitivamente con quel mondo al quale ero fortemente legato da tempo e che aveva prodotto in me una specie di malattia, per cui la sola pausa invernale diventava un'attesa spasmodica di risalire al più presto su di una macchina da corsa. Solo dopo qualche mese mi accorsi di essere stato guarito da quell'ansia insopportabile, e fui grato al Signore per questo miracolo.
Lo spazio che mi è concesso non mi permette di raccontare altre cose che Gesù ha fatto nella nostra vita, ma con una frase ispirata alla Parola di Dio, cari lettori che avete avuto la pazienza di seguirmi fin qui, voglio attestare questo: il Signore fa davvero infinitamente al di là di ciò che Gli chiediamo, o addirittura pensiamo, perché Egli è buono, paziente, misericordioso e... - quanto sono insufficienti le nostre parole! - grande!
Enrico Alberti - Biella