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 LO STRUMENTO DELLA POTENZA DIVINA

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070413
MessaggioLO STRUMENTO DELLA POTENZA DIVINA

Lo Stumento della Potenza Divina


“Impegnatevi a raggiungere la santità, perché da essa dipende la vostra utilità. I vostri
sermoni durano infatti un’ora o due, ma la vostra vita predica per tutta la settimana. Se
Satana riesce a fare di un ministro dell’Evangelo una persona amante della lode, del
piacere, della buona tavola, avrà rovinato un ministero. Datevi alla preghiera, e ricevete gli
argomenti, i vostri pensieri, le vostre parole da Dio. Lutero trascorreva in preghiera le ore
migliori del giorno”. Robert Murray Mccheyne
Oggi ci sforziamo continuamente di ideare nuovi metodi, progetti e nuove organizzazioni
per far progredire la chiesa e permettere l’espansione del Vangelo, ma questa tendenza
del nostro tempo perde di vista l’uomo e ne fa un ingranaggio del progetto e
dell’organizzazione. Ma il piano di Dio è quello di dare un grande valore all’uomo, più che
a qualunque altra cosa. Il metodo di Dio è l’uomo.
La chiesa è alla ricerca di metodi migliori, Dio di uomini migliori. «Vi fu un uomo mandato
da Dio, il cui nome era Giovanni». L’annuncio della misericordia divina, per preparare la
via a Cristo era tutto racchiuso in quell’uomo, Giovanni Battista.
«Un fanciullo ci è nato, un figlio ci è stato dato». La salvezza del mondo viene dal fanciullo
riposto in quella culla. Nel richiamare il carattere degli uomini che hanno profondamente
radicato l’Evangelo nel mondo, Paolo risolve il mistero del loro successo; la gloria e la
potenza dell’Evangelo riposano su coloro che sono chiamati a proclamarlo. Quando Dio
dichiara che: «l’Eterno scorre collo sguardo tutta la terra per spiegare la sua forza a pro di
quelli che hanno il cuore integro verso di lui» (II Cor. 16:9) non fa che affermare la
necessità ed il bisogno che ha di uomini di cui servirsi per esercitare il suo potere sul
mondo.
Questa verità impellente e vitale è una di quelle che in quest’epoca di macchine si è
facilmente portati a dimenticare. Ma dimenticarsene è dannoso per l’opera di Dio come lo
sarebbe per l’universo se si strappasse il sole dal suo posto. Ne seguirebbero tenebre,
confusione e morte.
Ciò di cui ha bisogno la chiesa oggi non è una macchina migliore o più grande, nuove
organizzazioni né metodi, migliori o in maggior numero, ma uomini potenti nella preghiera
di cui lo Spirito Santo si possa servire. Lo Spirito Santo non utilizza metodi ma uomini. Non
discende sulle organizzazioni né unge progetti, ma uomini e uomini di preghiera.
Un eminente storico disse che le eccentricità degli individui sono causa delle rivoluzioni
delle nazioni più di quanto non vogliano ammettere gli storici influenzati dalle loro filosofie
o gli uomini politici. Questa verità vale pienamente per la diffusione dell’Evangelo e la
cristianizzazione del mondo perché è assolutamente vera per i predicatori dell’Evangelo.
La buona fama e i successi dell’Evangelo sono affidati al predicatore. Egli fa o disfa il
messaggio che Dio indirizza all’uomo. È il condotto d’oro attraverso il quale scorre l’olio
divino; perché possa scorrere appieno, deve essere non solo d’oro ma senza difetti e
otturazioni.
L’uomo fa il predicatore. Dio deve fare l’uomo. Il messaggero è, se così può dirsi, più del
messaggio. Vale a dire che il predicatore è più del sermone. Come il latte che scorre dal
seno di una madre è una parte della vita della madre, così tutto ciò che il predicatore dice,
è impregnato della sua personalità. Il tesoro è riposto in vasi di creta, ed il gusto del vaso
impregna ciò che contiene. Dietro il sermone c’è l’uomo. La predicazione non è l’atto di
un’ora, ma il frutto di una vita. Occorrono venti anni per fare un sermone perché ne
occorrono venti per formare un uomo. Il sermone migliora con l’uomo ed è pieno di vigore
se tale è l’uomo. Il sermone è pieno dei-Funzione dello Spirito Santo se l’uomo ne è
ripieno.
Paolo lo chiamava «il mio Evangelo» non perché lo avesse abbassato alle sue eccentricità
o ne avesse cambiato l’indirizzo facendone egoisticamente qualcosa di personale. Il
Vangelo veniva immesso nel cuore e nel sangue dell’uomo Paolo come incarico da
portare a termine per mezzo delle sue caratteristiche, accese e rese potenti dall’infuocata
energia dell’anima. Che cos’erano i sermoni di Paolo? Navicelle galleggianti ma, l’uomo
Paolo, più grande dei suoi sermoni, continua a vivere, con la sua statura e con la sua
mano che modella ancora la chiesa. La predicazione non è soltanto una voce. La voce nel
silenzio muore, il testo è dimenticato, il sermone scompare dalla memoria ma il
predicatore vive.
Con la sua forza comunicativa il sermone non può elevarsi al di sopra dell’uomo. Uomini
morti danno sermoni morti, ed i sermoni morti uccidono. Tutto dipende dal carattere
spirituale del predicatore. Nell’organizzazione giudaica, il sommo sacerdote recava sulla
fronte una lamina d’oro sulla quale erano scritte le parole: «Santo all’Eterno». Allo stesso
modo ogni predicatore dell’Evangelo di Cristo deve essere modellato e plasmato da
questo stesso motto. È una bruciante vergogna che il ministero della predicazione abbia
un carattere ed uno scopo meno santi di quello del sacerdozio giudaico. Il grande
predicatore Jonathan Edwards diceva: «Proseguii nella mia ardente ricerca di una
maggiore santità e conformità a Cristo. Il cielo che desideravo era la santità».
Il Vangelo di Cristo non si propaga da solo ma si muove insieme agli uomini. Il predicatore
deve impersonare l’Evangelo. In lui devono essere personificate le caratteristiche divine.
La forza dell’amore deve essere nel predicatore un’energia che si proietti al di fuori dell’io,
che tenga sotto di sé ogni cosa e faccia dimenticare sé stessi. L’abnegazione deve
costituire l’essere, il cuore, il sangue e le ossa del predicatore. Egli deve essere un uomo
tra gli altri rivestito d’umiltà e mite, ma astuto come un serpente e innocuo come una
colomba, e deve portare le catene di uno schiavo ma avere lo spirito di un re, un
portamento regale ed indipendente, con la semplicità e la dolcezza di un fanciullo. Deve
gettarsi, con un totale abbandono in una fede altruistica e in uno zelo consumante,
nell’opera di salvezza degli uomini. Sincero, eroico, senza paura, compassionevole, deve
essere l’uomo cui è stato affidato il compito di formare una generazione per il Signore. Se
è timido, opportunista, arrivista, se cerca l’approvazione degli uomini o teme gli uomini,
con una debole fede in Dio e nella sua Parola, e se il suo altruismo può essere scosso da
qualsiasi condizione dell’io o del mondo, non può prendere le redini della chiesa.
La predicazione più tagliente e più forte il predicatore dovrebbe indirizzarla a sé stesso.
L’opera più difficile; delicata, laboriosa e completa deve essere quella che compie verso di
sé. L’opera maggiore e più difficile di Cristo fu quella della preparazione dei dodici. I
predicatori non sono fabbricanti di sermoni, ma costruttori di uomini e di santi, e soltanto
colui che ha fatto di sé stesso un uomo ed un santo è ben preparato per questo lavoro.
Dio non ha bisogno di grandi talenti, di un grande sapere o di grandi predicatori, ma di
uomini grandi nella santità, nella fede, nell’amore, nella fedeltà: grandi per Dio. Uomini che
predichino sempre santi sermoni dal pulpito e che vivano una vita santa.
I primi cristiani erano formati secondo questo modello. Di solido stampo, predicatori di tipo
celeste, soldati eroici, coraggiosi, santi. Predicare per loro significava abnegazione,
crocifissione di sé, serietà, fatica e martirio. Essi vi si consacravano in una maniera tale
che sopravvissero alla loro generazione e formarono una generazione mai nata in seno
alla chiesa. L’uomo che predichi deve essere un uomo che preghi. La preghiera è l’arma
più potente del predicatore. Con l’energia divina che trasmette, la preghiera dà vitalità ad
ogni cosa.
II vero sermone è preparato nel chiuso della propria cameretta. L’uomo di Dio riceve la
preparazione in solitudine. Le convinzioni più profonde nascono dalla sua comunione
segreta con Dio. La grande e dolorosa sofferenza del suo spirito, i suoi messaggi più
profondi e più dolci sono frutto dei momenti trascorsi in solitudine con Dio. La preghiera
forma il servo di Dio come predicatore, e pastore.
La predicazione dei nostri giorni ha la sua debolezza nella mancanza di preghiera.
L’orgoglio del sapere contrasta con l’umiltà che nasce dalla preghiera. Le preghiere fatte in
chiesa sono troppo spesso soltanto un atto ufficiale; non rappresentano la forza potente
che era nella vita e nel ministero di Paolo. Ogni predicatore per il quale la preghiera non
sia una nota fondamentale della sua vita e del suo ministero indebolisce l’opera di Dio e
manca della potenza per farla progredire nel mondo.

E.M. BOUNDS
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