2. Seconda lettera — La Chiesa edificata per mezzo dei doni
Diletti fratelli,
Ritornando al soggetto sul quale vi scrissi ultimamente, vorrei presentarvi l’estratto seguente di un trattato scritto molti anni fa. L’autore è un fratello, che è stato molto onorato da Dio fra noi. Il trattato è sotto forma di dialogo.
E. — Ho saputo che voi affermate che ogni fratello è capace d’insegnare nell’assemblea.
W. — Se dicessi ciò, negherei lo Spirito Santo. Nessuno è capace d’insegnare nell’assemblea, se non ha ricevuto da Dio un dono particolare per questo.
E. — Bene, ma voi credete che ogni fratello abbia il diritto di parlare nell’assemblea, se lo può?
W. — No, certamente. Nego questo diritto a chicchessia, come diritto. Un uomo può essere naturalmente molto capace di parlare e anche di parlar bene, ma se non può «compiacere al prossimo, nel bene, a scopo di edificazione», lo Spirito Santo non l’ha qualificato per parlare; e se lo fa, disonora Dio suo Padre, contrista lo Spirito, e sprezza la Chiesa di Cristo; inoltre non fa che manifestare la sua propria volontà.
E. — Qual’è, dunque, la vostra veduta particolare sopra questo soggetto?
W. — Pensate voi che sia una mia veduta particolare, di credere che, poiché la Chiesa appartiene a Cristo, Egli le abbia accordato dei doni, per cui solo deve essere edificata e governata, affinché non sia distratta e il suo tempo male adoperato, ascoltando ciò che non le sarebbe profittevole, per quanto ben detto possa essere?
E. — No, ammetto questo, e desidererei soltanto che si ambissero di più quei doni di Dio, e si combattesse con più zelo l’uso di tutti gli altri mezzi, per quanto credito possano dar loro l’eloquenza o il patrocinio umano.
W. — Sostengo ancora che lo Spirito Santo dà dei doni a chi gli piace, e i doni che vuole; e che i santi dovrebbero essere tanto uniti assieme, di modo che i doni d’un fratello, non dovrebbero mai rendere irregolare l’esercizio dei doni d’un altro, e che la porta debba essere aperta ai piccoli doni quanto ai grandi.
E. — Senza dubbio.
W. — Però, né nelle chiese nazionali, né fra i dissidenti, si trova messo in pratica 1 Corinzi 14. Inoltre affermo che nessun dono di Dio deve aspettare la sanzione della Chiesa per essere esercitato. Se è da Dio, Dio l’accrediterà e i santi ne riconosceranno il valore.
E. — Ammettete voi un ministerio regolare?
W. — L’ammetto se per ministerio regolare, intendete un ministerio constatato (vale a dire che, in ogni assemblea, quelli che hanno ricevuto dei doni da Dio per l’edificazione, siano in numero limitato e conosciuti dagli altri); ma se, per ministerio regolare, intendete un ministerio esclusivo, non l’ammetto. Per ministerio esclusivo, voglio intendere il riconoscimento di certe persone come occupanti esclusivamente il posto di dottori, talché l’esercizio di doni reali per mezzo d’altri diverrebbe irregolare, come, per esempio, nella chiesa nazionale e nella maggior parte delle cappelle dissidenti, ove si considererebbe come irregolare, un servizio compiuto da due o tre persone, realmente dotate dallo Spirito Santo.
E. — Su che cosa fondate questa distinzione?
W. — Sopra Atti 13:1. Vedo che vi erano in Antiochia sopratutto cinque persone, riconosciute dallo Spirito Santo come atte ad insegnare: Barnaba, Simeone, Lucio, Manaem e Saulo. Senza dubbio, in tutte le riunioni, erano quei cinque che i santi s’aspettavano di udir parlare. Era quello un ministerio constatato; ma non un ministerio esclusivo; poiché quando Giuda e Sila vennero (15:32), poterono senza difficoltà prendere posto fra gli altri, e allora i dottori riconosciuti furono più numerosi.
E. — Ma che rapporto avrebbe ciò con l’indicazione d’un cantico, o con una preghiera, o con la lettura d’una parte della Scrittura?
W. — Tutto ciò, come il resto, cadrebbe sotto la direzione dello Spirito Santo. Guai all’uomo che, unicamente per volontà propria, indicasse un inno, o facesse una preghiera, o leggesse la Scrittura in un’assemblea, senza essere condotto dallo Spirito Santo! Agendo così nell’assemblea dei santi, egli fa professione di essere diretto dallo Spirito, ma questa professione non è vera, ed è qualcosa di molto presuntuoso. Se i credenti sanno che cos’è la comunione, sapranno anche quanto sia difficile condurre la congregazione nella preghiera e nel canto. Rivolgersi a Dio, nel nome dell’assemblea, o proporre a questa un cantico, come mezzo d’esprimere a Dio il suo stato reale, richiede molto discernimento o almeno la direzione più immediata da parte di Dio.
Ecco sotto quale luce questi soggetti erano considerati da un fratello, ben conosciuto come uno dei primi operai fra quelli che han cercato di radunarsi nel nome di Gesù.
Per appoggiare l’idea principale dell’estratto menzionato — cioè che Dio non designa mai tutti i santi a prender parte al ministerio pubblico della Parola, o per condurre il culto d’un’assemblea, vorrei rimandarvi primieramente a 1 Corinzi 12:29-30: «Sono forse tutti apostoli? Sono forse tutti profeti? Sono forse tutti dottori? Fanno tutti dei miracoli? Tutti hanno forse i doni di guarigioni? Parlano tutti in altre lingue? Interpretano tutti?». Queste domande non avrebbero senso, se non fosse stato evidente che tali posti nel corpo non erano occupati che da alcuni. L’apostolo aveva detto poco prima: «E Dio ha posto nella chiesa in primo luogo degli apostoli, in secondo luogo dei profeti, in terzo luogo dei dottori, poi miracoli», ecc. Dopo di che egli dice: «Sono forse tutti apostoli?» ecc.
Così, nella parte stessa della Scrittura che tratta con più particolari della sovranità dello Spirito Santo, nella distribuzione e nell’esercizio dei doni nel corpo, cioè la Chiesa; nella parte stessa, a cui si fa appello sempre, e con ragione, per provare che la libertà del ministerio è ciò che Dio ha stabilito nella sua Chiesa; in questa parte stessa, ci è detto che non tutti erano fratelli dotati da Dio, ma che Dio ne aveva stabiliti nel Corpo; in seguito vengono enumerati i diversi ordini e specie di doni che li distinguevano.
Volete leggere ora Efesini 4? Sono sorti dei dubbi a riguardo della possibilità d’agire secondo i principi contenuti in 1 Corinzi 12 e 14, data l’assenza presente d’una così gran parte dei doni enumerati in questi capitoli. Io non ho simili dubbi, e mi limiterò a chiedere a quelli che li hanno, dove si trovano nella Scrittura altri principi, secondo i quali possiamo agire; e se non ve n’è, quale autorità possediamo per agire secondo dei principi che non sono in alcuna parte della Scrittura? Però nessun dubbio di tal genere può esistere riguardo ad Efesini 4:8-13: « Per questo è detto: Salito in alto, egli ha portato con sé dei prigionieri e ha fatto dei doni agli uomini... È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori; per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del corpo di Cristo». E notate ch’essi sono dati finché la Chiesa sia completa. Per tutto il tempo che Cristo ha sulla terra un Corpo, al quale è necessario il servizio di tali uomini, egli conferisce loro i doni del suo amore, per il nutrimento e il mantenimento di questo Corpo: «fino a che tutti giungiamo» ecc.
È dunque per il ministerio d’uomini viventi, dati e chiamati per questo ministerio o questo servizio, che Cristo prende cura del suo gregge e lo nutre, e che lo Spirito Santo opera nel Corpo. Può darsi che questi uomini abbiano un mestiere: Paolo faceva delle tende; forse sono ben lungi da ogni sorta di pretesa ad una dignità clericale, ad una posizione ufficiale; ma costituiscono nondimeno la provvista di Cristo per l’edificazione dei suoi santi e per l’appello delle anime; e la vera sapienza dei santi è di discernere questi doni, dove Cristo li ha messi, e di riconoscerli al posto ch’Egli ha loro assegnato nel suo Corpo. Riconoscerli in questo modo, è riconoscere Cristo; rifiutarsi di farlo, è far torto a noi stessi e nello stesso tempo disonorare il Signore.
Ricordiamoci anche che Dio ha messo questi doni nel Corpo, in tutto il Corpo; che Cristo li ha dati all’insieme del Corpo, e che noi non siamo tutto il Corpo. Supponete che la Chiesa fosse rimasta in modo manifesto unita, come lo era al tempo degli apostoli: anche allora, avrebbe potuto accadere che, in un certo luogo, non vi fosse stato nessun evangelista, e in tal altro luogo, nessun pastore o dottore; mentre altrove al contrario, vi fossero stati più di un evangelista, più d’un pastore e dottore. Ma ora che la Chiesa è talmente dispersa e divisa, quanto più quello che abbiamo detto può essere vero, delle piccole assemblee che si riuniscono qua e là nel nome di Gesù! Il Signore Gesù non si cura forse più della sua Chiesa, perché è divisa, lacerata?
No, certamente! Ha forse cessata di manifestare le sue cure per lei, non accordandole i doni necessari e convenienti? Niente affatto. Ma i doni si trovano nell’unità di tutta il Corpo: abbiamo bisogno di ricordarci questo. Tutti i santi di X... formano la Chiesa di Dio di quel luogo; e vi possono essere degli evangelisti, dei pastori e dei dottori fra quei membri del Corpo che sono ancora nella Chiesa stabilita, a in mezza ai metodisti e ai dissidenti. Qual profitto ricaviamo noi dal loro ministerio? E i santi che son con loro come possono approfittare dei doni che Cristo ha messo in mezzo a noi?
Esponendo questi pensieri, diletti fratelli, il mio scopo è quello di farvi ben comprendere che se fra i settanta ad ottanta che si radunano ad X... nel nome del Signore, non si trovi alcuno che abbia i suoi doni, secondo ciò che è detto in Efesini 4; ovvero che ve ne siano soltanto due o tre, il fatto che noi ci raduniamo in questa modo, non aumenterà, per se stessa, il numero di questi doni. Un fratello che Cristo non ha fatto né pastore, né evangelista, non lo diverrà quando comincerà a radunarsi là dove sono riconosciute la presenza della Spirito Santo e la libertà del ministerio. E se, per il fatto che vi è affrancamento dalle restrizioni umane, quelli che non sono stati dati da Cristo alla sua Chiesa, come pastori, dottori a evangelisti, se ne attribuiscono la posizione o agiscono come tali, ne risulterà forse dell’edificazione? No, anzi della confusione; e «Dio non è un Dio di confusione, ma di pace [come in tutte le assemblee dei santi]».
Se tali doni mancano fra di noi, confessiamo la nostra povertà; se ne possediamo due a tre, siamone ben grati, riconosciamoli al posto che Dio ha loro assegnato, e preghiamo per ottenere dei doni e dei ministeri più numerosi e migliori. Ma guardiamoci bene dal supporre che l’azione d’un qualsiasi fratello, che il Signore stesso non ha stabilito in questa posizione, possa sostituire un dono. L’unico effetto d’una tale azione è d’attristare lo Spirito, e d’impedirlo d’agire per mezzo di quelli ch’Egli, altrimenti, adoprerebbe al servizio dei santi.
Se la posizione in cui siamo non rispondesse affatto a ciò che si trova nella Scrittura, tali questioni difficilmente sorgerebbero in mezzo a noi. Quando tutto è disposta, regolato da un sistema umano, e gli uomini, stabiliti da un vescovo, da una conferenza, o da una congregazione, non hanno che da conformarsi, nelle loro cariche, ad un andazzo prescritto dalle regole a cui essi sono sottomessi, tali questioni non hanno ragione d’essere.
Le difficoltà stesse della nostra posizione provano col loro carattere, che questa posizione è, da Dio. E Dio, che ci ha condotti lì per il sua Spirito, per mezzo della Parola, è pienamente sufficiente, e non ci verrà meno il suo aiuto nelle difficoltà; ma ce le farà attraversare in modo profittevole a noi e alla sua propria gloria.
Soltanto, siamo semplici, umili e modesti. Non pretendiamo qualcosa di più di quel che possediamo, o di dover fare ciò per cui Dio non ci ha qualificati.
Vostro affezionato in Cristo.
William Trotter (1818-1865)