Giosue Capitolo 9
Henri Rossier
Capitolo 9: L’inganno di Gabaon
Man mano che avanziamo nello studio di questi capitoli, impariamo a conoscere il nemico sotto vari aspetti. Satana sa fare la guerra; sa disporre le batterie, attaccare di fronte, schiacciare; ma sa anche servirsi di espedienti, ingannare con raggiri e attirare nel laccio. Gerico, quell’ostacolo formidabile, è caduto davanti alla fede; ma Satana non si scoraggia: egli si rivolge alla concupiscenza, e l’interdetto entra così nel campo d’Israele; occupa le anime della loro vittoria, e la fiducia in se stessi s’impossessa del loro cuore. Israele dimentica l’armatura completa di Dio, e va a gettarsi da sé nel laccio del nemico. Ma quella vittoria di Satana diviene la scuola divina per i giusti. Essi mettono da parte la fiducia in loro stessi, comprendono ciò che esige la santità di Dio, cercano la loro salvaguardia nella Parola, e arrivano infine al sentimento della loro responsabilità che, a quanto pare, avevano poco conosciuta prima.
Al cap. 9 troviamo «le insidie del diavolo», ed è contro queste che la Parola ci premunisce espressamente. Per poter rimanere fermi bisogna vestire «tutta l’armatura di Dio» e fortificarsi «nel Signore e nella forza della sua potenza». L’epistola agli Efesini, come i primi capitoli di Giosuè, ci presentano la potenza di Dio sotto diversi aspetti.
Al cap. 1:19, la sua potenza verso noi corrisponde a ciò che troviamo, in tipo, nel passaggio del Giordano. Al cap. 3:16-20, la sua potenza con noi corrisponde alla tavola divina di Giosuè 5. Infine, al cap. 6:10, troviamo la sua potenza in noi in tutte le parti dell’armatura, corrispondenti al conflitto colla potenza del male, quale ci è presentata nei capitoli seguenti di Giosuè. Abbiamo già veduto di chi Dio si serve per glorificarsi in tale combattimento: sono degli esseri così deboli che non possono fare a meno che dipendere da Lui. Ho detto sovente che Dio prende due sorta di strumenti per compiere l’opera sua: prima di tutto degli strumenti senza valore proprio; Dio ha scelto le cose pazze, deboli e vili di questo mondo, e quelle che sono sprezzate e quelle che non sono (1 Corinzi 1:27-28). Ma prende anche degli strumenti di gran valore agli occhi degli uomini e ai loro propri occhi. Saulo da Tarso era un uomo considerato, istruito, religioso, energico, coscienzioso; in apparenza, non gli mancava nulla, perché Dio potesse utilizzarlo. Ebbene! Egli lo prende e lo getta sulla strada di Damasco, spezza quel vaso e, quando è così rotto, Dio dice: Ora è un vaso adatto per l’opera mia.
La coscienza della nostra nullità come strumenti ci tiene in una dipendenza continua dalla mano che ci adopera; ed è questo il cammino della potenza. Fu così davanti a Gerico; ma il popolo aveva ancora da imparare che senza la dipendenza si diviene preda di Satana. Nel terminare la descrizione delle varie parti dell’armatura, l’apostolo aggiunge (Efesini 6:18): «Orando in ogni tempo, per lo Spirito, con ogni sorta di preghiere e di supplicazioni, ed a questo vegliando con ogni perseveranza». La preghiera è l’espressione della dipendenza; la preghiera continua e perseverante esprime una dipendenza abituale. Ora, lo sbaglio capitale degli Israeliti, al cap. 9, è che non consultarono l’Eterno. Abbiamo veduto alla fine del capitolo precedente, quale importanza la Parola avesse presa ai loro occhi; ma ecco che essi dimenticano di parlare a Dio per entrare in comunione con Lui riguardo ai suoi pensieri. Notate come Satana riesce a far loro perdere il sentimento della loro dipendenza. Li intimidisce con uno spettacolo spaventevole: l’inimicizia del mondo, tutta una confederazione di re radunati per la guerra (v. 1-2). Comincia a dirigere il loro sguardo su quella potenza formidabile, pronta a schiacciarli; poi, senza transizione, per così dire, offre loro la sua risorsa; gli abitanti di Gabaon vengono al campo di Ghilgal. Israele non era preparato, non aveva l’armatura di Dio. Coloro che conducevano il popolo non si resero conto di ciò che i più semplici intravvidero per un momento (v. 6 e 7) (*). Sovente così accade; l’umiltà, accoppiata all’occhio semplice, possiede la vera intelligenza delle cose di Dio. «Fate patto con noi», dissero i Gabaoniti. Che buona occasione per Israele! Avete il nemico dinanzi a voi, suggerisce Satana; ecco qui un mezzo eccellente per disfarvene. Quella gente veniva colle migliori intenzioni; cercava l’alleanza col popolo di Dio, riconoscendone la superiorità morale e spirituale. «Noi siamo tuoi servi», dicono a Giosuè (v.
, e agendo così con senno, lo disposero favorevolmente. Quindi essi proclamano la potenza del Dio di Israele, e ciò che aveva fatto in Egitto e nel deserto. Non una parola, però, di ciò che aveva fatto in Canaan; Satana si tradirebbe se venisse a parlarci dei luoghi celesti e dei loro combattimenti.
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(*) Confrontare v. 7 («la gente d’Israele») e v. 15 («i capi d’Israele»).
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Come vedete, i Gabaoniti hanno un carattere fermo e delle convinzioni religiose. Sì, ma sono dei Cananei mascherati, è il mondo sotto il manto della religione e della pietà. Israele era stato guardato fino allora dal cercare l’aiuto umano; ma come resistere a coloro che professano di avere gli stessi scopi e le stesse aspirazioni? Non è l’alleanza una cosa legittima? Noi riconosciamo il Signore come voi; noi, vostri servitori, potremo darvi, al bisogno, il nostro concorso. Ah! Come si immaginavano poco, in quel momento, i figli d’Israele, che quei Gabaoniti erano quegli stessi Cananei che avevano l’ordine di sterminare dal paese della promessa! Essi cadono nel laccio del nemico; avevano trascurato di consultare il Signore; prendono, in segno di comunione, delle loro provvigioni (v. 14). L’alleanza è conclusa; il mondo è introdotto in mezzo ai figli d’Israele. Che diabolico artificio! Satana finge di offrire al popolo di Dio un mezzo per vincere il nemico, cioè il mondo, e quel mezzo è d’introdurre il mondo nel campo! Egli sapeva bene che una volta aperta la porta a quell’elemento, ogni altra impresa gli diveniva facile.
Queste cose non ci ricordano forse la storia della Chiesa? Le anime dei cristiani erano già, al tempo degli apostoli, sedotte dal bel sembiante di una religione terrena e mondana, che cercava di penetrare e far perdere di vista la posizione, gli interessi e lo scopo celeste del cristianesimo; e induceva i cuori a fare alleanza con un mondo che aveva crocifisso Cristo. Satana ha guadagnato la partita; ha eretto il suo trono in mezzo alla Chiesa, talché l’apostolo è costretto a riconoscere alla fine: «... dove tu abiti, cioè là dove abita Satana» (Apocalisse 2:13). Da quel momento, ahimè! il combattimento non è più solamente coi nemici di fuori; si tratta di resistere alla potenza del male dentro alla Chiesa stessa.
Ma la grazia di Dio è con Israele; e se questo capitolo ci mostra l’entrata del male nell’assemblea, non se ne vede lo sviluppo. Il popolo di Dio ha dovuto fare la triste esperienza che i Gabaoniti dovevano rimanere in mezzo a loro come una testimonianza perpetua del loro fallo. Dopo aver mormorato contro ai capi, i figli d’Israele sono condotti ad un apprezzamento più giusto del loro dovere. Non restava loro che una cosa da fare: sopportare i Gabaoniti, ma mantenendoli nella posizione di maledizione. «Siete maledetti», disse loro Giosuè (v. 23). Israele non poteva considerali che come una razza maledetta. Il giudizio del re di Ai era pronunziato su loro, ma non eseguito, ed essi ne erano preservati a causa del nome del Signore. Israele non poteva toccarli; doveva portare la sua umiliazione, ma evitando ogni comunione con quelli su cui pesava la maledizione divina.
Lo stesso è per noi nella Chiesa; dobbiamo subire le conseguenze della nostra infedeltà, l’umiliazione per il male che è entrato nella casa di Dio; ma se siamo fedeli, anche portando quelle conseguenze sapremo distinguere ciò che è di Dio da ciò che porta solamente il suo nome. È la Parola che ci dà di distinguere la mescolanza, e la fede lascia il mondo religioso sotto la maledizione, sebbene chiamata a usare grazia verso lui.
In 2 Samuele 21 troviamo la fine della storia dei Gabaoniti. Vediamo chiaramente che non era lo scopo di Dio di toglierli dalla posizione che avevano usurpata nell’assemblea d’Israele. Più tardi, Saul animato d’uno zelo carnale ma estraneo ai pensieri di Dio, li sterminerà. Passano gli anni, ed ecco che una piaga cade su Israele. Davide cerca la faccia del Signore e s’informa della causa di quella calamità. «Questo», gli fu risposto, «avviene a motivo di Saul, e della sua casa sanguinaria; poiché egli fece perire i Gabaoniti». La carne che ha introdotto il male, è anche pronta a sbarazzarsene. Ma la via di Dio è diversa; bisogna che i suoi figli sentano il male; ed è così che si manifesta la loro comunione con Lui nel giorno malvagio. In Ezechiele 9:4, il Signore ordina all’angelo di segnare in fronte gli uomini che gemono e sospirano a causa di tutte le abominazioni che si commettono dentro Gerusalemme. Coloro che sentivano il male furono espressamente messi al riparo dal distruttore.
Cari lettori, è lo stesso per noi in questi giorni della fine. Non si tratta di prendere la spada e sterminare il male, ma di gemere, sospirare e confessare. «Il male è mio». Noi non possiamo purificare il campo, ma dobbiamo, umiliandoci, purificare noi stessi dai vasi a disonore. Questo è ciò che un cristiano mondano non comprende mai; la presenza del mondo nel mezzo della Chiesa professante non l’umilia, anzi egli la difende; pensa che sia impossibile distinguere i Gabaoniti dai figli d’Israele; è ben lontano dal pronunciarli maledetti, e dal non riconoscere in loro alcuna parte alla gloriosa libertà dei figli di Dio e dichiararli estranei al suo popolo (Deuteronomio 29:11)! Sarebbe piuttosto tentato di farsi loro servo e tagliar la legna per la casa del loro Dio!
I sette figli di Saul furono appiccati e divennero, essi stessi, maledizione per causa dell’atto sanguiuario con cui il loro padre pretendeva di purificare l’assemblea d’Israele, sterminando i Gabaoniti. Quanti casi simili offre la Chiesa! Lo sterminio degli eretici, veri o supposti, non era altro che il crimine di Saul. Esso sarà giudicato su coloro che l’hanno commesso.
Che Dio ci dia di dipendere continuamente da Lui, per poter resistere alle insidie del diavolo. Questo capitolo non ci presenta che alcune delle sue malizie; ma se abbiamo l’occhio aperto ci accorgeremo che tutti i suoi artifizi sono diretti a farci perdere di vista le cose celesti e ad abbassare il nostro cristianesimo fino al livello del cristianesimo professato dal mondo