Giosue Capitolo 12
Henri Rossier
Capitolo 12: Enumerazione dei re vinti
Con questo capitolo entriamo nella seconda parte del libro. La prima, cap. 1 a 11, ci ha intrattenuti sulle vittorie di Giosuè (tipo di Cristo nella potenza dello Spirito in mezzo ai suoi), che hanno procurato a Israele il possesso delle cose promesse. Nel corso delle sue vittorie, l’esercito del Signore (e Giosuè stesso, considerato non più come tipo ma come uomo, soggetto all’infermità) ha fatto molte esperienze della sua debolezza, e quelle esperienze non possono mancare neanche a noi da quando entriamo in scena come strumenti della potenza divina.
Ma il punto capitale del libro di Giosuè è la grazia che ha dato la vittoria a Israele per stabilirlo in Canaan, non la responsabilità del popolo. Quest’ultima parte della storia di Israele incomincia col libro dei Giudici; difatti, quale contrasto fra quei due libri! Quale freschezza e forza in quello di Giosuè, ove la potenza dello Spirito di Cristo agisce liberamente in esseri deboli, ma ripieni di quella potenza, e quale decadenza repentina e completa nei Giudici, ove sorge una generazione che non aveva conosciuto Giosuè, e che era sotto la responsabilità di conservare ciò che Dio le aveva affidato! La storia della Chiesa ci offre gli stessi fenomeni. Leggete la prima epistola ai Tessalonicesi, poi passate alle lettere alle sette chiese dell’Apocalisse, e avete la differenza fra l’opera perfetta stabilita da Dio al principio, opera di potenza che spande dappertutto il profumo della sua origine, e l’opera affidata all’uomo e divenuta, come tale, l’oggetto del giudizio di Dio.
Il cap. 11 finisce con queste parole: «E il paese ebbe requie dalla guerra». Dopo la vittoria, la pace; è sempre così. Dio non ci dà solo la vittoria, ma ci fa godere dei suoi frutti. Se abbiamo camminato fedelmente, sotto la condotta dello Spirito, nel cammino del combattimento, troviamo alla fine il pacifico godimento dei nostri beni celesti, ricompensa spirituale alla fedeltà, che ci presentano, in tipo, i capitoli di cui stiamo per occuparci. Ciò che si realizzava per l’intiero popolo (vedete pure cap. 21:44), si realizza pure per il credente individualmente. Dopo la vittoria di Caleb (cap. 14:15) è detto: «Ed il paese ebbe requie dalla guerra».
E voi, diletti, siete scoraggiati nella lotta che dovote sostenere? Sareste tentati di deporre le armi? Direste voi: È troppo per me? Non avete compreso che la lotta ha lo scopo di condurvi a quel giorno benedetto quando Dio dirà: «Ed il paese ebbe requie dalla guerra»?
La seconda parte del libro (capitoli 12-24) tratta della spartizione del paese. Dopo la vittoria, il possesso. Ma in qual modo entrerà il popolo nel godimento della sua eredità? Là ancora, noi lo vedremo a distanza dalla grazia che dà il godimento di quei doni; vedremo apparire la debolezza del popolo, quella stessa che aveva mostrata nel combattimento.
Il cap. 12 è il riepilogo delle vittorie d’Israele. Trentatré re, di cui due al di là del Giordano, sono caduti davanti al capo dell’esercito del Signore. Dio tiene conto delle vittorie che il suo popolo ha riportate. Tutto ciò che la grazia ha prodotto in noi, tutto ciò che si è conquistato, Dio l’attribuisce alla fede.
Altra verità: Egli enumera le nostre vittorie solo quando il combattimento è finito. Finché non sia ottenuto il fine che si è proposto, il credente non deve occuparsi del suo progresso. L’apostolo dice: «Dimenticando le cose che stanno dietro». In corsa non c’è il tempo di fermarsi. Ogni sguardo indietro, mentre aveva da compiere uno sforzo in avanti, era per l’apostolo non solo un tempo perduto ma una cosa positivamente cattiva, in quanto inquina i pensieri, le affezioni e i moventi del cuore e impedisce al credente di protendersi verso le cose «che stanno dinanzi» (Filippesi 3:13-14).
Quando il traguardo sarà raggiunto, allora potremo enumerare le nostre vittorie, e Dio non ce ne lascerà il compito; Egli stesso le conterà. Ora corriamo per raggiungere Cristo e combattiamo per riportare il premio. La fine del combattimento è vicina; altri già ci hanno preceduto. Possiamo noi dire come Paolo: «Io ho combattuto il buon combattimento, ho finita la corsa, ho serbata la fede»!